SCIE … naturali o innaturali ?


4371

Questo argomento è assolutamente osteggiato e deriso dai media mainstream e dai governi; se qualcuno ne fa cenno viene da tempo coperto di insulti e frasi di scherno, scatta subito l’etichetta di ‘complottista’, si butta in caciara e lo fanno passare per una macchietta.
Eppure di tutto si può discutere in maniera obiettiva ed argomentando le proprie tesi.
Ognuno può formarsi poi una propria opinione in merito;
ma questo dovrebbe essere fatto sempre;
è opportuno informarsi ed approfondire argomenti che non si conoscono;
troppo facile, ma quasi sempre sbagliato, esprimersi con un ‘si’ oppure con un ‘no’ per partito preso o per sentito dire.

Questo filmato (ma è solo uno dei tanti) mostra e descrive alcune situazioni in maniera seria (altro che burla), cercando delle possibili spiegazioni; certo che il parere degli autori è orientato in una determinata direzione (ovviamente diversa da quella ‘ufficiale’) ma non sembra comunque essere opera di esagitati creduloni;
il video fa vedere delle immagini meritevoli di essere divulgate, cercando di commentarle in maniera razionale, pone delle domande e fornisce delle risposte, ognuno è libero poi di valutare e giudicare entrambe; ognuno può formarsi una propria opinione, dicevo, ma non potrà mai farlo in maniera compiuta se prima non cerca le risposte a tali domande …
Non anticipo quale sia la mia opinione perché non voglio influenzare nessuno di voi, vi invito soltanto a visionarlo …

Non cercate mai le risposte altrui … cercate le vostre … qualunque sia l’argomento.

Ecco il messaggio veicolato da questo mio post.

PS – se qualcuno credesse una bufala il fatto che il clima venga ‘manipolato’ dall’Uomo suggerisco di ‘cercare’ (tanto per iniziare), ad esempio, il progetto (ammesso anche dal Governo UsA) HAARP …

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§

Avvisaglie d’Apocalisse


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4369

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Un orso in pessime condizioni, seduto mentre rovista tra i rifiuti in fiamme di una discarica a cielo aperto alla ricerca di cibo.
Lo scatto realizzato da Troy Moth, fotografo canadese, colpisce per la crudezza dell’immagine.
Tanto che il fotografo, quando si trovò per la prima volta di fronte ad un panorama così desolante, non ebbe il coraggio di immortalare la scena.
“Una volta arrivato in quel luogo incredibile non riuscii a scattare”, ha spiegato.
“Il giorno dopo decisi di tornare, ero più preparato ad affrontare quella situazione”.
Moth si trovava in una comunità remota dell’Ontario, in Canada, per girare un documentario.
Davanti a lui un’intera vallata disegnata con toni apocalittici: una natura selvaggia invasa da rifiuti umani.
Nel mezzo un orso, seduto.

4370
“Ho pianto quando ho scattato la foto, ho pianto quando ci ho lavorato, e di nuovo ho pianto tante volte quando ho ripensato a quel momento. E’ sicuramente la fotografia più straziante che io abbia mai scattato”, ha scritto Moth condividendo sulla sua pagina Instagram lo scatto, chiamato ‘Invisible Horseman – 2017 (il Cavaliere Invisibile), con un chiaro riferimento ai cavalieri dell’Apocalisse.
“Il tema dell’Apocalisse è molto evidente in questa fotografia; l’ho percepito quando ho preso la macchinetta e ho scattato la foto; mi trovavo in un luogo isolato, non c’era nulla per miglia e miglia, solo rifiuti e natura.
In quel momento ho realizzato come tutto quello fosse distante da noi, come tutto quello fosse in realtà invisibile agli occhi umani”.

§

 

 

Opinione Pubblica – Opinione Personale


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4227

Tratto da POLITICA PER UN FIGLIO
di Fernando Savater
dal capitolo
DIZIONARIO DEL CITTADINO CHE NON HA PAURA DI SAPERE
Opinione pubblica / Opinione personale

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“I mezzi di comunicazione sono un fattore indispensabile nell’esercizio della cittadinanza democratica.
Configurano lo spazio pubblico in cui i cittadini si incontrano virtualmente, ricevono (e danno) informazioni, captano chiacchiere e pettegolezzi, presenziano a polemiche e sono al corrente delle proposte dei leader politici.
Ciò che nella democrazia ateniese fu l’agorà, la pubblica piazza dove si andava per incontrare e ascoltare gli altri, oggi sono la carta stampata, le televisioni, la radio, i blog e tutto il variegato panorama di Internet.

