Capitalismo


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1268

Il “capitalismo” è una dei “demoni” odierni (almeno a mio parere), se fosse un uomo potremmo immaginarlo come Bruce Banner (un fisico nucleare che lavorava ad un progetto ultra segreto dell’esercito statunitense in un famoso film del 2008) con la sola “enorme” differenza che “l’incredibile Hulk” è infinitamente meno “crudele” : qualcosa quindi di innocuo (anzi tendenzialmente positivo) che con il tempo o l’opera umana (sia ben chiaro !) diventa qualcosa di distruttivo e malvagio … ed imbattibile !!!

1262-bis

Adam Smith (1723-1790), filosofo morale, è riconosciuto come il teorizzatore del ‘Capitalismo’, contestualizzato all’epoca preindustriale del Regno Unito, molto, ma proprio molto diverso da quello che è poi stato il suo sviluppo storico.
Nel suo testo più importante LA RICCHEZZA DELLE NAZIONI, ed in particolare, nel libro I, Cap. IV (Dell’origine e dell’uso della moneta), cerca di spiegare i perché dell’uso e dell’utilità del denaro, che, ricordo, all’epoca era ancora coniato e non stampato.

In stralcio, vi trascrivo alcuni passaggi.

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“Una volta introdotta su larga scala la divisione del lavoro, un uomo non potrà provvedere con prodotto del proprio lavoro se non a una piccolissima parte dei propri bisogni.
Egli provvederà alla massima parte dei suoi bisogni scambiando l’eccedenza del prodotto del proprio lavoro rispetto al suo consumo con quelle parti del prodotto del lavoro degli altri uomini, delle quali egli abbia bisogno.

1262

Ogni uomo vive così con lo scambio, ossia diventa in una certa misura commerciante, e la società diventa una vera e propria società commerciale.
Ma quando la divisione del lavoro cominciò a svilupparsi… (passando da agricola a industriale ndr)
[…]
Supporremo che un uomo possegga di una certa merce, di più di quanto gliene occorra, mentre un altro ne possegga di meno.
Di conseguenza il primo sarebbe lieto di vendere, e il secondo di comperare una parte di tale eccedenza.
Ma se per combinazione quest’ultimo non avesse da dare nulla di cui il primo avesse bisogno, nessuno scambio potrebbe aver luogo fra loro due.
[…]
Ad ovviare l’inconveniente di tali situazioni, ogni uomo prudente in ogni periodo della società, una volta stabilita pr la prima volta la divisione del lavoro, deve aver cercato naturalmente di disporre oltre al prodotto specifico dell’industria propria, una certa quantità di qualche merce o altro, tali che, secondo il suo giudizio, pochi le rifiuterebbero in cambio dei prodotti della loro industria.
[…]

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E’ in questa maniera che la moneta è diventata in tutte le nazioni incivilite lo strumento universale del commercio, con l’intervento del quale si comprano e si vendono merci d’ogni genere, o si scambiano le une con le altre.
[…]
Queste regole determinano ciò che può chiamarsi il valore relativo o di scambio dei beni.
E’ da osservare che la parola ‘valore’ ha due diversi significati: talvolta esprime l’utilità di un oggetto particolare, talaltra il potere, che il possesso di quell’oggetto porta seco, di acquistare altri beni; la prima si può chiamare ‘valore d’uso’, il secondo ‘valore di scambio’.
Le cose che hanno il massimo valore d’uso hanno spesso poco o nessun valore di scambio, e al contrario quelle che hanno il massimo valore di scambio, hanno spesso poco o nessun valore d’uso.
Nulla è più utile dell’acqua, ma difficilmente essa serve ad acquistare qualche cosa, poiché nulla o quasi si può ottenere in cambio dell’acqua (anche se, a dire il vero, stanno ‘lavorando’ anche su questo ndr).

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Un diamante, al contrario, non ha quasi nessun valore d’uso, ma spesso si potrà ottenere in cambio di esso una grandissima quantità di altri beni”.
Queste le premesse per la centralità della moneta nella vita sociale e di relazione. Siamo nel periodo storico in cui la società agricola si sta trasformando in società industriale, che via via andrà a dividere sempre più i lavori, parzializzando, di conseguenza, il ‘potere’ del lavoratore.
Tanta acqua è passata sotto i ponti…
Gli stessi moderni agricoltori, quelli sprovveduti, sono stati ‘infinocchiati’ dai ‘soliti noti’ convinti cioè a coltivare o allevare quello che gli veniva indicato, anziché provvedere a coltivare e/o allevare quello che poi avrebbero potuto vendere, e a buon prezzo, direttamente sui mercati di prossimità…

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John Armstrong, filosofo, anche lui scozzese, come Smith, pur vivendo e insegnando in Australia, nel libro I SOLDI NON SONO IL PROBLEMA, riprende, da un altro punto di vista, e ri-attualizza il concetto espresso, alla sua nascita, da Smith.

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1263

Nel capitolo: COME DISTINGUERE IL BISOGNO DAL DESIDERIO, analizza la ‘degenerazione’ che, nelle società moderne, ha assunto il denaro, che nel frattempo si è trasformato in carta moneta, stampabile all’infinito, solo da chi può farlo, cioè le BANCHE che, e lo sapete, non sono più ‘pubbliche’, quindi dello Stato, ma tutte rigorosamente private.

