Ça va sans dire …


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… nel destino dell’anno nuovo :
per il resto, anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno …

nonostante ciò … auguro che il prossimo anno possa essere per tutti voi almeno migliore del precedente, che vi porti serenità, che vi conceda pace e soddisfazioni e che la gioia sia maggiore della tristezza …

Claudio

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il vero, il falso, il verosimile


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1869

La mente umana è in parte ancor oggi sconosciuta e misteriosa; certo è che alcune cose sono invece ormai chiare ed inconfutabili e fra queste che è la mente umana il grembo dove vengono “concepiti” le idee ed i pensieri che poi, appena “partoriti”, prendono la forma di parole oppure scritti;
si sente spesso dire che “il pensiero è circolare” (ed io ritengo sia una verità che riguarda però solo pensieri di livello); cosa significa ciò ?
Semplicemente che tutti i grandi pensieri hanno avuto una influenza derivata da pensatori precedenti e che diverranno a loro volta influenti per pensatori successivi;
vi ho recentemente postato alcuni brani tratti dal libro “ESSAIS” e per proseguire nell’esempio potremo dire così che Montaigne è stato influenzato da pensatori greci o latini ed a sua volta ha influenzato i pensatori che gli sono succeduti, da Newton a Cartesio, Spinoza e via discorrendo…
Cercare le cause e unire i vari punti rimane, ancora oggi, una delle cose migliori che si possano fare.

il testo che segue tratta dell’ingenuità e della persuasione, della verità e della menzogna e per noi che frequentiamo i social imparare a riconoscerle è di fondamentale importanza; non certo per le motivazioni addotte da Pitruzzella dell’Antitrust ma per noi stessi, per non cadere nelle varie trappole di cui questo variegato mondo è cosparso;

1859

proseguo trascrivendovi un nuovo capitolo degli     ESSAIS
Capitolo XXVII – E’ follia giudicare il vero e il falso in base alla nostra competenza –

“Non è forse senza ragione che attribuiamo a ingenuità e ignoranza la facilità a credere e a lasciarsi persuadere: mi sembra infatti d’aver appreso una volta che il credere era come un’impressione che si produceva sulla nostra anima; e quanto più essa era malleabile e meno resistente, tanto più facile era imprimervi qualcosa.

*Ut necesse est lancem in libra ponderibus impositis deprimi, sic animum perspicius cedere*
(Come inevitabilmente il piatto della bilancia è inclinato dal peso che vi si mette, così l’animo deve cedere all’evidenza)
– ACADEMICA II, XII – Cicerone –

Quanto più l’anima è vuota e senza contrappeso, tanto più facilmente si piega sotto il peso della prima persuasione.
Ecco perché i fanciulli, il popolo, le donne (dell’epoca ndr) e i malati sono i più soggetti ad essere menati per il naso.
Ma, d’altra parte, è anche sciocca presunzione andar disprezzando e condannando come falso quello che non ci sembra verosimile, ed è questo vizio abituale di coloro che pensano di avere qualche comptenza al di sopra del comune.
Una volta anch’io facevo così, e se sentivo parlare o degli spiriti che tornano o della profezia di cose future, degli incantesimi, delle stregonerie, o raccontare qualche altra cosa che non potevo comprendere, ero preso da compassione per il povero popolo ingannato da tali follie.
E ora trovo che ero perlomeno altrettanto da compiangere io stesso: non che l’esperienza mi abbia in seguito fatto vedere al di là delle mie prime opinioni (e tuttavia questo non è dipeso dalla mia curiosità), ma la ragione mi insegnato che condannare con tanta sicurezza una cosa come falsa e impossibile è presumere di avere in testa i limiti e i confini della volontà di Dio (sive Natura ndr) e dalla potenza della nostra madre natura; e che non c’è al mondo follia più grande che giudicarli in proporzione alla nostra capacità e competenza.
Si chiamano prodigi o miracoli le cose a cui la nostra ragione non può arrivare; quanti se ne presentano continuamente al nostro sguardo?
Consideriamo attraverso quali nebbie e come a tastoni siamo condotti alla conoscenza della maggior parte delle cose ch abbiamo fra le mani; certo troveremo che è piuttosto l’abitudine che la scienza a non farcene vedere la stranezza.
[…]

*Consuetudine oculorum assuescunt animi, neque admirantur, neque requirunt rationes earum verum quas semper vident*
(Gli animi si avvezzano con l’abitudine degli occhi e non si meravigliano e non cercano più le cause di ciò che vedono continuamente)
– DE NATURA DEORUM II, XXXVIII – Cicerone –