4364

Non esistono mezzi di comunicazione perfettamente neutrali e obiettivi.
Può non essere impossibile informare sulla realtà, o commentarla, senza prendere posizione, ma è ovviamente impossibile farlo senza assumere un punto di vista fra i molti possibili.
Se varie persone riunite nelle stessa stanza devono raccontare agli altri ciò che vedono dalla finestra, è quasi sicuro che ognuna di esse darà risalto a degli eventi o dei tratti del paesaggio omettendone altri, secondo i propri interessi, i propri gusti o i propri valori morali.

4365

Per ‘renderne conto’ (agli altri) di ciò che accade o di ciò che si vede bisogna, innanzi tutto, ‘rendersi conto’ (individualmente) di come stanno le cose: e ci rendiamo conto soltanto di ciò che preferiamo, di ciò che è importante per noi secondo ciò che siamo e che cerchiamo.
Molte volte, quando informiamo gli altri di ciò che consideriamo importante, diamo più notizie di noi stessi che non della realtà.
Per non parlare della volontà di ingannare o di manipolare il prossimo (o anche di ‘orientarlo’ per il suo bene), quasi mai del tutto assente nei grandi media
(dovrebbe esserci una materia scolastica che insegnasse a leggere i giornali, guardare la televisione, ascoltare la radio e maneggiare le fonti delle informazioni del web) (Sì, vabbè, aspetta e spera … ndr).

4366

Non è mai sufficiente una sola agenzia stampa o una sola emittente audiovisiva, per quanto possa sembrare affidabile.
Dobbiamo imparare ad analizzare anche i motivi per cui accettiamo più facilmente e meno criticamente certi dati o punti di vista rispetto ad altri (è quasi inevitabile avere dei pregiudizi, ma non guasta farsi un esame di coscienza, di tanto in tanto).
L’obiettivo non è, e non deve essere, avere una ‘opinione pubblica’ solida, piuttosto una ‘opinione personale’ abbastanza fondata e informata.

4367

Hannah Arendt fece una distinzione netta fra le due cose: la cosiddetta ‘opinione pubblica’ ha sempre qualcosa di prevaricante, perfino di totalizzante (una volta decretata, i cittadini hanno paura di dissentire da essa e l’accettano come uno dei tanti automatismi della loro vita); invece la ‘opinione personale’ è il segno distintivo del cittadino maturo, vale a dire, di chi lotta contro l’ignoranza che limita la nostra libertà.
E’ evidente che l’opinione personale non deve per forza allontanarsi da quella generale, od opporsi necessariamente a essa [quelli che pensano sempre il contrario rispetto alla maggioranza (pensante però ndr) sono in errore quanto i conformisti (cioè i non pensanti ndr)]: ciò che conta è come le persone arrivano a formarsi un’opinione personale, non ‘l’originalità’ di quest’ultima.
In altre parole, è importante tentare di arrivare da soli alle informazioni per poter pensare meglio, e non accumulare saperi altrui, acriticamente accettati che ci dispensino dal compito di pensare con la nostra testa.”

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4368

Ecco dimostrata l’importanza del pensiero critico;
Wikipedia ci dice che “Il pensiero critico è un tipo di pensiero caratterizzato dai processi mentali di discernimento, analisi, e valutazione; comprende processi di riflessione su aree tangibili ed intangilbili con l’intento di formare un giudizio solido che riconcilia l’evidenza empirica con il senso comune”.
Partendo da questa spiegazione, volgendo lo sguardo intorno a noi, alla televisione, ai giornali, alla politica ed anche, ultima ma non ultima, alla gente credete che siano in molti coloro che “discernono, analizzano e valutano” ?
Oppure pensate che la maggioranza segua acriticamente (e beotamente) l’onda ?

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Trattato Onu contro le armi nucleari, la NATO proibisce ai 29 Stati Membri di aderire (e nessuno si indigna)


 

A parte Manlio Dinucci su il Manifesto, qualcuno lo scriverà in questo Paese dove vige (almeno dicono) la libertà d’informazione?