“Innanzitutto bisogna chiedersi se e in quale progetto più ampio rientrano rispettivamente il bisogno e il desiderio.
Il punto cruciale, in sostanza, è: quanto sensato / intelligente o, in parole povere, importante, è che io aspiri a una certa cosa?
La forza con cui si ambisce a qualcosa è solo un indizio superficiale, a volte perfino fuorviante.
Quando e in che contesto un determinato oggetto ha fatto la sua comparsa nella mia vita?
Che ruolo dovrebbe svolgere nel mio futuro?
Quanto essenziale è per il mio progetto di una buona vita e di essere una brava persona?

1267

La distinzione bisogno-desiderio, quindi è strettamente legata a grandi temi come la ricerca di un’identità, l’etica e il senso della vita.
Non potremmo mai gestire i soldi in maniera corretta senza prima aver riflettuto a fondo su queste cose.
Io, ad esempio, una volta mi sono fermato a guardare un tavolino del Settecento nella vetrina di un antiquario vicino a casa mia. Lo avevo pensato nel nostro salotto dove abbiamo un camino, con un divano di fronte. […]
Ad ogni modo, ho deciso che non potevo permettermelo. Ma questo non vuol dire che smetterò di desiderarlo.
Non voglio abituare me stesso all’idea che, visto che non posso permettermelo, non fa alcuna differenza averlo o meno.
Insomma, il succo del discorso è che la distinzione bisogno-desiderio non corrisponde affatto al binomio semplice-sofisticato o economico-costoso.
E le ragioni sono più che evidenti.
La distinzione bisogno-desiderio è di carattere psicologico e riguarda l’arricchimento dell’individui e la ricerca di un Sé migliore.
Semplice-sofisticato, invece, si riferisce alla complessità di un oggetto, mentre economico-costoso ha a che fare con il prezzo.
Vi consiglio, quindi, una strategia ‘contro intuitiva’; prima sviscerate i bisogni, senza pensare al prezzo. Ancora una volta, è possibile che non ci si possa permettere qualcosa di cui si ha realmente bisogno, come è possibile che sia meglio non comprare altre cose, accessibili e desiderate.
Sono queste rinunce, infatti, ad aprirci verso progetti più importanti.
Ognuno dovrebbe stilare una specie di organigramma, una sorta di reportage o verbale del percorso di prosperità e maturazione che immagina per la sua vita.
Uno dei fraintendimenti più disastrosi della cultura moderna è la tendenza ad associare i bisogni alla sopravvivenza fisica.

1266

Fondamentalmente, abbiamo il diritto di provare dei bisogni, ma soddisfarli è tutto un altro paio di maniche.
I bisogni possono essere suddivisi in tre categorie:

BISOGNI ALTI – nobili/intrinseci – cose di cui si ha bisogno per prosperare e diventare una versione più autentica di se stessi.
BISOGNI MEDI – sociali/relazionali – cose necessarie per ottenere il rispetto della società in cui si vive (relative a un contesto specifico).
BISOGNI BASSI – fondamentali – cose necessarie per sopravvivere come cittadino: cibo sano, una casa sicura, impiego.

I bisogni alti includono: amicizie intime, una missione nella vita, uno stile personale, maturità emotiva.
Nei bisogni medi, invece, rientrano: un lavoro ben pagato, vestiti alla moda, viaggi costosi, rapporti con persone che godono di uno status sociale elevato.
Individuare e descrivere un bisogno alto può essere più difficile, perché di solito è più complesso e vago, ma è comunque un bisogno, anzi un bisogno fondamentale.
Eppure, spesso viene subordinato a esigenze più esplicite”.

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Comprenderete, suppongo, che è sempre necessario contestualizzare testi ‘antichi’ con i loro omologhi, concettualmente, moderni, quindi, che si occupano delle ‘circostanze’ che man mano si sono create con il procedere diritto o distorto delle organizzazioni sociali.
Noterete anche che per i bisogni alti, non ci sia bisogno di denaro, per quelli bassi di poco denaro, per quelli medi, invece un sacco di denaro;
Ecco, per concludere, oggi il ‘Capitale’ si sta occupando principalmente (in maniera tangibile oppure subliminale) dei ‘medi’ utilizzando, ed a piene mani, gli aspetti psicologici (consci ed inconsci) che il buon Adam non poteva indagare, perché a lui, come a tutti gli altri suoi coevi, erano sconosciuti.

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Torno sull’argomento …


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Ecco una ulteriore testimonianza degna di rispetto;
perché è assolutamente degno di rispetto chi parla …
e poi vivendo più “vicino” si “vede” meglio

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1271

Si sa.
Quando muore un Leone gli sciacalli vanno sempre a banchettare sul suo cadavere.
Ma lui resta un Leone, loro rimangono sciacalli.

Da “Specchi “di Eduardo Galeano…

I suoi nemici dicono che è stato un re senza corona e che ha confuso l’unità con l’unanimità.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
I suoi nemici dicono che se Napoleone avesse avuto un giornale come il <<Granma>>, nessun francese sarebbe stato messo al corrente del disastro di Waterloo.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
I suoi nemici dicono che esercitò il potere parlando molto e ascoltando poco, perchè era più abituato agli echi che alle voci.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
Però i suoi nemici non dicono che non fu per posare davanti alla Storia che mise il petto di fronte ai proiettili quando venne l’invasione, che affrontò gli uragani da uguale a uguale, da uragano a uragano, che sopravvisse a seicento trentasette attentati, che la sua contagiosa energia fu decisiva per convertire una colonia in una patria e che non fu né per un artificio del Demonio ne per un miracolo di Dio che questa nuova patria ha potuto sopravvivere a dieci presidenti degli Stati Uniti, che avevano il tovagliolo al collo per mangiarla con coltello e forchetta.
E i suoi nemici non dicono che Cuba è uno dei pochi paesi che non compete per la Coppa del Mondo dello Zerbino.
E non dicono che questa rivoluzione, cresciuta nel castigo, è quello che ha potuto essere e non quello che avrebbe voluto essere.
Ne dicono che in gran parte il muro tra il desiderio e la realtà si fece sempre più alto e più largo grazie al blocco imperiale, che affogò lo sviluppo della democrazia cubana, obbligò la militarizzazione della società e concesse la burocrazia, che per ogni soluzione tiene un problema, l’alibi per giustificarsi e perpetuarsi.
E non dicono che considerando tutte le afflizioni, considerando le aggressioni esterne e l’arbitrarietà interna, questa isola rassegnata però testardamente allegra ha generato la società latino-americana meno ingiusta.
E i suoi nemici non dicono che questa impresa fu opera del sacrificio del suo popolo, però anche fu opera dell’ostinata volontà e dell’antiquato senso dell’onore di questo cavaliere che sempre combatté per i vinti, come quel suo famoso collega dei campi di Castilla.

