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Penso che possiate constatare come il ‘dibattito’ sull’essere o sull’apparire si protragga da secoli e, temo, che si protrarrà ancora per molto…
Purtuttavia, se i messaggi che i filosofi ci hanno tramandato, sono chiari e condivisi, non rimane che applicarli alle nostre vite, sia personali che relazionali.

Scoprirete, ammesso che non l’abbiate già fatto, che non è poi così difficile ‘capire o scoprire’ gli altri.
Occorre un po’ di tempo, che è proporzionale alla quantità di ‘mistificazioni’ dell’altro, ma – alla lunga – quello che veramente si ha dentro, viene fuori… e allora, occorrono solo gli occhi per vedere, non per guardare solamente.
Poi le possiamo chiamare: percezioni, appercezioni, intuti, istinti o come volete, ma si tratta SEMPRE della genuinità della nostra anima al lavoro, come un moderno scanner o ecografo.
( citazione )
citazione sulla quale concordo pienamente (non so voi) …
certo l’opera sui social è resa più ardua dalla mancanza di contatto “diretto” in quanto anche il “linguaggio non verbale” riveste un carattere di grande importanza nella comunicazione;
Per giudicare le parole di un uomo è meglio prestare attenzione a quello che dice ma ancor di più a “come” lo dice 😉
Dato l’argomento vi propongo un testo lucidissimo (ed autorevole) senza aggiunta di immagini …
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Da: ESSAIS – Capitolo XLII – Dell’ineguaglianza che esiste fra noi –
“Plutarco dice da qualche parte che fra bestia e bestia non trova una differenza così grande come quella che trova fra uomo e uomo.
Egli parla del valore dell’anima e delle qualità interiori.
In verità io trovo tanta differenza fra Epaminonda, come io l’immagino, e un tale che conosco, dico uno capace di senso comune, che rafforzerei volentieri quel che dice Plutarco; e direi che c’è più differenza da tale a tale uomo, che da tale uomo a tale bestia, e che vi siano tanti gradi d’ingegni quante vi sono braccia da qui al cielo, e altrettanto innumerevoli.
Ma a proposito della stima degli uomini, c’è da meravigliarsi che, eccettuati noi, si stimi qualsiasi cosa solo per le sue proprie qualità.
Noi lodiamo un cavallo in quanto è vigoroso e svelto, non per la sua bardatura; un levriero per la sua velocità, non per il suo collare; un uccello per le sue ali, non per le sue correggiole e i suoi sonagli.
Perché allo stesso modo non stimiamo un uomo per ciò che è suo?
Egli ha un gran seguito, un bel palazzo, tanto di credito, tanto di rendita: tutto questo è intorno a lui, non in lui.
Voi non comprate un gatto in un sacco, se contrattate un cavallo, gli togliete la bardatura, lo guardate nudo e allo scoperto, o, se è coperto, come anticamente venivano presentati ai principi per venderli, lo è nelle parti meno importanti, perché non vi occupiate della bellezza del suo pelo o dalla larghezza della sua groppa, e vi soffermiate principalmente a considerare le gambe, gli occhi e i piedi, che sono le membra più utili.
*Regibus hic mos est:ubi equos mercantur, opertos Inspiciunt, ne, si facies, ut saepe decora
Molli fulta pede est, emptorem inducat hiantem
Quod pulchra clunes, breve quod caput, ardua cervix*.
(I re hanno quest’abitudine: quando comprano dei cavalli li esaminano coperti, perché se, come avviene spesso, una bella corportura è sostenuta da un debole piede, il compratore invaghito non si lasci sedurre da una bella groppa, da una testa sottile e da un fiero collo).
– SATIRE, I, 86-89 – Orazio –
Perché, quando valutate un uomo, lo valutate tutto avvolto e infagottato?
Ci mostra soltanto le parti che non sono in alcun modo sue, e ci nasconde quelle attraverso le quali soltanto si può giudicare quanto vale.
E’ il valore della spada che vi interessa non quella del fodero: non ne dareste forse un quattrino, se l’aveste spogliato.
Bisogna giudicare per se stesso, non per i suoi ornamenti.
E, come dice molto argutamente un antico: *Sapete perché lo stimate grande? Voi considerate anche l’altezza degli zoccoli*. La base non fa parte della statua. Misuratelo senza i suoi trampoli: che metta da parte ricchezza e onori, che si presenti in camicia.
Ha il corpo adatto alle sue funzioni, sano e gagliardo? Che anima ha? E’ bella, grande e felicemente provvista di tutte le sue doti? E’ ricca del suo o dell’altrui? La fortuna non vi ha a che vedere? Se a occhi aperti, essa attende le spade sguainate, se non si cura da dove le esca la vita, se dalla bocca o dalla gola; se è calma, tranquilla e contenta: è questo che bisogna vedere, giudicare da queste cose le enormi differenze che esistono fra noi,
E’ egli un uomo simile è cinquecento braccia al di sopra dei regni e dei ducati: egli medesimo è per se stesso il suo impero.
*sapiens, sibique imperiosus, Quem neque pauperies, neque mors, neque vincula terrent, Responsare cupidinubus, contemnere honores, Fortis, et in se ipso totus teres atque rotundus, Externi ne quid valeat per laeve morari, In quem manca ruit semper fortuna*
(Saggio e padrone di sé, tale che nè la povertà nè la morte né i ceppi lo atterriscono, capace di tener testa alle passioni, di disprezzare gli onori, perfetto in se stesso, rotondo e tornito, tale che nessun oggetto esterno può rimaner attaccato alla sua liscia superficie né la cattiva sorte aver mai presa su du lui)
– SATIRE II, VII, 83-88 – Orazio –
Paragonategli la turba dei nostri uomini, stupida, bassa, servile, instabile e continuamente fluttuante nella tempesta delle diverse passioni che la spingono e la risospingono, dipendente in tutto da altri; c’è più distanza che dal cielo alla terra; e tuttavia la cecità del nostro costume è tale che ne facciamo poco o nessun conto, laddove, se consideriamo un contadino e un re, un nobile e un villano, un magistrato e un uomo qualsiasi, un ricco o un povero si presenta subito ai nostri occhi un’enorme differenza, mentre, per così dire, son differenti sol per le brache”.
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Tutto chiaro … no ???
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