Sorgente:     Trattato Onu contro le armi nucleari, la NATO proibisce ai 29 Stati Membri di aderire (e nessuno si indigna) – World Affairs – L’Antidiplomatico

Vuoto (parte seconda)


§

Proseguiamo il nostro ‘viaggio’ nel pensiero dell’autore sull’universo dei giovani, in cui ci rappresenta una descrizione (amara) di una parte di loro;
Io lo leggo come una denuncia e non come una semplice constatazione, uno sprone a ricercare delle soluzioni e dei cambiamenti che migliorino l’attuale situazione.
Ovviamente ciò sarebbe fattibile solo nell’ambito di una operazione (e non basterebbe un restyling) che riguardi l’Uomo nella sua interezza e non solo in una parte della sua vita.

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3850

Da I VIZI CAPITALI E I NUOVI VIZI
di Umberto Galimberti
eccovi la seconda parte del capitolo
VUOTO
(la prima parte la trovate qui)

“L’OTTIMISMO EGOCENTRICO
Quando l’indifferenza emotiva si coniuga col fatalismo connesso al concetto di destino (sono fatto così), il vuoto si esprime in quell’ottimismo egocentrico di cui parla il sociologo Falko Blask, nel suo ‘Q come caos’ (1996).
*Meglio esagitati ma attivi, che sprofondati in un mare di tristezza meditativa, perché se la vita è uno stupido scherzo, dovremmo almeno poterci ridere sopra*.
Portando alle estreme conseguenze il principio di non dover mai chiedere il permesso a nessuno, gli ottimisti egocentrici non chiedono più nulla nemmeno a se stessi, e si dedicano totalmente al compito di inventare nuove regole del gioco laddove grava la routine.

4359

Inscenano in questo modo tutta la loro vita come un esperimento sociale dall’esito incerto e vanno su di giri al semplice e esaltante pensiero che ciascuno nella propria vita va in diretta ventiquattro ore su ventiquattro.
Il loro modo di relazionarsi alla vita prevede infatti che si agisca come virtuosi dell’irresponsabilità, sena nessun riguardo per la propria storia personale, senza rispettare impegni e senza temere le eventuali conseguenze del proprio agire, dal momento che tutte le scelte sono disponibili e quelle effettuate tutte revocabili.
Dalla perdita di identità, che si costruisce solo con la consequenzialità delle nostre azioni e con l’irrevocabilità delle scelte, nasce quel frazionamento psichico, dove l’identità vive nel gesto misurato non sulla scala del bene e del male, di cui non si distingue più il confine, ma sulla scala della noia e dell’eccitazione, della ripetizione e della novità.
Nell’esperienza ormai assaporata da questi giovani circa la loro non incidenza, neppur minima, nel cambiare le regole di una società tecnologicamente ed economicamente, ma non politicamente o moralmente ordinata, ognuno va alla ricerca della nicchia adeguata dove poter mettere in scena la propria disarticolata avventura, che appare naturalmente come un’esplorazione delle sconosciute possibilità dell’esistenza.
[…]

4358

L’INERZIA CONFORMISTA
Tra le forme del vuoto, è la più diffusa.
Essa è caratterizzata da quella ‘rassegnazione contenuta’ così ben descritta da una ricerca dell’Eurisko, là dove si parla della ‘tipologia degli abbastanza’ con riferimento a quei giovani che vanno abbastanza d’accordo con i loro genitori, i quali concedono loro abbastanza libertà.
Hanno abbastanza voglia di diventare adulti, ma non troppo in fretta.
Nessun progetto per il futuro anche perché non ci sono abbastanza opportunità, nessun ideale da realizzare anche perché non ce ne sono di abbastanza coinvolgenti.
Sono giovani che si riconoscono per il loro basso livello di auto-considerazione, per loro sensibilità gracile, introversa, indolente, per la loro inerzia provocata da un’eccessiva esposizione agli influssi della televisione e di Internet.
Un’unica preoccupazione: procurarsi un’incredibile quantità di tempo libero per assaporare fino in fondo l’assoluta insignificanza del proprio peso epocale.
[…]
Il tutto condito con un acritico consumismo, reso possibile da un’inedita disponibilità economica che, per disinteresse o per snobismo. questo giovani neppure utilizzano, perché le cose sono a disposizione prima ancora di averle desiderate.
E così, a questo tipo di giovani viene attribuita una valenza di ‘mercato’ prima ancora che di identità.
Su di essa si buttano le nuove aree di profitto che hanno fatto (cinicamente ndr) proprie le istanze stilistiche, comportamentali ed espressive tipiche della loro condizione psichica che la pubblicità, la produzione dell’abbigliamento, le agenzie di viaggio e l’industria del divertimento hanno decodificato molto meglio di quanto non abbiano fatto le statistiche sociologiche, le analisi psicologiche del profondo, la cultura devitalizzata della scuola, dove molti insegnanti non avvertono alcuna corrispondenza tra quanto si apprende in classe e quanto si intravede dalla finestra.
E che c’è fuori da quella finestra?
[…]