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( tratta dalla pagina FB di  La cultura negli aforismi ) 

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E’ cinese il nuovo proprietario dell’intera agricoltura italiana, ma gli italiani non lo sanno.


Questo signore di cui vedete l’immagine in bacheca entro pochi mesi finirà per diventare il padrone dell’intera agricoltura italiana.

Sorgente:      E’ cinese il nuovo proprietario dell’intera agricoltura italiana, ma gli italiani non lo sanno.

… e neppure io …

quindi meglio sarebbe informarsi … “leggiamolo”     😉

anche questa è … “crescita” ?…


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1270

“Il bambino nasce filosofo,
pone domande, ascolta, elabora risposte;
poi arriva l’adulto con i suoi:
“non puoi capire”,
“è così e basta”,
“quando crescerai capirai”,
“ascolta quello che dico perchè sono più grande”,
“zitto quando parlano i grandi”,
“è così, è sempre stato così”,
“il tuo lavoro è andare bene a scuola”.
Piano piano spegne la fiamma e
il bambino vivo diventa un adulto morto.”

(Egon Schiele)

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( tratta dalla pagina FB di  Realtà, inganno e manipolazione )

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una voce da Cuba


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Vi propongo questa lettera ( tratta dalla pagina FB di  La cultura negli aforismi ).
Certo è la voce di una sola campana ma sembra che, a differenza dei tanti, troppi, che parlano in giro per il mondo, questa “campana” sia stata a Cuba ed abbia assaporato l’aria di questo Paese …

