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𝕲𝖚𝖆𝖗𝖉𝖆𝖗𝖊 𝖆𝖑 𝖕𝖆𝖘𝖘𝖆𝖙𝖔 𝖕𝖊𝖗 𝖈𝖆𝖕𝖎𝖗𝖊 𝖎𝖑 𝖕𝖗𝖊𝖘𝖊𝖓𝖙𝖊 𝖊 𝖕𝖗𝖔𝖌𝖗𝖆𝖒𝖒𝖆𝖗𝖊 𝖎𝖑 𝖋𝖚𝖙𝖚𝖗𝖔 !
Questo io penso (e non indago se sia stato già detto da qualcuno prima di me, perché non è importante);
penso invece che sia fondamentale farlo ed anche che ormai si sia persa l’abitudine (la buona abitudine) a farlo;
se pensate al singolo individuo capirete che è una cosa normale ed auspicabile : trarre insegnamento dai propri errori e comunque dalle proprie azioni per migliorare il proprio futuro , sia materiale, sia morale;
ed allora perché la comunità, che non è altro che la somma di tante individualità, dovrebbe comportarsi differentemente ?
Eppure è quello che si sta facendo, più o meno volontariamente, più o meno indirizzati mediaticamente in questa direzione (che fa comodo a qualcuno 😉 evidentemente).

“𝐏𝐢𝐨𝐯𝐞 𝐠𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐥𝐚𝐝𝐫𝐨” è una battuta più vecchia di me eppure non perde mai di attualità : io allora mi domando, semplicemente, come sia possibile che tutti si lamentano degli atti della politica (per anni ed anni) senza domandarsi “𝐜𝐡𝐢” li ha votati e messi nelle condizioni di compiere tali atti …
allora capisco che in questo Paese predomina una classe sociale, (come dice un amico) quella dei “𝖈𝖍𝖎𝖆𝖌𝖓𝖎 & 𝖋𝖔𝖙𝖙𝖎” e dei “𝖙𝖊𝖓𝖌𝖔 𝖋𝖆𝖒𝖎𝖌𝖑𝖎𝖆” …

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Quindi ritengo utile riportare alla mente dei pensieri “passati” riguardo alle classi sociali che ultimamente hanno avuto delle modificazioni estreme a tutti i livelli (sia morali che economici);
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Da: I CLASSICI DEL PENSIERO SOCIOLOGICO di Lewis A. Coser, un analisi del pensiero di Karl Marx, pro e contro.
Capitolo: LA TEORIA DELLE CLASSI
“La teoria delle classi di Marx si fonda sulla premessa che *La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi* (cfr. Manifesto del partito comunista).
Secondo tale concezione, sin da quando la società umana è uscita dal suo stadio primitivo e relativamente indifferenziato, essa ha continuato a reggersi sulla base di una fondamentale divisione in classi in lotta tra loro per il perseguimento dei rispettivi interessi.

Nella realtà del sistema capitalistico, per esempio, la fabbrica, che ne costituisce la cellula elementare, non è tanto un punto di collaborazione funzionale quanto la sede principale in cui si sviluppa ‘l’antagonismo’ tra le classi, tra sfruttatori e sfruttati, tra coloro che si appropriano della forza lavoro e coloro che sono costretti a venderla.
Gli interessi di classe e lo scontro di potere che essi provocano sono, a giudizio di Marx, la principale determinante del processo sociale e storico.
Il modo in cui i rapporti tra gli uomini vengono ad essere modellati in funzione delle rispettive posizioni in ordine ai mezzi di produzione, cioè in relazione alle loro differenziate possibilità di accesso a risorse e poteri limitati, costituisce il punto focale di tutta l’analisi di Marx.

Egli osserva che tale differenziata possibilità di accesso non necessariamente conduce in ogni tempo e con qualunque condizione ad una effettiva lotta di classe.
Tuttavia, poiché ogni società differenziata genera sistematicamente conflitti di interesse tra persone e gruppi collocati in modo differenziato all’interno della struttura sociale e, in particolare, situati in funzione diversa rispetto ai modi di produzione, Marx riteneva che l’esistenza presso le società di un potenziale per il conflitto di classe fosse un fatto assiomatico.
[…]
Nella sociologia marxiana tuttavia gli interessi di classe non sono ‘ab initio’: essi si sviluppano quando coloro che occupano particolari posizioni sociali si trovano coinvolti in particolari circostanze sociali.
Così, nelle prime imprese industriali, la concorrenza divideva gli interessi personali di *una folla di persone sconosciute le une alle altre…

Ma il mantenimento del salario, questo interesse comune che essi hanno contro il padrone, li unisce* (cfr. Miseria della filosofia).
*I singoli individui formano una classe solo in quanto devono condurre una lotta comune contro un’altra classe; per il resto essi si ritrovano l’uno contro all’altro come nemici nella concorrenza* (cfr. L’ideologia tedesca).