4356

*Al di là dei vetri c’è l’America, la cui scoperta è questione di mesi per qualsiasi ragazzino del pianeta.
Il tempo di essere svezzato, di appropriarsi delle categorie del discernimento e l’America diventa uno stato mentale*.
(cfr: GLI SPRECATI – I turbamenti della nuova gioventù – 1995 – di Stefano Pistolini)
A questo punto incomincia quell’emigrazione verso il modello americano da parte di legioni di adolescenti e ventenni che porta a quelle ‘omologazione planetaria’ che Pier Paolo Pasolini (rimasto inascoltato, ndr) denunciava come il rischio maggiore
per le generazioni future le quali, deprivate dalle specificità locali ormai umiliate, sarebbero rapidamente entrate in crisi di identità.
[…]
In questo modo tra i quindici e i venticinque anni, quando massima è la forza biologica, emotiva e intellettuale, molti giovani vivono parcheggiati in quella terra di nessuno dove la famiglia non svolge più alcuna funzione e la società nessun richiamo, dove il tempo è vuoto, l’identità non trova alcun riscontro, il senso di sé si smarrisce, l’autostima deperisce.
Ma che ne è di una società che fa a meno dei suoi giovani?
E’ solo una faccenda di spreco di energie o il primo sintomo della sua dissoluzione?
Forse l’Occidente non sparirà per l’inarrestabilità dei processi migratori, contro cui tutti urlano, ma per non aver dato senso e identità, e quindi aver sprecato le proprie giovani generazioni.”

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la Povertà moderna


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Lo Stato non dedica più le sue attenzioni alla povertà con lo scopo primario e fondamentale di tenere in buone condizioni i poveri, ma con quello di sorvegliarli e di evitare che facciano danni o che creino problemi, controllandoli, osservandoli e disciplinandoli.

Zygmunt Bauman

(il dipinto è opera di James Campbell)

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4362

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immagine e testo tratti da  INFORMAZIONE LIBERA

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è sempre una questione di CoeRenzi


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… e fosse solo un problema di coerenza (quella ormai nella politica italiana è morta e sepolta da tempo) …

vorrei dare un suggerimento ai truffati dalle banche :
lasciate ogni speranza, o voi che entrate
in contatto con le banche dal PD salvate …

Certo è che cose come questa oltre (solo apparentemente inspiegabili) fanno cadere le braccia (per non dire peggio).

😦

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4361

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4363

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immagini reperite sul Web

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Ingranaggio Uomo


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4360

“Nel capitalismo l’attività economica, il successo, i guadagni materiali diventano fini in se stessi.
Diventa destino dell’uomo contribuire allo sviluppo del sistema economico, accumulare il capitale non per la propria felicità o salvezza, ma come fine in sé.
L’uomo diventa un semplice ingranaggio dell’immensa macchina economica.”

(Erich Fromm – Fuga dalla libertà)

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testo ed immagine tratti da
Realtà, inganno e manipolazione

 

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Vuoto (prima parte)