1260

di Lia De Feo

Io non ho amato Cuba, nei tre anni trascorsi a studiare lì.
Tanto è vero che mi spostavo in Messico ogni volta che potevo, e alla fine a Cuba ci avrò trascorso un anno e mezzo in totale.
Non l’ho amata perché amo poco le isole, in generale, e perché i cubani mi davano sui nervi, parecchio…. l’embargo è uno stillicidio di cose che non funzionano, che non si trovano, che sono difficilissime da fare……
Eppure, Cuba funzionava…..
All’interno della facoltà sembrava di essere negli anni 50 dopo un bombardamento: banchi, cattedre, lavagne, tavoli sbilenchi, lampadine a intermittenza, computer e telefoni arcaici, sedie metalliche incongruenti, tutto in rovina, tutto cadente, e in mezzo a tutto questo professori trasandati, sciupati, malvestiti, che però ti facevano lezioni durante cui il tempo volava, che sapevano quello che facevano, che erano bravi.
A volte proprio bravi.
L’assoluta incongruenza tra lo squallore del luogo e la qualità delle parole.
E la serietà, la severità, l’inflessibilità dietro la trasandatezza…..
E’ difficile, per una come me, arrivare all’aeroporto praticamente in fuga, vedere gli sportelloni di un aereo angolano che si aprono e i passeggeri che cominciano a scendere: in sedia a rotelle, in barella, uno più sciancato dell’altro.
Africani che vanno a curarsi a Cuba.
Gente che noi, in Europa, lasciamo morire con indifferenza se non soddisfazione, e che la poverissima Cuba invece accoglie e cura….
Ti accorgi che sei una straniera viziata o, peggio, che non sei proprio nessuno………..
Che la Storia, da quelle parti, non sei tu, non passa per l’Europa.
Tu sei lo spettatore pagante, se ti va bene, oppure aria, vattene.
Cuba mette a fuoco altro da te….
Ed è straniante sentire gli europei che parlano di Cuba e dicono sempre, puntualmente, tutto il contrario di quello che vedi tu…
“E’ una dittatura, la gente vuole fuggire, gli omosessuali perseguitati, i dissidenti“…….
I cubani fanno il diavolo che gli pare. E pure gli stranieri….
Diceva la mia padrona di casa:
“Tre cose non si possono fare, a Cuba: le droghe, lo sfruttamento dei bambini e, se sei straniero, una smaccata propaganda antistatale.
Per il resto, se vuoi camminare per strada nudo e a testa in giù nessuno ti dice niente.”
I dissidenti? Avranno una dignità quelli legati alla Chiesa, suppongo, ma credo che tutti sappiano che le varie Damas en Blanco, per non parlare poi della Sanchez, prendono soldi per ogni manifestazione che fanno……….
I cubani muoiono di nostalgia, lontano da casa, dalla famiglia, dalla loro gente, dal loro riso e fagioli.
Sono uniti da fare schifo, i cubani.
E se si sentono minacciati, di più.
Ne sanno qualcosa gli USA, che inasprirono l’embargo nel momento esatto in cui cessarono gli aiuti dall’URSS e a Cuba fecero, letteralmente, la fame.
Speravano in una rivolta, gli USA.
Si ritrovarono con un popolo che si rimboccò le maniche per l’ennesima volta …..
Gli omosessuali, poi: a Cuba si celebra il Pride, per dire…….
Ma, soprattutto, ricordo una pubblicità progresso dello Stato, dei cartelloni esposti nelle farmacie che mi colpirono molto.
Era una cosa sulla prevenzione dell’AIDS e c’era la foto di due gay che si baciavano.
Ma a differenza dell’Europa, dove i due gay sarebbero stati giovani e bellissimi, nella foto cubana c’erano due signori di mezz’età, bruttini, normali.
Due comuni cittadini, come li avresti potuti incontrare sul pianerottolo.
Né giovani, né belli, né magri, niente.
Due signori che si baciavano e un pacato invito all’amore che non escludeva la prevenzione.
Sobrio. Rispettoso. Bello.
E si concedono pure il lusso di esportare i loro medici in Venezuela.
Questo, hanno fatto i cubani: hanno esportato medici in cambio di petrolio. Perché questo è quello che hanno:…………
Come, poi, questi medici, questi professionisti cubani riescano ad essere bravi nonostante ristrettezze di ogni genere (falla tu, ricerca, in un paese con internet a pedali) io non lo so e non l’ho capito.
Ma ce la fanno…………
In Nicaragua, quando la gente scopre che vivi a Cuba si emoziona.
Manca solo che ti abbracci. Perché, in un modo o nell’altro, tutti debbono qualcosa ai cubani.
“Io mi sono laureato a Cuba, gratis!” “Mio padre è stato salvato da un medico cubano!” Una folla.
Il Nicaragua trabocca di gente che in gioventù è stata presa e spesata da Cuba per studiare, che ha avuto vitto e alloggio gratis per anni, che ha con l’isola un debito a vita….”
Sì, sono fortunati, loro. Perché è una questione di prospettiva: se nasci povero, malato, sfortunato, è meglio se nasci a Cuba. Molto meglio, proprio.
Fuori da lì, muori e muori male.
Un povero non vuole essere guatemalteco, haitiano, dominicano.
Vuole essere cubano, credimi……
Cosa si può dire di Fidel nel giorno della sua morte?……….vince ancora, e ancora, e ancora.
Contro gli USA.
Prendendoli sempre, incessantemente, per il culo.
E come sarebbe, oggi, Cuba, se non uscisse da 60 anni di embargo?
Se è riuscita a dare cibo, salute e istruzione a tutti i suoi cittadini NONOSTANTE l’embargo, cosa avrebbe fatto senza il limite, l’impoverimento a cui è stata condannata?
Voi lo sapete? Io no, francamente. Quello che so, è che l’embargo li ha compattati ancora di più.
Lui ha preso un popolo costretto a passare da una bandiera all’altra e ne ha fatto una cosa diversa: il popolo che ha vinto, quello che si è guadagnato l’indipendenza e l’ha difesa, quello che ha ottenuto le uniche, grandi conquiste sociali dell’America Latina, quello che più si è schierato contro il razzismo, quello che ha fatto sognare mezzo pianeta, quello che non si capisce come abbia fatto ma, in qualche modo, ce l’ha fatta. Ha preso una colonia e ne ha fatto uno Stato.
Molto, molto orgoglioso di sé.
Ha commesso errori? Certo. Avrebbe potuto fare di meglio? Sì. I cubani hanno sofferto? Sì, ma l’alternativa era essere Puerto Rico o peggio.
E avevano combattuto troppo, e troppo a lungo, per potere accettare di essere Puerto Rico……..
Io credo che si sentano abbastanza male, oggi, i cubani.
E che ne abbiano tutti i motivi………

Omaggio a Fidel ….

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lo “Scopo”


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Una giusta riflessione …
che alberga in pochissime menti;
se si diffondesse tra i popoli
il mondo sarebbe senz’altro un posto migliore !

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“Uomo, ricorda per un istante il tuo giudizio.
Ti scuso per non conoscere ancora la sublime destinazione che dovresti adempiere nell’universo: ma per lo meno non dovresti accecarti sul ruolo insignificante che vi adempi durante il breve intervallo percorso dalla tua culla fino alla tomba.
Dai un’occhiata a ciò che ti occupa durante questo tragitto.
Credi forse di essere stato dotato di facoltà e proprietà così eminenti, per una destinazione così nulla?”

(Louis-Claude de Saint-Martin)

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( tratta dalla pagina FB di  Realtà, inganno e manipolazione )

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Spariti dalla Manovra 50 milioni di euro destinati alla cura dei bambini dell’Ilva


Spariti dalla Manovra 50 milioni di euro destinati alla cura dei bambini dell’Ilva.

SARANNO SERVITI PER LE “FRITTURE DI PESCE”!!

Sorgente:    Spariti dalla Manovra 50 milioni di euro destinati alla cura dei bambini dell’Ilva. SARANNO SERVITI PER LE “FRITTURE DI PESCE”!! | Blog Di Eles

Grande vignetta (ed articolo) …

ahahahahah (risata sarcastica !!!)

Immagine e pensiero


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Quando l’immagine inganna …

1258

Questo che potete vedere è un classico esempio di pregiudizio e/o preconcetto :
Guardate la foto e rispondete in tutta sincerità se vi ispira “buoni o cattivi giudizi” …
sinceramente tutti (credo) sarebbero portati a pensare che la statua raffigura un personaggio truce ed ambiguo mentre nella realtà si tratta di uno degli uomini migliori mai apparsi su questo pianeta e che ha lasciato una traccia indelebile nonostante sia stato bruciato poco più che cinquantenne;
un “Monaco” bruciato perché diceva delle verità scomode per chi deteneva realmente il potere 500 anni fa (ma anche prima ed anche dopo 😉 ) …
qualche potente o sovrano direte voi …
no … semplicemente la Chiesa Cattolica …

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“È prova di mente vile e bassa desiderare di pensare allo stesso modo delle masse o della maggioranza, semplicemente perché la maggioranza è la maggioranza.
La verità non cambia perché è creduta o meno da una maggioranza di persone.”