A differenza di quanto si sosteneva in Inghilterra nella scuola utilitaristica (vedere Jermey Bentham ndr) e nell’economia politica classica, gli interessi di classe sono fondamentalmente diversi dagli interessi individuali e non possono derivare da essi.
Per il fatto che uno strato sociale occupa una specifica posizione all’interno delle strutture sociali particolari e dei rapporti di produzione, gli appartenenti ad esso hanno interessi solo potenzialmente comuni: il passaggio della potenzialità alla realtà, per cui la classe in se (Klasse an sich) diventa classe per se (Klasse fur sich), si ha soltanto quando gli individui che occupano posizioni simili si trovano coinvolti in lotte collettive e insieme sviluppano una rete di comunicazione che li rende consapevoli della loro sorte comune.
Soltanto allora gli individui diventano parte di una classe saldamente unita che con consapevolezza organizza i propri interessi comuni.
[…]

Come Marx affermava, che la classe lavoratrice, una volta verificatesi le condizioni necessarie, sarebbe stata portata a sviluppare un propria coscienza di classe, così, con un ragionamento analogo giungeva a sostenere che la borghesia, a causa dei rapporti concorrenziali esistenti tra produttori capitalisti, non sarebbe stata in grado di sviluppare una coscienza totale dei suoi interessi collettivi.
Gli economisti classici rappresentavano il sistema economico basato sull’economia di mercato come un sistema in cui, pur essendo ciascuno impegnato nella ricerca del proprio interesse e teso unicamente a rendere massimo il proprio profitto, contribuiva ciò nonostante a realizzare gli interessi e l’armonia del tutto.

Differenziandosi nettamente da essi, Marx sosteneva che *ognuno, lavorando nel suo interesse, contribuisce al funzionamento necessario e alla distruzione finale del sistema* (cfr. Le tappe del pensiero sociologico – Raymond Aron).
Mentre gli ‘utilitaristi’ consideravano l’interesse individuale l’elemento su cui si poggia l’armonia della società, Marx vedeva negli interessi individualmente perseguiti dai capitalisti la forza che avrebbe corroso il loro generale interesse di classe e avrebbe condotto all’autodistruzione finale del capitalismo: proprio il fatto che ciascun capitalista agisce razionalmente per il perseguimento del proprio esclusivo interesse determina crisi economiche sempre più profonde e quindi la distruzione dei comuni interessi.
[…]

E’ vero che, secondo Marx, i capitalisti avrebbero potuto trovare anche qualche forma di superamento del loro esclusivo ed immediato interesse, ma egli riteneva che ciò si sarebbe realizzato non tanto nel settore economico quanto in quello politico e ideologico.
Divisi tra loro dalla concorrenza economica, i capitalisti sviluppavano un’ideologia legittimante e un sistema di dominazione politica funzionale rispetto ai loro interessi collettivi: *lo Stato è la forma in cui gli individui di una classe dominante fanno valere i loro interessi comuni* (cfr. L’ideologia tedesca).
*Le idee della classe dominante sono… le idee dominanti* (cfr. ibidem).
[…]

Quando le condizioni economiche fossero state mature, quando la classe lavoratrice unita dalla solidarietà (ahahahah, scusate, ndr), cosciente dei propri interessi comuni e stimolata da un appropriato sistema di idee, avesse affrontato i suoi antagonisti disuniti, si sarebbe realizzata la condanna del dominio borghese.
Una volta che i lavoratori fossero diventati consapevoli di essere alienati dal processo di produzione, sarebbe iniziato il tramonto dell’era capitalista”.
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Ora, qui, non discutiamo se il pensiero di Marx sia buono o cattivo. A me, pare quasi ingenuo, se paragonato alle ‘classi’ lavoratrici di oggi, alcune e non poche ‘cosiddette lavoratrici’.
Quello che Marx non poteva sapere, che gran parte dei ‘lavoratori’ anziché perseguire la strada della solidarietà, hanno occhieggiato al sistema borghese (nel loro caso: piccolo borghese), salvo poi ‘mobilitarsi’ a comando, e con tamburi, fischietti cappellini vari, dando uno spettacolo di ‘miseria umana’agli occhi di chi ‘attonito’ assiste all’ennesima rappresentazione della stupidità umana, questa sì, classe dominante. 🙂

Se il buon Karl, avesse la possibilità di scendere nella realtà che stiamo vivendo, sai quanti calci assesterebbe, a destra e a manca, dopo essersi reso conto che, tutto il suo impegno e il suo studio, è stato usato come ‘pretesto’ o come ‘scudo’ per portare avanti, in maniera indegna, la solita vecchia storia: mors tua, vita mea.
E al diavolo la lotta di classe… o no?
Poi, ci si lamenta della classe politica che ‘imperversa’ e della sinistra “𝖆𝖚 𝖈𝖆𝖛𝖎𝖆𝖗” che pontifica…
Ma vogliamo aprirli gli occhi e le menti, o andiamo avanti così ‘facendoci del male’, come diceva un ‘𝖌𝖎𝖗𝖔𝖙𝖔𝖓𝖉𝖎𝖓𝖔’ che ha smesso, perché gli girava la testa…
(𝕔𝕚𝕥𝕒𝕫𝕚𝕠𝕟𝕖 𝕟𝕠𝕟 𝕞𝕚𝕒 😉 )
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Penso che ci sia materiale a sufficienza per una approfondita “riflessione” … che nessuno farà, almeno nella attuale realtà sociale …
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