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3850

Tratto da
I VIZI CAPITALI E I NUOVI VIZI
di Umberto Galimberti
Capitolo VUOTO

“Dedicato ai giovani.
Non a tutti, naturalmente.
E non così tragico come gli altri vizi, perché nel giovane tutto è modificabile.
‘Vuoto’ qui allude al nichilismo giovanile come speranza delusa circa la possibilità di reperire un senso, inerzia in ordine a un produttivo darsi da fare, sovrabbondanza e opulenza come addormentatori sociali, indifferenza di fronte alla gerarchia dei valori, noia, ‘spleen’ senza poesia.
Incomunicabilità, non come fatto fisiologico tra generazioni, ma come presa di posizione.
Un vuoto pieno di rinuncia, assordato solo dalla musica a tutto volume.
Tutti questi fattori scavano un terreno dove prende forma quel genere di solitudine che non è la disperazione che attanaglia quanti un giorno hanno sperato, ma una sorta di assenza di gravità di chi si trova a muoversi nel sociale come in uno spazio in disuso, dove non è il caso di lanciare alcun messaggio, perché non c’è anima viva che lo raccolga, e dove, se si dovesse gridare ‘aiuto’, ciò che ritorna sarebbe solo l’eco del proprio grido.
[…]
Da questo scenario, comune a tutto il mondo giovanile, il vuoto, quando insidioso guadagna spazio sottraendolo ai progetti costruttivi, assume tendenzialmente tre forme:
LA FREDDEZZA RAZIONALE
Ha luogo quando il cuore, un tempo tumultuoso e invocante, si fa piatto, non reattivo, pronto a declinare ora nella depressione ora nella noia.
E quando la tempesta emotiva si abbatte sul cuore, ormai arido perché mai irrigato, si comprime tutto con le difese impenetrabili approntate dalla buona educazione, dalle buone maniere, dal buon allenamento nella palestra gelida della razionalità.
Tutto bene dunque? All’apparenza sì, tutto bene.
A scuola non si va male, col prossimo ci si sa comportare, ci si sa vestire anche bene, con le maschere che si indossano e si sostituiscono l’allenamento è collaudato.
[…]
Finché alla fine tutto esplode, la compressione della razionalità mai diluita nell’emozione, la difesa delle buone maniere che ormai, persino a propria insaputa, fanno tutt’uno con la insincerità, la noia, che come un macigno comprime la vita emotiva, impedendole di entrare in sintonia col mondo, formano quella miscela che sotterra l’Io (o il sé) di questi giovani a cui è stato insegnato tutto, ma non come ‘mettere in contatto’ il cuore con la mente, e la mente con il comportamento, e il comportamento con il riverbero emotivo che gli eventi del mondo incidono nel loro cuore.
Queste ‘connessioni’ che fanno di un uomo un uomo non si sono costituite, e perciò nascono biografie capaci di gesti tra loro e a tal punto slegati da non essere percepiti neppure come propri.
E questo perché il cuore non è in sintonia con il pensiero e il pensiero con il gesto.
[…]
I figli, come gli animali, sentono quando c’è la paura dei genitori per la loro vita, e, quando non c’è sentono il loro sostanziale disinteresse emotivo.
Soli, da piccoli, affidati alla televisione o alle prestazioni mercenarie dell’esercito della baby sitter, questi figli, figli del benessere e della razionalità, crescono con un cuore dapprima tumultuoso che invoca attenzione emotiva, poi, quando questa attenzione non arriva, giocano d’anticipo la delusione e il cinismo per difendersi da una risposta d’amore che sospettano non arriverà mai.”

FINE PRIMA PARTE

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Voglio sottolineare l’importanza della seconda riga di questo testo, a scanso di equivoci.
ciò non toglie però che l’analisi fornita riguarda un numero troppo elevato di persone che sono effettivamente rispondenti alla descrizione … purtroppo …

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Vivere senza ‘sapere’


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In questo caso per ‘sapere’ intendo proprio ‘sapere’, cioè conoscere i fatti  …
quello che accade ma che i media si guardano bene dal dire.

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4355

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124’000 PER LE CRAVATTE DEI POTENTI DEL G7

Ovviamente i nuovi nobili si guardano bene dal diffondere i costi delle loro gozzoviglie pagate dai sudditi.
Soldi che, in tempi di ristrettezze economiche, potrebbero essere usati per scopi ben più utili (scuola, sanità, messa in sicurezza del territorio…).
Qualcosa però alla fine trapela.
Sul sito della presidenza del consiglio dei ministri è stato pubblicato qualche giorno il bando per la “Fornitura di cravatte e foulard da utilizzare come omaggi personalizzati con il Logo della Presidenza per Personalità istituzionali, Delegati e giornalisti, in occasione delle riunioni ufficiali della Presidenza G7”.
I gadget per i potenti sono costati € 124.140,00.