(Giordano Bruno)

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Chissà se i nostri politici lo sanno …
e chissà se lo sanno anche i cittadini …

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la verità spesso fa male …

Notizie da Nessun Dove

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“L’economia mondiale è la più efficiente espressione del crimine organizzato. Gli organismi internazionali che controllano valute, mercati e credito praticano il terrorismo internazionale contro i paesi poveri e contro i poveri di tutti i paesi con tale gelida professionalità da far arrossire il più esperto dei bombaroli.”

Eduardo Galeano

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subito dopo aver postato un commento (con corposo contributo) trattante un argomento a sfondo religioso “cattolico” … da buon “ateo” mi sembra giusto (anche in queste particolari giornate pervase da una “dichiarata”, ma non veritiera, “par condicio”) postare un pensiero che trovo semplicemente “sublime” attribuito a Buddha;
ennesima dimostrazione che chi ritiene di essere l’unico depositario della “verità” commette un grossolano errore;
queste poche parole sono pura poesia …

1255

§

sublime

ETHICA


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eccovi i passi salienti della seconda parte del capitolo iniziato l’altro ieri (e che trovate qui), affidati a Mancuso un autentico ‘fuoriclasse’ del pensiero.
Le conclusioni finali le lascio trarre a voi; sicuramente (anche dal punto di vista di un non credente , inteso nell’accezione classica) si tratta di uno scritto di valore assoluto, pur trattando argomenti non leggeri;
Spinoza ha trattato sull’Etica in quanto è una dei fondamenti del valore dell’Uomo e non vi è dubbio che anche in un non credente possa essere presente in modo molto tangibile;
ricordiamo che l’opera di Spinoza, per le considerazioni di Mancuso sull’energia che produce ordine e armonia, aveva il titolo completo di: ETHICA MORE GEOMETRICO DEMONSTRATA.
Quindi, e qui cito Wiki, “organizzata secondo un metodo assiomatico-deduttivo, volto a garantire la certezza dei risultati” … complicato ???
assolutamente meno di quanto possa sembrare;
tante persone sono dotate di etica e questo a prescindere dalla loro religiosità (presente o meno) in quanto risultato di quello spirito divino che ognuno ha dentro di se; l’errore che molti fanno è di collegare il concetto di divino a quello del Dio antropomorfo venerato nelle chiese mentre, a mio avviso (ed anche in un certo qual modo per Spinoza) il “soffio divino” è presente nella Natura e nelle “cose” tutte che la compongono;
non dobbiamo dimenticare mai che la religione ostentata non è garanzia di alcun ché :
il mondo è pieno di “auto dichiarati” cattolici che razzolano malissimo, compiono i peggiori peccati per poi (confessandosi) lavare la loro coscienza ma pronti per tornare a peccare, ma che non perdono occasione di mettersi in mostra (magari in prima fila) nelle varie funzioni.
Questa non è religione ma ipocrita ostentazione, la dimostrazione certa che i buoni sentimenti, i buoni comportamenti, quindi l’etica, sono qualcosa non collegabile alla religione; sono qualcosa che nasce, vive e cresce nell’animo umano;

1248

“Ma se l’essere è energia, la domanda è: perché l’energia che lavora produce ordine e armonia, e non semplice caos?
Perché la natura naturante è in grado di tradursi in natura naturata, nella sempre crescente organizzazione che è l’evoluzione?
Perché c’è un ordine progressivo e non, invece, il disordine, o anche solo ora un po’ di evoluzione, ora un po’ di involuzione, in una sorta di sostanziale pareggio?
Perché, al contrario, vince l’evoluzione?
Perché questa crescente tendenza all’organizzazione?
Perché non si interrompe mai il processo verso l’aumento della complessità?
[…]
Ma vorrei aggiungere dell’altro.
C’è da trarre una conseguenza decisiva dalla distinzione, all’interno del concetto di natura, fra una dimensione naturata (passiva) e una dimensione naturante (attiva), fra le cose che vengono e la sorgente da cui provengono.
Tale conseguenza è che la natura non è solo materia.
Anzi, la materia può essere ciò che dice il suo nome, cioè ‘mater’, solo perché è abitata e mossa da qualcosa che materia non è.

1249

Questo è, a mio avviso, decisivo: l’essenza, il cuore dell’essere, non è materiale.
E’ ‘atto puro’, si direbbe con il linguaggio della filosofia scolastica, e Tommaso d’Aquino parlava di Dio proprio come *actus purus*.
Il cuore dell’essere è lo spirito, sosteneva la filosofia dell’idealismo tedesco e dell’idealismo italiano (in particolare Gentile), ripetendo ciò che affermava Gesù: *Dio è spirito* (Giovanni 4, 24).
[…]
Dio è spirito, e lo spirito non ha la barba.
Non ha neppure un volto da cui la barba possa crescere, non ha neppure un corpo perché *Deus non est corpus* ha scritto Tommaso d’Aquino nella SUMMA CONTRA GENTILES e nella SUMMA THEOLOGICAE e prima ancora Agostino nelle CONFESSIONI: *Dio è spirito. non un essere di membra estese in lunghezza e in larghezza, e di massa*.
Solo pensando così, come spirito senza estensione materiale, si può almeno intravedere in che senso Dio sia in ogni cosa, e soprattutto dentro di noi, secondo le meravigliose parole che Agostino (che vi informo, prima di diventare cristiano, era un adepto della setta dei ‘manichei’ ndr) gli rivolge: *Tu eri dentro di me più del mio intimo*.

