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Oggi è il gran giorno del referendum, quale occasione per ricordare a tutti gli elettori che esiste anche un qualcosa di intangibile ma maledettamente “reale” quale l’ETICA ? (certo tale esortazione è indirizzata ad una “certa” parte di elettori, quelli che voteranno contro i loro stessi interessi convinti da un mentitore seriale e la sua gang … che dite ho infranto il “silenzio elettorale” ???)

Partendo da una parola ‘metafisica’: ETICA, si può arrivare, per logica e coerenza, ad assumere un atteggiamento mentale complessivo, sia verso se stessi, sia verso il mondo sociale che ci circonda.
E’ evidente che di conseguenza, non essendo automatica l’applicazione di tale atteggiamento etico in ogni circostanza, ci troviamo di fronte (più o meno spesso) alle nostre incongruenze ed ai nostri errori; è altrettanto evidente che i più non avendo l’onestà intellettuale di riconoscerli “propri” tendono a “scaricarli” all’esterno, sulla cosiddetta “società” che li circonda;
ma la società è una cosa astratta, solo un insieme di individualità singole (più o meno responsabili) e quindi diventa la vetrina delle nostre indecisioni, incapacità, paure e mancanze di volontà; a tutto ciò si sommano poi gli altri difetti umani quali l’invidia e l’egoismo (solo per fare degli esempi).

Ho pensato, allora, di trascrivervi un altro capitolo del libro ADESSO BASTA dell’ottimo Simone Perotti, uomo libero, capace e intelligente, che lascia delle tracce per quelli che vogliono veramente capire.
Tutti gli altri viaggino pure in balia dei venti, alla deriva sulla “loro” zattera esistenziale;
Capitolo: LA MAPPA

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*Ieri, passeggiando tra la Nona avenue e la Quarantaduesima strada ho visto un operaio che su un Caterpillar spostava pietre enormi con una maestria straordinaria.
Gli ho chiesto il numero di telefono e gli ho detto che volevo scrivere un articolo sulla gente come lui che sa ciò che fa e, anche se guadagna poco, lo fa con orgoglio e passione.
Più che l’amoralità, il problema del nostro tempo è proprio questo: pochissimi, inclusi gli amministratori delegati delle banche che guadagnano nove trilioni di dollari all’anno, sanno che diavolo stanno facendo*
Gay Talese

“Nessuno va a caccia del tesoro senza una mappa.
Occorre capire se vogliamo smettere la nostra vita codificata per generico desiderio di libertà, oppure (anche) per seguire qualche sogno, qualche altra direzione, per dedicarci a qualcosa che ha un nome e un cognome.
Il nostro punto di partenza, essendo schiavi, è che non siamo liberi, cioè non abbiamo tempo e possibilità, ma siamo del tutto occupati da qualcosa, che per conseguenza non ci lascia liberi di pensare, progettare fattivamente, operare.
Al termine di questo percorso, quando la mappa su come ‘liberarci da’ sarà del tutto chiarita, potremo risolvere la prima parte del rebus e svincolarci da ciò che ci trattiene.
Ma non avremo necessariamente risolto la seconda parte del problema.
Cosa che invece bisogna fare.
Potremmo tutti convincerci o pensare che se non andassimo più a lavorare tutte le mattine, saremmo liberi di dormire quanto ci pare, svegliarci a mezzogiorno, gironzolare per casa in pigiama, fare zapping, mangiare, dormire, passeggiare senza meta per la città, guardare la gente e via così.

Per un periodo qualcuno potrebbe vivere benissimo così, godendosela come un vero ‘flàneur’.
Ammetto che a volte lo faccio: due paginette di libro, un po’ di TV, qualche canzone, un po’ di sole su una panchina. Per me che ho sempre vissuto di corsa è corroborante.
Ma, a parte il protagonista di qualche storia scritta da Paul Auster, non si può vivere così, non durerebbe.

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Ne LA LENTEZZA, Milan Kundera ci ricorda che *nel nostro mondo ozio è diventato inattività, che è tutt’altra cosa: chi è inattivo è frustrato, si annoia, è costantemente alla ricerca del movimento che gli manca*.
Non dimentichiamoci la differenza tra la nostra parola moderna: ozio e quella latina: otium.
Il coefficiente di inazione fisica tra le due parole è simile, ma non il significato ultimo, che invece è diversissimo.
L’otium latino indicava una prevalenza di azione intellettuale sull’azione fisica, dunque un perder tempo produttivo.
Uno dei modi essenziali per vincere la solitudine non è imparare a non far niente. Quelli sono solo esercizi, per fare esperienza della solitudine come processo scelto e non imposto.