Non osiamo pensare quanto ci stanno scucendo per i loro bagordi alla reggia…

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immagine e testo tratti da  Torino ReSet G7

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Direi che commentare è altamente superfluo …

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Fragilità & Civiltà


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4245

Tratto da L’UOMO DI VETRO di Vittorino Andreoli
ecco uno stralcio del lungo capitolo FRAGILITA’ E CIVILTA’

Ci racconta in modo sferzante e senza remore la sua analisi di un particolare periodo storico di questo Paese; un periodo che ha segnato in maniera indelebile i 50 anni successivi.
Sono sue opinioni (di una decina di anni fa) e quindi si può concordare oppure no (anche se i fatti descritti sono sotto gli occhi di tutti);
io faccio fatica a trovare qualcosa in quello che ho letto con cui non concordo.

§

“[…]
E’ bene richiamare che tutto quanto ha ispirato questi eventi (il ’68 ndr), l’idea di fondo, non è affatto criticabile se non altro perché risponde a un criterio di giustizia distributiva che socialmente rimane ancora di grande significato.
Inoltre a sostenere queste idee non erano soltanto dei giovani proletari, ma anche persone e personaggi di alta estrazione borghese e persino del capitalismo più solido (quindi non quello ‘straccione’ come scrisse il Time ndr) tra quello esistente nel nostro paese (Olivetti docet ndr).

4349

La certezza che la società sarebbe mutata proprio per l’inserimento di componenti che prima erano escluse da posizioni di prestigio e comunque di comando, si mostrò un’illusione delle più inattese: un vero disastro.
Il proletariato, giunto al comando, si comportava esattamente come gli habitué del potere, anzi con un’arroganza ancora più odiosa e con un’enfasi che aveva un carattere compensativo e che dunque non era disposto a lasciare a nessun prezzo.
Un attaccamento più adesivo di quello che mostrava chi occupava quel territorio da tanto tempo e che, al confronto, conquistava simpatia.
La classe, che aveva vissuto tra le difficoltà, che era stata sopraffatta dai potenti, giunta alla medesima posizione si manifestava gretta, senza più interesse per il movimento che aveva animato.
Nacque un gruppo di potere cieco e conservatore come da tempo non si era visto. Al confronto, il vecchio potere aveva un stile di gestione da preferire alla sospettosità, all’arroganza, persino alla maleducazione di chi vi era sopraggiunto.
Uno dei risultato del Sessantotto fu certamente un sindacata più forte.

4350

Un’organizzazione che raggiunse obiettivi storici, come lo Statuto dei Lavoratori, ma che creò anche una burocrazia sindacale formata da migliaia di persone che ormai erano passate dalla fabbrica agli uffici, dalle ferriere alle riunioni generali per parlare di sviluppo economico e di pianificazione della società.
Temi che venivano affrontati spesso senza una competenza, ma con la pretesa di un diritto puramente di forza.
La rottura di ogni trattativa voleva dire sciopero.
Uno strumento di significato indiscusso, una modalità per far sentire la propria voce dopo secoli in cui quella voce non contava nulla, erta diventato un balzello di condizionamento, sovente contrario all’economia e ai posto di lavoro.

4351

Un sindacato diviso in infinite sigle, talora di dimensioni numericamente ridicole ma in grado di bloccare un’intera attività produttiva.
E ormai c’è lotta tra sigle, tanto da fare dell’unità dei lavoratori una pura e pia illusione.
E così si giunge al sindacato come potere, alla logica perversa del fare perché si può, per dimostrare di esistere e non per questioni di estrema rilevanza.
E il sindacato si è reso corresponsabile della disoccupazione e del trasferimento del lavoro in aree e in Paesi in cui il costo del lavoro è minore.
Aziende finite con il colpo di grazia del sindacato e altre difese approvando sovvenzioni statali ingiustificate.
E’ triste vedere al comando chi prima era succube, agire con tracotanza da vecchio classismo cieco, clonato esattamente in chi si era opposto allo stesso potere e a quello stile.
La classe padronale godeva di benefici e otteneva ciò che voleva, evadeva le tasse perché controllava i controllori del sistema fiscale.
Ora si sono aggiunti anche gli ex proletari al potere che usano lo stesso sistema.
Attorno a una villa padronale nascono ormai ville moderne costruite dall’arroganza e dall’imbroglio del potere del sindacalista, del piccolo artigiano, del piccolo imprenditore e del laureato della nuova generazione dei beneficiato del Sessantotto.
Tra i politici prima c’era una ‘crème’ inutile e inamidata, adesso una élite di ignoranti capaci solo di furbizie, incurante di nulla se non di accrescere il proprio piccolo potere, e che, per la caratteristica insita nel potere, è destinato ad aumentare, moltiplicando le azioni ‘criminose’ compiute con avvocati e commercialisti al limite della legge: i professionisti delle azioni sporche e dalle carte pulite.
[…]