1250

Pensare lo spirito che muove ogni cosa del mondo (dimensione impersonale) come padre (dimensione personale e antropomorfa) è la sintesi a cui un giorno bisognerà arrivare abbracciando l’Oriente (Dio impersonale) e l’Occidente (Dio personale).
[…]
Quando si è giusti, cioè in relazione ordinata con gli altri, si è anche più felici: perché si compie la logica che ci costituisce.
Per questo il bene produce benessere e dà quella lieta disposizione dell’anima verso sé e verso gli altri che rende più leggera e più luminosa la vita: perché il bene risponde alla logica primordiale della relazione ordinata che ci ha portato e ci mantiene all’essere, e nella quale propriamente consistiamo.
Ma si tratta di capire ancora una cosa. Si tratta di capire perché Spinoza, scrivendo un libro intitolato ETHICA (l’originale è con la acca ndr), parli in continuazione di Dio, iniziando con il darne una definizione e concludendo col dire che la più alta virtù è *l’amore intellettuale della mente verso Dio* (libro V, proposizione 36).
Perché tanto parlare di Dio , per parlare di etica?

1251

Non sarebbe bastato parlare appunto solo di etica, di etica rigorosamente laica, tale da sussistere *etsi Deus non daretur* (anche se Dio non ci fosse), come aveva proposto, qualche anno prima, un altro grande olandese Ugo Grozio?
Invece no, Spinoza insiste sulla teologia, come aveva già fatto scrivendo prima dell’Ethica, opere come IL BREVE TRATTATO SU DIO, L’UOMO E IL SUO BENE e il più noto TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO.
Il fatto è che Spinoza sa bene che, senza un adagiato discorso su Dio, cioè sul fondamento razionale dell’essere, non si dà alcuna possibilità di stabilire un’etica.
Io la penso allo stesso modo: il problema filosofico di Dio, quello del principio che presiede l’essere, è la condizione essenziale per fondare l’etica.

1252

Con ciò, non intendo minimamente affermare che chi non crede in Dio non sia giusto e possa giungere a comporre qualsiasi cosa, secondo quel detto di Dostoevskij spesso citato: *Se Dio non c’è, tutto è possibile*.
La storia ci mostra che anche per coloro per i quali Dio c’è, tutto è possibile, compreso bruciare vive le persone che la pensano diversamente. […]
Io ragiono esattamente al contrario e dico: siccome tutto non è possibile, Dio c’è.
Mi spiego. Proprio il fatto che la coscienza (laicamente intesa, senza nessuna chiesa che le suggerisca alcunché) senta da se stessa che tutto non è possibile, ovvero che tutti ciò che è possibile praticamente non debba essere possibile moralmente, e che quindi debba esistere un freno all’arbitrio della forza, proprio questo è un segno, è ‘IL’ segno scritto dentro di noi, che Dio (cioè un fondamento razionale ed eterno e quindi normativo dell’essere) c’è.
[…]

1253

A mio avviso, non c’è possibilità di fondare l’etica se non sull’ontologia (lo studio dell’essere ndr).
E cos’è la teologia?
E’ una particolare configurazione dell’ontologia, una dottrina dell’essere all’insegna del bene, dell’amore, della giustizia, nel senso di ritenere che siano queste le dimensioni ultime dell’essere.
Il fenomeno fisico che si porta al pensiero dicendo ‘Dio’ è l’apparire della nostra coscienza, e forse ancora prima del nostro sentimento, del senso complessivo della vita come giustizia, verità, bene.

1254

Credendo in Dio si crede che l’ultima dimensione dell’essere siano questi valori, e non i loro contrari.
Credere in Dio significa ritenere che il bene sia più forte dl male, l’essere del nulla, l’amore dell’indifferenza”.

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il futuro lo si costruisce


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Per coinvolgervi nella lettura di questo contributo ho deciso, contrariamente alle mie abitudini, di non inserire alcuna immagine;
inutile forse sottolineare che la trovo una stupenda pagina di speranza che mi ha fatto pensare subito al PIL, alla famigerata CRESCITA;
capisco che seguire l’esempio dato non è assolutamente facile ma è fuor di dubbio che quella descritta è forse l’ultima “strada” rimasta all’umanità per combattere l’attuale lotta per la propria sopravvivenza …
Non mi voglio dilungare per non rubarvi altro tempo … buona lettura    🙂    

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Nel 2009, veniva pubblicato un libro: ADESSO BASTA scritto da un ex manager in società di comunicazioni (anche multinazionali), uomo di successo che, per le considerazioni che ben spiega, decise di abbandonare la sua ‘luccicante’ vita, per iniziarne una nuova, mettendo al centro le sue convinzioni, passioni, desideri, sogni, tutti – guarda caso – in netta controtendenza rispetto allo “style of life” che ci veniva imposto.

