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La comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune, far partecipe) nella sua prima definizione è l’insieme dei fenomeni che comportano la distribuzione di informazioni.
(Wikipedia)
Social, Rete, Media …
la comunicazione passa da loro ma quanto “pulito” fanno arrivare il segnale ???
Quanto invece arriva “disturbato”, “corrotto”, “artefatto” ???
Il segnale che arriva al nostro cervello deve essere poi elaborato e qui si verifica una altra metamorfosi, una ulteriore “mutazione” derivante dalla capacità di analisi che può variare dal massimo al minimo ed in alcuni al nulla assoluto : la cultura e l’onestà intellettuale non sono l’unica variante, subentrano tante altre concause, altri condizionamenti.
Di tutto ciò ne abbiamo la riprova quotidianamente.
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“The mind is its own place, and in itself
Can make a Heav’n of Hell,
a Hell of Heaven”
(La mente è luogo a se stessa, e in se stessa
può dell’Inferno fare un Paradiso,
del Paradiso un Inferno)
da: PARADISE LOST (Il Paradiso perduto) – John Milton –
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“In una società omologata come la nostra, ‘parlare’ non significa, come ha sempre significato, ‘comunicare’, ma eliminare le differenze che ancora potrebbero sussistere con i nostri simili, in modo che l’anima di ciascuno, già coestensiva al mondo di tutti, diventi coestensiva e al limite sovrapponibile all’anima di chiunque.
A questo punto il parlarci l’un l’altro, quando non è puro ‘linguaggio funzionale’, l’unico a cui è interessato il mondo della tecnica, è puro rumore, che svolge a sua volta la funzione di mascherare l’afasia dell’anima.
Un’afasia determinata non dall’incapacità di esprimersi, ma dal fatto che quando l’anima di ciascuno di noi non dispone di altri contenuti che non siano quelli a tutti forniti, quando più non dispone di un nucleo di individualità né di un residuo di specificità, parlare in prima persona diventa superfluo, se non addirittura un fattore di disturbo nel regima della funzionalità.
Si è venuta a creare quella situazione paradossale in cui ‘l’autenticità’, ‘l’essere se stesso’, il ‘conoscere se stesso’ che l’antico oracolo di Delfi indicava come la via della salute dell’anima, diventa nelle società conformiste e omologate qualcosa di patologico.
Il cognitivismo e io comportamentalismo (behaviour ndr), in quanto psicologie del conformismo, assumono come ideale di salute proprio quell’essere conformi che, da un punto di vista esistenziale, è invece il tratto tipico della malattia.
Il ‘sano realismo’ dovrebbe far sorgere il sospetto che con questa espressione non ci si riferisce tanto una rappresentazione fedele del reale, ma a quella determinata presa di posizione sul reale che è l’accettazione indiscussa dell’esistente, il cui valore consiste semplicemente nell’essere così come esso è, senza la minima cura della sua qualità morale”.
da: I VIZI CAPITALI E I NUOVI VIZI – Umberto Galimberti –
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“Dubitare di tutto o credere a tutto sono due soluzioni ugualmente comode che ci dispensano entrambe dal riflettere”.
– Henri Poincaré –
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