4352

Allora, prima del Sessantotto, i corrotti erano pochi e grossi.
Ora sono molti e nessuno ricorda più che c’è un’etica o, se ne parla, è per occupare serate inutili.
Bisogna pur fare quello che i ricchi facevano, e in fondo il vero sogno dell’impotente è di diventare potente e del succube di farsi padrone di succubi.
[…]
Il riferimento alla morale si impone allora con forza: mai come in questo momento si parla di eticità, del bisogno di riportare le regole dentro i piccoli gruppi o le grandi istituzioni, dentro la società; e si inventano commissioni di controllo, definite etiche, a ogni livello.
Ebbene questo accade in un periodo storico mai è stata tanta l’immoralità (ormai trasformatasi in amoralità ndr).
Si constata regolarmente che le commissioni sono presiedute e composte da persone che si sono macchiate delle immoralità più evidenti e che insensibilmente pontificano sui principi e sui criteri per affermare la morale sociale.
Del resto, ne abbiamo accennato, l’unica spia della moralità nel singolo è il senso di colpa, quel malessere che uno prova di fronte a un’azione compiuta quando è diversa da quella che invece avrebbe dovuto fare.
La colpa è lo scarto tra ciò che si è fatto e ciò che si doveva fare, tra l’essere il il dover essere.
Un confronto semplicemente morto poiché nell’immoralità non c’è un dover essere, ma semplicemente si fa ciò che l’occasione offre e che garantisce un vantaggio proprio, non importa come e perché.
[…]
Ecco su cosa si fonda quella strana impressione di trovarci alla fine di una civiltà, sulla constatazione che tutte le grandi innovazioni sociali che erano servite a caratterizzare un periodo storico ora non portano se non effetti mascheratamente di imbroglio: il Diritto aveva fatto grande l’Impero Romano, l’etica era stata la grande invenzione della ‘polis’ greca, i due monumenti fondanti di una grande civiltà che ora vede le istituzioni somme fallite: la Stato e la Chiesa.”

§

 

Scegliere la libertà di scegliere i propri stati mentali


§

4286

Dal libro ampiamente già ‘depredato’ LA CAPRA CANTA di Ludovica Scarpa vediamo cosa ci racconta il capitolo SCEGLIERE LA LIBERTA’ DI SCEGLIERE I PROPRI STATI MENTALI

Tratta di un argomento complesso (ma lo fa con parole semplici) che crea problemi a tanti e che non tutti sono in grado di affrontare e superare; oggi forse molto più di ieri.

§

“Nessun sceglie consapevolmente di essere di cattivo umore, quindi, se a volte lo siamo, ci sarà un motivo indipendente dalle nostre preferenze: come possiamo occuparcene?
I nostri stati mentali sono fenomeni naturali, proprio come noi stessi.
Tuttavia sono fenomeni naturali ben diversi dagli altri, in quanto ‘non’ sono determinati in modo ‘necessario’: lo snodo della libertà di scelta ci rende liberi dal determinismo.

4343

Ad esempio, se lascio andare la tazza che ho in mano questa sicuramente cadrà, mentre di fronte a un qualsiasi avvenimento persone diverse reagiscono dando significati diversi, e si sentiranno e si comporteranno in modo completamente diverso e tendenzialmente imprevedibile.
Ci sentiamo vittime del nostro umore, o ci accorgiamo del nostro potere nei suoi riguardi, di come questo abbia a che fare col nostro focalizzarci su alcuni aspetti e significati che assegniamo all’esistenza, o su altri?
Ci accorgiamo della nostra libertà di scelta?
Ne facciamo uso?
E’ davvero possibile cambiare consapevolmente i nostri stati mentali?
[…]

4344

Elena Piacentini – Stati Mentali

Se abbiamo mai fatto l’esperienza di preoccuparci improvvisamente, sappiamo quanto sia facile cambiare in peggio il nostro stato mentale: basta focalizzare l’attenzione su quel che non ci piace o ci manca o ci infastidisce.
Se è possibile peggiorare uno stato mentale è possibile variarlo anche nell’altra direzione.
Se scelgo di lavorare sui miei stati mentali, come posso rimanere autentico?
L’essere umano autentico si occupa della propria crescita personale, riflette sui propri automatismi, migliora e impara nuovi modi di porsi, poiché non si dà, per definizione, un essere umano guidato dagli istinti.
Eccentrici a noi stessi, con le nostre preferenze intorno alle nostre stesse preferenze, possiamo prenderci cura dei nostri stati mentali in modo autentico, da tipico essere umano inquieto.