Nella contro copertina del libro, un commento all’opera dell’editore recita:

“Ne abbiamo abbastanza. Lavorare per consumare non rende felici.
Lo sappiamo tutti, ma come uscirne? Cambiare vita da soli sembra una scelta troppo faticosa. Addirittura impossibile. Invece no.
Il ‘downshifting’ (scalare marcia, rallentare il ritmo) è un fenomeno sociale che riguarda milioni di persone nel mondo (complice anche la crisi). Ma non si tratta solo di ridurre il salario per avere più tempo libero. Simone Perotti (l’autore ndr) propone qui un cambio di vita netto, verso se stessi, il mondo che ci circonda, le abitudini, gli obblighi, il consumo. La rivoluzione dobbiamo farla a partire da noi, riprendendoci la nostra vita per essere finalmente liberi. Come ha fatto l’autore, che racconta la sua esperienza entrando nel merito delle conseguenze economiche, psicologiche, esistenziali, logistiche. Dire no non basta per essere felici. L’insicurezza economica cui andiamo incontro è anche un’occasione per ripensarci”.

Oggi (2009), Simone Perotti vive in una casa che ha ristrutturato himself, tra La Spezia e le Cinque Terre. Per vivere fa l’affitta barche, trasferisce imbarcazioni, fa lo skipper e l’istruttore di vela, trascorrendo circa quattro mesi l’anno in mare. Poi pittura case, prepara aperitivi per i bar, restaura mobili, fa la guida turistica,
vende le sue sculture e i suoi pesci, tutti visibili (spero almeno) sul sito:

http://www.simoneperotti.com

Capitolo:    QUESTO LIBRO

“A volte viene anche a me l’insana voglia di Ismaele, il narratore di ‘Moby Dick’, di buttare giù il cappello ai passanti.
A me viene anche voglia di scuotere le automobili ferme in code chilometriche.
Mi viene voglia di telefonare, almeno a tanta gente che conosco e dirgli: *Adesso basta! Guardati intorno, ma non vedi che vita facciamo? Reagisci! Stand up!*.
Altre volte vengo invece preso dallo sconforto, mi pare che non ci sia modo di far comprendere a una massa così grande di persone quel che è diventata la vita oggi.
Un’epoca migliore di questa non s’è mai vista (almeno da queste parti e nonostante la crisi).
Fino a meno di un secolo fa c’erano fame, carestie, guerre, malattie.
Non c’è da lamentarsi, potrebbe obiettare qualcuno.
E invece no.
Con la salute, con la pace,col benessere, è sopraggiunta anche l’alienazione, l’omologazione (e adesso anche l’insicurezza), e sembra che non vi sia alternativa a una vita spesa a lavorare, produrre, indebitarsi, consumare, ripetere gesti privi di senso, per troppo tempo, per una vita intera.
Il ‘sistema’ ha dettato le sue regole, ma è inutile criticarlo dal punto di vista filosofico o politico.
Il fatto sconvolgente è che noi le abbiamo accettate integralmente. Del resto rifiutarle non sarebbe stata cosa semplice, almeno dopo aver patito guerra e privazioni.
[…]
Quando questa storia è iniziata, nessuno aveva le categorie critiche per rifiutare, per dire no.
La scuola non ci ha mai insegnato il cambiamento.
La famiglia ci ha offerto modelli da imitare, sempre più vicini alle tendenze più convenienti per la sicurezza e il comfort.
La pubblicità ci ha offerto un quadro netto, da emulare.
Abbiamo anche smesso di leggere perché certe voci fuori dal coro ci infastidivano, ci sviavano, facevano un rumore spiacevole alle nostre orecchie.
Ma il risultato di tutto questo avanzare ad occhi chiusi, accettare le regole imposte dal profitto e dal consumo, è un benessere fittizio.
Il nostro benessere è economico, certo, di mezzi, di strumenti, di giochi, di media e di chiacchiere.
Ma non produce lo ‘star bene’, non agevola armonia e equilibrio, pace interiore e sicurezza.
Non in tutti, non nella maggioranza delle persone abbienti.
Occorre starsene chini, non alzare la testa, per non vedere come stanno realmente le cose.
Per non vedere che siamo schiavi, che vogliamo evadere, in tanti, smetterla con una vita che serve a produrre ma non a sviluppare, fatta di compromessi (che vuoi proprio per il benessere) un numero crescente di persone in carriera e in gamba non si sentono più di poter sostenere.
Augurarsi che il sistema cambi è però questione di utopisti.
Quel che ha prodotto lo spirito rivoluzionario lo abbiamo visto nei secoli scorsi. […]
Il sistema è imbattibile con qualsiasi rivoluzione (ad eccezione di quella culturale generalizzata ndr), questo mi pare assodato.
La stessa anarchia non è che un possibile istante di sospensione tra ordini costituiti e tendenti alla perenne risostituzione di un sistema di potere.
Ma il potere si è ulteriormente evoluto, ha imparato che la dittatura e il totalitarismo non servono più.
Bastano i vetrini luccicanti del consumo, del potere economico. dei servizi, dei beni per tenere tutti sotto scacco, proni e incapaci di offendere.
I prodotti, la loro accessibilità, la loro apparente convenienza sono sufficienti a spingere orde intere di persone, pure benestanti, pure acculturate, a uscire tutte le mattine da casa con la loro vettura fiammante, a percorre a passi d’uomo strade intasate, a lavorare per dieci, dodici ore in un modo sempre identico, sentendosi anche privilegiate, e poi a ritroso, e poi ancora avanti, senza che ci sia un ordine perentorio, senza che qualcuno alzi la voce.
Il potere si è molto raffinato dal dopoguerra, è diventato silenzioso, invisibile, cortese.
[…]
Un esercito di schiavi convinti di essere liberi può essere condotto anche a un pastorello, non serve la forza o la polizia.
Tutto questo, almeno finché qualcuno, singolarmente, non dice basta e vede…
Vede che così non va, che le ore nel traffico sono alienanti, che la schiavitù del lavoro è un ricatto insopportabile, vede che i sentimenti e le relazioni sono schiacciate in un angolo lontano, vede che l’acquisto di beni è solo un produttore di bisogni ulteriori, che nessun bene ulteriore potrà soddisfare, che necessiterà però nuovo lavoro, nuovi compromessi per essere ancora possibile.
Vede soprattutto che non c’è alcun guardiano, alcuna camionetta di militari che ti spara se esci dal gruppo, e che non ci siamo accorti di qualcosa di clamoroso: le regole che ci rendono schiavi ci impediscono di constatare la nostra schiavitù, ma le abbiamo accettate noi, nessuno ce le ha imposte con la forza.
O meglio, c’è tanta gente al mondo che quelle regole, contrariamente a tantissima altra che può solo accettarle, potrebbe rifiutarle, cambiare tempi e modi senza rischiare granché, ma con un premio altissimo alla fine del percorso”.