La novità delle cose ci spinge più della loro grandezza a ricercarne le cause.
Bisogna giudicare con maggior rispetto questa infinita potenza della natura, e con maggior consapevolezza della nostra ignoranza e debolezza.
Quante cose poco verosimili vi sono, testimoniate da gente degna di fede, che, se non possiamo esserne convinti, bisogna almeno lasciare in dubbio; perché condannarle come impossibili è farsi forti per temeraria presunzione, di sapere fin dove arriva la possibilità.
Se si capisse bene la differenza che c’è fra l’impossibile e l’inusitato, e fra ciò che è contro l’ordine del corso naturale e ciò che è contro la comune opinione degli uomini, senza credere temerariamente e neppure facilmente negare, si osserverebbe la regola del: *Niente di troppo*. prescritta da Chilone”. (Filosofo, uno dei sette saggi greci ndr).

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Bufale sul web, Pitruzzella (Antitrust): ‘Pubblici poteri devono controllare l’informazione’.


Dov’era Pitruzzella quando per mesi ci hanno raccontato che bastava un sì per guarire dal cancro, dal diabete, che col sì le bollette sarebbero state meno care e la “riforma” costituzionale serviva per combattere l’Isis?
Perché queste cose non le scrivevamo noi nei social e nemmeno Grillo nel blog.
Chi dovrebbe stabilire le sanzioni per le bufale: gli stessi che costruiscono la loro carriera politica con le menzogne?
(Cristina Correani)

Sorgente:     Bufale sul web, Pitruzzella (Antitrust): ‘Pubblici poteri devono controllare l’informazione’. Grillo: ‘Nuovi inquisitori’ – Il Fatto Quotidiano

Essere o Apparire ???


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Penso che possiate constatare come il ‘dibattito’ sull’essere o sull’apparire si protragga da secoli e, temo, che si protrarrà ancora per molto…
Purtuttavia, se i messaggi che i filosofi ci hanno tramandato, sono chiari e condivisi, non rimane che applicarli alle nostre vite, sia personali che relazionali.

1863

Scoprirete, ammesso che non l’abbiate già fatto, che non è poi così difficile ‘capire o scoprire’ gli altri.
Occorre un po’ di tempo, che è proporzionale alla quantità di ‘mistificazioni’ dell’altro, ma – alla lunga – quello che veramente si ha dentro, viene fuori… e allora, occorrono solo gli occhi per vedere, non per guardare solamente.
Poi le possiamo chiamare: percezioni, appercezioni, intuti, istinti o come volete, ma si tratta SEMPRE della genuinità della nostra anima al lavoro, come un moderno scanner o ecografo.
( citazione )

citazione sulla quale concordo pienamente (non so voi) …
certo l’opera sui social è resa più ardua dalla mancanza di contatto “diretto” in quanto anche il “linguaggio non verbale” riveste un carattere di grande importanza nella comunicazione;

Per giudicare le parole di un uomo è meglio prestare attenzione a quello che dice ma ancor di più a “come” lo dice      😉     

Dato l’argomento vi propongo un testo lucidissimo (ed autorevole) senza aggiunta di immagini …

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1859

Da:    ESSAIS    – Capitolo XLII – Dell’ineguaglianza che esiste fra noi –

“Plutarco dice da qualche parte che fra bestia e bestia non trova una differenza così grande come quella che trova fra uomo e uomo.
Egli parla del valore dell’anima e delle qualità interiori.
In verità io trovo tanta differenza fra Epaminonda, come io l’immagino, e un tale che conosco, dico uno capace di senso comune, che rafforzerei volentieri quel che dice Plutarco; e direi che c’è più differenza da tale a tale uomo, che da tale uomo a tale bestia, e che vi siano tanti gradi d’ingegni quante vi sono braccia da qui al cielo, e altrettanto innumerevoli.
Ma a proposito della stima degli uomini, c’è da meravigliarsi che, eccettuati noi, si stimi qualsiasi cosa solo per le sue proprie qualità.
Noi lodiamo un cavallo in quanto è vigoroso e svelto, non per la sua bardatura; un levriero per la sua velocità, non per il suo collare; un uccello per le sue ali, non per le sue correggiole e i suoi sonagli.
Perché allo stesso modo non stimiamo un uomo per ciò che è suo?
Egli ha un gran seguito, un bel palazzo, tanto di credito, tanto di rendita: tutto questo è intorno a lui, non in lui.
Voi non comprate un gatto in un sacco, se contrattate un cavallo, gli togliete la bardatura, lo guardate nudo e allo scoperto, o, se è coperto, come anticamente venivano presentati ai principi per venderli, lo è nelle parti meno importanti, perché non vi occupiate della bellezza del suo pelo o dalla larghezza della sua groppa, e vi soffermiate principalmente a considerare le gambe, gli occhi e i piedi, che sono le membra più utili.