4345

Nello stesso osservarli cambio il mio modo di pormi e di sentirli: mi distacco quanto basta per riuscire a vederli, e nel distaccarmi posso sentire che, se anche sono parte della mia attuale esperienza, non è necessario che mi identifichi con loro, con nessuno dei livelli che individuerò.
Posso ad esempio sentirmi incerto sul da farsi: posso osservare l’esperienza dell’incertezza e osservare che mi innervosisco, dato che preferirei non essere incerto, per cui a un livello superiore mi dico *dovresti essere meno incerto!*.
Posso osservare questi livelli come se non fossero miei, in modo imparziale.
[…]
Il livello più difficile da osservare è quello dei valori che costruiscono la nostra identità.
Nel scegliere di far uso della libertà di scegliere i nostri stati mentali assegneremo altri significati, una volta identificati con l’osservazione distaccata quelli che diamo di solito, e una volta descritto in modo non giudicante quanto avviene, come fosse un fenomeno delle scienze naturali, da studiare in laboratorio.

4347

Che la nostra mente sappia osservare i propri stati mentali e, nel farlo, occuparsene con accettazione e sollecitudine è un fenomeno naturale: lo è la mente che coltiva la sua intrinseca risorsa di potersi occupare di se stessa.
E lo fa a volte criticandosi come quando ci diciamo *non dovrei sentirmi così*.
Esprimere un dovere rispetto a un modo di sentirci è inutile: l’emozione è un segnale, si tratta di capire ‘come’ viene prodotta dalla nostra mente, sulla base di quali bisogni e giudizi.
Se ci critichiamo per come ci sentiamo, alla sensazione in sé si aggiunge un senso di impotenza, dato che non è possibile riuscire a ‘sentirci in un modo x’ appellandoci al senso del dovere.
Tuttavia, se la mente è in grado di stabilire un dialogo interiore critico e distruttivo ne può stabilire anche uno costruttivo e amorevole, e quindi accettante, di quello che al momento è-come-è.
Il primo strumento dell’antropologo dell’esperienza è abituarsi a ‘descrivere’ ogni cosa: quel che vede e quel che sente, dentro di sé, in quanto ‘fenomeni dell’esistenza in generale’, sospendendo qualsiasi pregiudizio, identificazione o valutazione, e, se ne notiamo qualcuno nella mente, descrivendolo anch’esso in quanto tale, senza parteggiare e ‘creder loro’.

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Così, per certi versi, siamo liberi dagli influssi del mondo: le cose che ci accadono non sono la causa di come ci sentiamo, lo sono i ‘significati’ che noi diamo ad esse.

La mente è libera, in questo senso, e vive in un mondo suo, ricco di alternative e significati, immaginazioni e altri ‘film’ “
[…]
La libertà di scegliere è sempre potenzialmente a disposizione, è nostra solo se ce ne rendiamo conto: non ci è ‘concessa’, né ‘data’, né quindi è richiedibile, come del resto non è eliminabile.
Chi sceglie la libertà di scegliere è tendenzialmente libero da condizionamenti.”

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Intorno ai concetti ottimamente espressi da questo testo, ruotano gran parte dei problemi che creano ‘disagi’ in un numero sempre più numeroso di persone che, incapaci di elaborare come suggerito, preferiscono alienarsi ed abdicare, mettendosi nelle mani di ‘terzi’ sperando che surroghino le loro ‘debolezze’.
Questo vale anche per la politica e la società.
Ed ecco spiegato come siano comparsi sulla scena tanti burattinai che muovono i fili delle menti incerte e indecise, portandoli dove vogliono, con massicce dosi di retorica e demagogia.
E da questo circolo chiuso, se non si ha il coraggio di essere se stessi sempre, quindi conoscendosi dopo un più o meno lungo lavoro di introspezione, non se ne esce.
(cit)

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