“Il vero rivoluzionario contemporaneo, quello che può seriamente far tremare l’establishment politico-economico, è oggi un consapevole, cocciuto, equilibrato individualista, che parte da sé, dal suo mondo, ci lavora sopra, fa di tutto per essere libero e consapevole come essere umano singolare. (Un individualista della volontà, sia chiaro, restando nel cuore un uomo sociale e in relazione).
Non necessariamente compra quel che gli si dice.
Non necessariamente fa quel che dovrebbe.
Usa gli strumenti come strumenti, non come fini.
Costruisce una sua realtà, adatta a sé, efficiente, concreta.
Così facendo il singolo diventa eversivo.
Egli interrompe in qualche punto vitale le sinapsi del consumismo e dell’assenza di senso.
Il suo comportamento è individuale, cioè mosso dalla responsabilità e dalla dignità del singolo essere, dall’orgoglio di non vedersi soggiacere alla massificazione, eppure ha effetti enormi sul sistema, il suo esempio è emblematico e vale più di mille teorie sociali o programmi politici.
Con conseguenze imprevedibili.
Dieci, cento, mille uomini così e il potere è spacciato”.

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PS – Non simile ma neppure in contraddizione a quanto avete appena letto vi ricordo l’esistenza di una teoria economica denominata DECRESCITA FELICE … ovviamente osteggiata da media, multinazionali, governi …

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la Filosofia


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che combinazione … vedete che “perla” ho trovato or ora : fa da corollario al mio commento precedente …    😉   

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1247-aaa

“La FILOSOFIA è un’alta strada alpina, a essa conduce solo un ripido sentiero su pietre appuntite e rovi pungenti; è un sentiero solitario e diventa sempre più deserto quanto più si sale, e chi lo percorre non deve conoscere spavento, ma deve lasciarsi tutto alle spalle e di buon animo aprirsi da sé la via nella fredda neve.”

~ A. Schopenhauer, “Scritti postumi”, 1804/60

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( tratta dalla pagina Fb di  Filosofia e Storia della filosofia )

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Riflessioni impersonali : perché complicarsi la vita ?


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Converrete con me che la vita è un viaggio, ma di sicuro non in autostrada, seppur ci siano molti “pedaggi” da pagare;
solitamente il percorso si snoda tra ripidi sentieri, impervie mulattiere, buie scalinate; poche aree di ristoro …

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la vita è piena di tutte le “cose” conosciute : fatti, pensieri, azioni, emozioni, gioie, dolori e via discorrendo; fondamentalmente non è un “tragitto” facile;
eppure, nonostante ciò, tanti si comportano in modo tale da caricarsi di un peso supplementare (a mo’ di zaino) da trascinarsi dietro.
Parlo dei “filosofi casarecci” (a Roma direbbero i “filosofi de noantri”) che, dall’alto della loro cultura, nel credersi “intellettuali” invece di essere di esempio si trastullano con il passatempo di giudicare l’altrui operato;
è vero che chi non riesce ad elevarsi in statura, per svettare , a volte si accontenta di sminuire gli altri senza capire che la vita non è una gara, non è una competizione tra uomini … ma vedo che è dura da morire la mentalità secolare del “vediamo chi c’è l’ha più lungo …”

1247-ter

Io che intellettuale non mi reputo (perché non lo sono e non mi interessa “apparirlo”) mi accontento di divulgare il pensiero (ben superiore al mio) di altri (loro si meritevoli di tale appellativo), a volte aggiungendo un mio modesto commento derivato da conoscenze (poche) e conversazioni (tante);
il mio pensiero è che dovremmo tutti portare qualche grano di conoscenza per “nutrirci tutti insieme” non certo tramutare il nostro passatempo in “giochi senza frontiere”;

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discorrere di tutto (anche di quello che non si conosce) è una occasione per ampliare i propri orizzonti e le proprie conoscenze reciproche, è una virtù e non un difetto;
l’importante è farlo con onestà ed umiltà, senza ingannare nessuno ma, ahimè, il mondo è pieno di “intellettuali millantatori” tronfi galli da pollaio con il petto gonfio ove appuntare medaglie;
a me le medaglie non interessano ma mi viene difficile non rendermi conto del mondo che mi circonda;

1247-bis

Ho preso lo spunto per questa riflessione con l’osservazione sia sul mio blog che fuori da esso e spinto anche da un momento personale con una quantità di stress superiore alla media : la vita (oltre che breve) è come ho detto difficile … perché complicarsela ?

Lo spunto preso dal mio blog deriva dagli ultimi miei post che trattavano argomenti ponderosi e complicati;
io (forse superficialmente) mi son autodefinito “ateo” ma è un “appellativo” che vorrei ampliare e ragionarci su (fermo restando i concetti già espressi che non rinnego) ed è quello che sto tentando di fare (oltre che occuparmi di altri argomenti);

certo non è compito facile …

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