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conoscete il pensiero di Noam Chomsky sui perché degli status quo che siamo costretti ad accettare, perché così è stato deciso (come da chi? Ma dai ormai soliti noti)?
Il libro che lo riassume si intitola: CAPIRE IL POTERE (2002) e, nella sua presentazione, si legge a cura dell’editore:
“Ciò che contraddistingue il pensiero di Chomsky è la padronanza di un’immensa mole di informazioni e dati e l’abilità di smascherare in ogni contesto i meccanismi e gli inganni delle istituzioni.
Il suo metodo: la rinuncia a qualsiasi tipo di astrazione per insegnare a coltivare un proprio senso critico di fronte agli eventi della Storia e ai meccanismi de potere”.
Capitolo: LA TRUFFA DELL’ECONOMIA MODERNA
“DOMANDA: Lei ha accennato all’Irlanda che esportava cibo in Inghilterra durante la carestia per soddisfare le esigenze del libero mercato.
Ma come ha fatto questo tipo di pensiero economico del ‘libero mercato’ a trovare legittimità nelle università e nell’ideologia popolare?

CHOMSKY: Malthus (economista e demografo inglese ndr), che non gode di buona stampa, è additato come colui che ha detto che chi non sa sostenersi da solo deve essere lasciato morire di fame, ma in realtà questa è in generale la linea guida dell’economia classica della quale Malthus è uno dei fondatori al pari di David Ricardo.
L’idea di Malthus era sostanzialmente questa: chi non ha una ricchezza propria e non può vendere il proprio lavoro per quanto basta a sopravvivere non ha diritto di stare qui: se ne va in prigione o da qualche altra parte.
All’epoca (quindi contestualizzando ndr) ‘da qualche altra parte’ significava nell’America del Nord o in Australia.
Malthus non diceva che era colpa di qualcuno se erano poveri e se dovevano andarsene: per lui si trattava di una legge di natura.
[…]

Sia Malthus che Ricardo erano convinti che si danneggiano i poveri facendo creder loro che abbiano altri diritti oltre a quelli che possono conquistarsi sul mercato, per esempio il diritto di vivere, perché tali diritti interferiscono con il mercato, l’efficienza e la crescita.
Quindi se si cerca di affermare questi diritti alla fine la gente starà solo peggio.
E come si può sottolineare, queste idee sono in voga ancora oggi.
Non credo che l’ideologia del libero mercato che si insegna oggi nelle università sia molto diversa.
L’unica differenza è che adesso si usano più formule matematiche, per il resto è sempre la solita storia.

DOMANDA: Ma come ha fatto ad affermarsi questo pensiero?
CHOMSKY: Come ha fatto?
Come un’arma della lotta di classe.
La sua storia è molto intrigante e, per quanto ne so, c’è solo un libro che ne parla, scritto da Rajani Kanth, un bravo storico dell’economia che come ringraziamento per il suo lavoro è stato buttato fuori dall’università dello Utah (stato mormone eh ndr).
Lui però è andato avanti e ha realizzato un ottimo studio.
Durante i primi periodi della rivoluzione industriale, quando l’Inghilterra stava uscendo da una società feudale per entrare in un sistema di capitalismo di Stato, la borghesia nascente aveva un problema.
In una società tradizionale come quella feudale, le persone avevano una collocazione e dei diritti certi, godevano di quello che allora veniva chiamato ‘diritto di vivere’.
Durante il feudalesimo forse come diritto non era un granché, ma in ogni caso si pensava che la gente avesse una sorta di diritto naturale alla sopravvivenza.

Ma col sorgere di quello che chiamiamo capitalismo, questo diritto doveva essere annullato: la gente doveva togliersi dalla testa di avere qualche automatico ‘diritto di vivere’ oltre a quello che poteva garantirsi sul mercato del lavoro.
E questa è la base dell’economia classica.
Consideriamo il contesto in cui è avvenuto tutto ciò: l’economia classica si è sviluppata dopo un periodo in cui la popolazione inglese era stata allontanata con forza dalle terre che aveva coltivato per secoli (tra il 1750 e il 1860 diverse leggi del parlamento sancirono la chiusura dei terreni comuni – gli open fields e le enclosures, ne ho già parlato in passato ndr).
E’ una delle ragioni per le quali la rivoluzione industriale ha attecchito in Inghilterra prima che altrove è che lì era stata usata molta più violenza per staccare la gente dalla terra.
In Francia, per esempio, molta gente riuscì a rimanere nelle campagne, e quindi resistette a lungo all’industrializzazione.
Ma anche dopo che la nascente borghesia inglese era riuscita ad allontanare dalla terra milioni di persone, ci fu un periodo in cui il ‘diritto di vivere’ della popolazione era ancora sancito da quello che oggi chiamiamo ‘welfare’: un insieme di leggi, le ‘Poor Laws’, le leggi sull’assistenza ai poveri (codificate per la prima volta nel 1609 nda) che garantiva un livello minimo di sussistenza a chi non poteva sopravvivere altrimenti.