*Regibus hic mos est:ubi equos mercantur, opertos Inspiciunt, ne, si facies, ut saepe decora
Molli fulta pede est, emptorem inducat hiantem
Quod pulchra clunes, breve quod caput, ardua cervix*.
(I re hanno quest’abitudine: quando comprano dei cavalli li esaminano coperti, perché se, come avviene spesso, una bella corportura è sostenuta da un debole piede, il compratore invaghito non si lasci sedurre da una bella groppa, da una testa sottile e da un fiero collo).
– SATIRE, I, 86-89 – Orazio –

Perché, quando valutate un uomo, lo valutate tutto avvolto e infagottato?
Ci mostra soltanto le parti che non sono in alcun modo sue, e ci nasconde quelle attraverso le quali soltanto si può giudicare quanto vale.
E’ il valore della spada che vi interessa non quella del fodero: non ne dareste forse un quattrino, se l’aveste spogliato.
Bisogna giudicare per se stesso, non per i suoi ornamenti.
E, come dice molto argutamente un antico: *Sapete perché lo stimate grande? Voi considerate anche l’altezza degli zoccoli*. La base non fa parte della statua. Misuratelo senza i suoi trampoli: che metta da parte ricchezza e onori, che si presenti in camicia.
Ha il corpo adatto alle sue funzioni, sano e gagliardo? Che anima ha? E’ bella, grande e felicemente provvista di tutte le sue doti? E’ ricca del suo o dell’altrui? La fortuna non vi ha a che vedere? Se a occhi aperti, essa attende le spade sguainate, se non si cura da dove le esca la vita, se dalla bocca o dalla gola; se è calma, tranquilla e contenta: è questo che bisogna vedere, giudicare da queste cose le enormi differenze che esistono fra noi,
E’ egli un uomo simile è cinquecento braccia al di sopra dei regni e dei ducati: egli medesimo è per se stesso il suo impero.

*sapiens, sibique imperiosus, Quem neque pauperies, neque mors, neque vincula terrent, Responsare cupidinubus, contemnere honores, Fortis, et in se ipso totus teres atque rotundus, Externi ne quid valeat per laeve morari, In quem manca ruit semper fortuna*
(Saggio e padrone di sé, tale che nè la povertà nè la morte né i ceppi lo atterriscono, capace di tener testa alle passioni, di disprezzare gli onori, perfetto in se stesso, rotondo e tornito, tale che nessun oggetto esterno può rimaner attaccato alla sua liscia superficie né la cattiva sorte aver mai presa su du lui)
– SATIRE II, VII, 83-88 – Orazio –

Paragonategli la turba dei nostri uomini, stupida, bassa, servile, instabile e continuamente fluttuante nella tempesta delle diverse passioni che la spingono e la risospingono, dipendente in tutto da altri; c’è più distanza che dal cielo alla terra; e tuttavia la cecità del nostro costume è tale che ne facciamo poco o nessun conto, laddove, se consideriamo un contadino e un re, un nobile e un villano, un magistrato e un uomo qualsiasi, un ricco o un povero si presenta subito ai nostri occhi un’enorme differenza, mentre, per così dire, son differenti sol per le brache”.

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Tutto chiaro … no ???

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l’Idea del Tutto


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1859

Il contributo di oggi è tratto dagli ESSAIS (Saggi) di Michel de Montaigne (1533-1592) che, dopo una carriera nel notabilato bordolese (fu anche sindaco di Bordeaux), lasciò la vita mondana, ritirandosi nel suo castelletto nel Perigord;
Quest’uomo ha passato parte della sua vita nell’ OTIUM latino.
Leggendo, studiando, viaggiando, scrivendo.
Tanto da lasciar scritto: “Non sono tanto io che ho fatto questo libro, quanto il mio libro che ha fatto me”.
I libri sono il pane dell’anima, sempre ché si giudichi l’anima come parte importante, se non indispensabile, delle nostre vite.

dal CAPITOLO I – Dell’incostanza delle nostre azioni –

“… Non posso dir niente di me, assolutamente, semplicemente e solidamente, senza confusione e mescolanza, né in un sola parola ‘Distingo’ (io distinguo) è l’articolo più universale della mia logica.
Sebbene io sia sempre propenso a dir bene del bene, e a interpretare piuttosto in senso buono le cose che possono essere interpretate così, nondimeno la stranezza della nostra condizione fa sì che dal vizio stesso noi siamo spesso spinti a far bene, se il ben fare non si giudicasse unicamente in base all’intenzione.
Per cui un atto di coraggio non deve far giudicare valoroso un uomo: colui che lo fosse davvero, lo sarebbe sempre, e in ogni occasione.
Se fosse una consuetudine di valore e non uno sprazzo, renderebbe un uomo egualmente risoluto in ogni evento, solo come in compagnia, in campo chiuso come in battaglia; poiché, checché se ne dica, non c’è un valore nella strada e un altro sul campo.