Il modo migliore per vivere è essere liberi da impedimenti stressanti e dunque avere il tempo e il modo per fare quello che ci piace.
Attenzione! ‘A me che cosa mi piace?’. Sì proprio a-me-mi, come si dice in gergo.
La domanda è semplice, ma la risposta no.
Conosco un numero enorme di persone che non si è mai posto questo quesito.
Anche la domanda è frutto di questa epoca di paradossi, in cui le opportunità apparentemente non mancano, ma vengono sistematicamente sprecate.
Meglio avere un vincolo quotidiano che ci impedisce di fare e ci protegge dalla domanda.
Il lavoro fa esattamente questo: impedisce di farci domande a cui non abbiamo risposte.
[…]

Ebbene, io sostengo tutto il contrario, cioè che:
I sogni devono essere ambiziosi, ma al tempo stesso devono essere realizzabili per noi, alla nostra portata.
I sogni irrealizzabili non vanno sognati.
Sono una scusa che ci proietta nell’utopia sterile e ci fa fuggire dalla realtà.
I sogni buoni chiedono di essere perseguiti e meritano tutti gli sforzi possibili per realizzarli.
Quando si avverano, se erano effettivamente sogni adatti a noi, ci rendono molto, ma molto felici.
Se non ci rendono felici vuol dire che avevamo sbagliato sogni, oppure che abbiamo tralasciato qualcosa nel processo di avvicinamento.
Una volta realizzati, i sogni aprono spazio e opportunità per nuovi sogni (realizzabili).
[…]
I giornali parlano di disagio sociale, di mancanza di stimoli e di valori, di tedio e noia che portano a compiere stragi e atti di bullismo.

Secondo il ‘Corriere della Sera’ dei primi di marzo del 2009, pare che a Milano si consumassero circa 700mila confezioni di ansiolitici all’anno.
Uno su due residenti a Milano ne farebbe uso.
Le droghe non sono censite, ma se le aggiungiamo ai farmaci il quadro è chiaro.
Eccolo il segno del fallimento e della follia: non trovare il senso, non trovare l’energia, vivere nel tedio e nella disperazione da doversi imbottire di farmaci e droghe.
Da chi ha prodotto questa società e da chi la vive ogni giorno senza alcuna ribellione, non accetto lezioni di concretezza e realismo.
Lo schema delineato sopra non è né folle né insensato.
Basta tentare di applicarlo e si è subito fuori dal disaguo esistenziale, dalla mancanza di stimoli, dalla follia!

La vita non è necessariamente riuscire a fare tutto quello che si vuole.
Questa idea genera frustrazione e mancanza di senso.
La vita è avere una mappa (magari una mappa che si evolve di continuo, che muta), anzi aver disegnato la propria mappa, e cercare di seguirla.
Ecco un’altra buona regola da fissare ben chiara nella mente e nel cuore: nella vita serve un mappa, ma il vantaggio della mappa non è solo portarci diritti al tesoro. Il vero tesoro della mappa, è la mappa stessa”.

Ecco ! Questa persona ha ‘sognato’ e poteva benissimo non farlo, avendo una ‘vita’ di successo e appagante (con gli ovvi risvolti: vivre sempre di corsa, essere sempre a disposizione, accumulare stress da iper-lavoro e via discorrendo).
Realizzando il suo sogno, si è ‘liberato’ dalle costrizioni di un mondo che ti paga, anche tanto, ma che pretende da te sempre un pò, o anche molto, di più di quello che ti da.
In cambio, puoi toglierti un sacco di ‘soddisfazioni’ tutte d’ordine materiale, arrivando perfino a diventare compulsivo.
Il rovescio della medaglia è che ti si inaridisce l’anima, e se la tua coscienza è attiva e in ordine, cominciano i conflitti ‘interni’; il famoso ‘essere o avere’ di Erich Fromm.
Se, come dice Perotti, riesci a realizzare il tuo sogno, si aprono altri sogni e prospettive, e, se sei ‘capace’, quindi ‘preparato’, realizzi altre possibilità, sentendoti, pur se impegnato, libero e soddisfatto.
Se poi arrivano anche dei soldi… meglio ! Ma non necessariamente…
( citazione )
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