In più c’erano le ‘Corn LAws’ (leggi sui cereali in vigore già dal XII secolo) che concedevano ai proprietari terrieri ulteriori vantaggi oltre a quelli che potevano ricavare dal mercato.
Queste leggi erano considerate tra i maggiori impedimenti alla crescita della classe industriale inglese e dovevano essere eliminate.
Ma per togliere dalla testa della gente l’idea del ‘diritto di vivere’, c’era bisogno di un’ideologia.
Ed ecco allora arrivare in soccorso l’economia classica, che diceva: nessuno ha il diritto di vivere, si ha diritto solo quando si è in grado di guadagnare sul mercato del lavoro.
I fondatori dell’economia classica asseriva di aver sviluppato una ‘teoria scientifica’ che aveva ‘la stessa certezza della legge di gravità’.
[…]
Vedete, questa ‘scienza’ è piuttosto flessibile: la potete modificare a seconda delle vostre esigenze.

Verso la metà del XIX secolo (ridotta la Poor Laws e abolita la Corn Laws ndr), la ‘scienza’ cambiò, decretando che il ‘laissez faire’ (lode a che l’economia funzioni meglio senza interferenze legislative nda) non era buona cosa e gettando le basi intellettuali per il cosiddetto ‘Welfare state’.
E in effetti, durante il secolo che seguì, ‘laissez faire’ divenne quasi una parolaccia.
Ciò che invece la ‘scienza’ andava dicendo era che è meglio fornire alla popolazione qualche forma di sopravvivenza prima che scoppino rivolte che nettano a rischio il potere dominante.
Puoi togliere alla gente in diritto di vivere, ma la gente cercherà di toglierti il diritto di governare, e questo non va bene, bisogna provvedere… (magari con 80 €uro… eheheheh ndr).

Negli ultimi tempi (ricordiamolo, siamo negli anni 90 ndr), l’ideologia del ‘laissez faire’ è stata rispolverata ed è di nuovo un’arma della lotta di classe.
I principi dell’economia classica sono ancora in voga: non credo infatti che siano molto diversi da quello che oggi si insegna nel dipartimento di economia dell’università di Chicago, ovvero la teoria denominata ‘neoliberismo’ (fondata sui tagli ai servizi sociali, la stabilità della moneta e il paraggio di bilancio pubblico – cfr. Milton Friedman & Co. ndr).
Il neoliberismo di oggi non ha maggior valore di quello del primo
Ottocento, semmai ne ha meno.
Le idee di Ricardo e Malthus avevano infatti qualche attinenza alla realtà di allora; oggi invece quelle idee non ne hanno nessuna.
Il presupposto alla base dell’economia classica era che il lavoro fosse mobile e il capitale relativamente immobile.
Potevano dire: *se non riesci a procurarti da vivere sul mercato del lavoro, vai da qualche altra parte* perché si poteva davvero andare da qualche altra parte; dopo che erano state sterminate e espulse le popolazioni indigene degli Stati Uniti, dell’Australia e della Tasmania, gli europei poveri avevano qualche ‘altra parte’ in cui andare.
Quindi il lavoro agli inizi del XIX secolo era mobile e il capitale immobile.
In primo luogo perché il capitale significava principalmente terreni, e i terreni non si possono spostare, e poi perché gli investimenti erano necessariamente locali, data la mancanza di un sistema di comunicazioni che permettesse il trasferimento rapido del denaro da una parte all’altra del mondo come quello che abbiamo adesso.
[…]

Oggi il lavoro è immobile, mentre il capitale è diventato mobilissimo, grazie soprattutto alle innovazioni tecnologiche.
Ma nonostante tutto, quelle teorie vengono insegnate ora come allora, anche se la realtà attuale è esattamente l’opposto di quella del primo Ottocento.
Se infatti il capitale è mobile e il lavoro immobile, non c’è ragione che il capitale mobile non possa andare in cerca di un vantaggio assoluto mettendo in competizione la forza lavoro di diversi paesi, andando dove il costo è più basso e di conseguenza abbassando il livello di vita di tutti.

E questo è esattamente quanto fanno il NAFTA (Accordo di libero scambio nordamericano) e tutte le altre convenzioni per il commercio internazionale, Nessuno di questi modelli economici astratti funziona nel mondo reale.
E’ l’ideologia di base che non ha più rapporti con la realtà, e in ultima analisi non ne ha mai avuti”.
Che dire?
Semplicemente lapalissiano …
E queste ‘considerazioni’ sono solo ‘preliminari’ pur se importanti, perché riportano ai principi di causalità utili per comprendere la complessità del tema che oggi ci si ostina a chiamare ‘economia’.
In realtà è solo e soltanto ‘finanza’ e per sdoganarla, così com’è, hanno cercato di inculcarla, nell’immaginario collettivo, come ‘creativa’.
E come no … creativissima !!!
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