1858

Egli sopporterebbe con uguale coraggio una malattia nel suo letto come una ferita sul campo, e non temerebbe la morte in casa sua più che in un assalto.
[…]
Il nostro agire, non son che frammenti messi insieme,
‘voluptatem contemnunt, in dolore sunt molliores; gloriam negligunt, franguntur infamia’
(Disprezzano il piacere, ma nel dolore sono deboli: disdegnano la gloria, ma una cattiva reputazione li avvilisce.
– De officiis, I, XXI – Cicerone)
e noi vogliamo acquistarci un onore con falsi titoli.
La virtù vuol essere seguita per sé sola; e se qualche volta prendiamo a prestito la sua maschera per un’altra occasione, essa ce la strappa subito dal viso.
Una volta che l’anima se n’è imbevuta, è una tinta vivace e forte, e non se me va senza portare via il tutto.
Ecco perché, per giudicare un uomo, bisogna seguire a lungo e con attenzione la sua traccia; se la fermezza non sta salda in lui per suo solo fondamento
‘cui vivendi via considerata atque provisa est’
(Chi ha ben riflettuto ha scelto la strada che vuole seguire nella vita –
Paradoxa V, I – Cicerone -),
se le diversità delle circostanze gli fa cambiare il passo (voglio dire la strada, poiché il passo si può affrettare o rallentare), lasciatelo correre: egli se ne va seguendo il vento.
Non c’è da meravigliarsi, dice un antico (Seneca ndr), che il caso possa tanto su di noi, poiché noi viviamo per caso.
Per chi non ha indirizzato in linea di massima la sua vita a un fine determinato, è impossibile regolare le singole azioni.
E’ impossibile mettere in ordine i pezzi per chi non ha in testa un’idea del tutto.

1860

A che serve far provvista di colori a chi non sa cosa deve dipingere?
Nessuno fa un disegni preciso della sua vita, noi decidiamo pezzo per pezzo.
L’arciere deve prima sapere dove mira, e poi adattarvi la mano, l’arco, la corda, la freccia e i movimenti.
I nostri propositi si fuorviano perché non hanno né indirizzo né scopo. nessun vento è buono per chi non ha un porto stabilito.
[…]
Noi siamo fatti tutti di pezzetti, e di una tessitura così informe e bizzarra che ogni pezzo e ogni momento va per conto suo.
E c’è altrettanta differenza fra noi e noi stessi che fra noi e gli altri.
‘Magnam rem puta unum hominem agere’
(Credimi, è molto difficile essere sempre lo stesso uomo
Epstole, 120 – Seneca).
[…]
Non è sano di mente equilibrata giudicarci semplicemente dalla nostre azioni esteriori bisogna sondare fin nell’interno, e veder da quali molle provenga lo slancio; ma, essendo questa un’impresa alta e rischiosa, vorrei che meno gente se ne impicciasse”.

i Nuovi Barbari siamo noi …


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1856

Con il termine “la culla della civiltà” solitamente intendiamo un luogo circoscritto nel quale ha avuto inizio qualche migliaio di anni fa una civilizzazione dei popoli (allora barbari) corrispondente ad uno sviluppo economico e di conoscenze scientifiche e soprattutto culturali; ne conosciamo ubicate un varie parti del globo ed alcune sono proprio vicine a noi qui nell’Europa del sud;

1855

ora saremmo tentati di pensare che il processo di evoluzione tenda (ipotizziamolo come una linea di un grafico) verso l’alto, parafrasando una vecchissima pubblicità di prodotti di oreficeria potremmo rappresentarlo con il motto :
“oggi più di ieri ma meno di domani” …

niente di più lontano dalla realtà !

Non si è tenuto conto della natura dell’animo umano, corrotto e corruttibile !

1857

Ed allora ci tocca, tristemente, notare che il bimbo nato in quella culla e cresciuto in periodi via via sempre più illuminati sia oggi , da adulto, ripiombato nel passato oscuro vivendo in una società (quella odierna) di “nuovi barbari” …

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