Fatto / Valore


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2501

FATTO/VALORE

“Anche il positivismo logico, come ogni religione, aveva i suoi dogmi, il più pervicace dei quali separava i supposti fatti empirici dalle verità analitiche da una parte, e dei valori etici dall’altra.
Secondo Rudolf Carnap (uno dei più grandi ‘logici’ del XX sec. ndr) e compagnia, infatti, quando si cerca di rendere chiaro ciò che si dice, ci sono solo tre possibilità:
o si arriva a enunciati che si possono verificare o falsificare in maniera sperimentale,
o a enunciati che sono veri o falsi in base alle convenzioni o alle regole del linguaggio e della logica,
o a enunciati che non hanno senso e che si dissolvono come neve al sole.

Ora, non c’è dubbio che molta metafisica, religione in testa, non sia altro che un nonsenso, più o meno facilmente smascherabile.
Ma la separazione positivista tra fatti, verità e valori è risultata essere troppo manichea, e oblivia del fatto (o della verità, o del valore) che i tre ingredienti appaiono spesso (o sempre) in una misura difficile (o impossibile) da separare, anche nel campo scientifico.

2502

§

E proprio per sfatare il dogma della separabilità tra fatti e valori è dedicato il ciclo di conferenze FATTO/VALORE (2004) di Hilary Putnam.
Il più noto filosofo statunitense vivente dialoga qui idealmente con i suoi pari del passato e del presente, da Dewey e Quine a Habermas e Rorty.

2503

Ma, soprattutto, con Amartya Sen, il premio Nobel, che per conto suo, e da tempo, sta portano avanti una analoga critica al dogma positivista che pretenderebbe di giudicare lo sviluppo di un Paese separando i fatti economici, quali il prodotto interno lordo o il tasso di crescita, dai valori etici, quali l’aspettativa di vita o il tasso di alfabetizzazione.
Putnam e Sen ci mostrano insieme come economia ed etica possano e debbano procedere di pari passo, con buona pace del nuovo imperialismo coloniale che va sotto il nome di globalizzazione.”

Chi glielo va a spiegare ai ‘cazzari’ che fanno i ricchi fuori, ma che non hanno niente dentro?
Piergiorgio ci ha provato ma mi sa … invano …

§

‘consiglio’ accettato …


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2500

Da quasi 2 secoli stanno seguendo questo efficace ‘consiglio’ ed i risultati sono straordinariamente palesi e ‘garantiti’;

la cosa triste è invece l’assoluta mancanza di consapevolezza di ciò da parte delle ‘vittime’, dei popoli cioè, che (tra ignavia ed ignoranza) consentono e subiscono passivamente …

§

 

il Credo e la Verità


§

2499

“Solo colui che ha abbandonato ogni credo si trova sul sentiero della verità.
Altrimenti chi ha pregiudizi ed un credo stabilito non può rivendicare alcuna verità.
I credo sono una creazione della mente dell’uomo.
La verità non conosce scissioni, pertanto colui che è libero da pregiudizi, imparziale, diviene il detentore del vero, e ne è il padrone.”

Bhagwan Shre Rajneesh

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( tratto dalla pagina  FB  di  Realtà, inganno e manipolazione )

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Invidia ed Omogeneità … Mali Sempiterni


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2493

Da:   AFORISMI SULLA SAGGEZZA DEL VIVERE
Arthur Schopnhauer

Capitolo:   DI QUELLO CHE UNO RAPPRESENTA

“Tanto sicura, anzi immancabile, è la fama delle opere.
Ma che l’autore le goda in vita dipende dalle circostanze esterne e dal caso: e questo è tanto più raro quanto è più elevato e arduo è il loro genere.
A questo riguardo Seneca dice, con una bellissima similitudine, che al merito segue immancabilmente la fama come l’ombra segue il corpo, solo che, appunto come l’ombra, a volte essa precede il corpo, a volte lo segue. e aggiunge, dopo aver spiegato questo:

*Etiamsi omnibus tecum viventibus silentium livor indixerit, venient qui sine offensa*
(Anche se l’invidia avrà imposto il silenzio a tutti i tuoi contemporanei, verranno altri che giudicheranno senza malanimo e senza favoritismi).

2494

Da queste parole noi vediamo anche che l’arte di soffocare i meriti mediante subdolo silenzio, di ignorarli per nascondere al pubblico il buono a favore dello scadente era già praticata dalle canaglie all’epoca di Seneca come lo è ai tempi nostri, e che alle canaglie antiche come a quelle attuali era l’invidia a cucire le labbra.
Di regola la fama quanto più è destinata a durare tanto più tardi arriva, perché come tutto ciò che è pregiato matura lentamente.

2495

La fama che si perpetuerà presso i posteri è simile a una quercia che si sviluppa assai lentamente dal suo seme: la fama facile, effimera, somiglia alle piante annuali che crescono rapidamente, e la fama immeritata alle erbacce che prolificano in fretta e in fretta vengono estirpate.
Questo processo dipende propriamente dal fatto che quanto più uno appartiene alla posterità, vale a dire è parte dell’umanità come valore universale e indivisibile, tanto più egli è estraneo al proprio tempo, perché ciò che egli produce non è dedicato specificamente alla propria epoca, non appartiene ad essa in quanto tale, ma solo in quanto questa è parte della storia dell’umanità, e quindi non ha impresso il colore locale: per cui può accadere che lo si lasci passare inosservato.
Ogni epoca apprezza invece coloro che assecondano le faccende della sua breve giornata o gli umori del momento, e quindi le appartengono interamente, che con essa vivono e muoiono.

2496

La storia dell’arte e della letteratura insegnano esaurientemente che le più eccelse opere dello spirito umano, di regola, sono state accolte con sfavore e vi sono rimaste finché non sono sopraggiunti spiriti superiori che ne hanno sentito il richiamo e le hanno collocate in una posizione di prestigio che, una volta raggiunta, esse hanno poi conservato.
Ma tutto ciò dipende in ultima analisi da fatto che ognuno comprende e può apprezzare effettivamente solo quello che gli è omogeneo.
Al superficiale è omogeneo il superficiale, all’ordinario l’ordinario, al confuso il tortuoso, allo scervellato l’assurdo; e soprattutto a ognuno piacciono le opere proprie, perché le sente omogenee al cento per cento.
[…]

2497

Come anche il braccio più robusto, se scaglia lontano un corpo leggero, non può imprimergli un movimento che lo faccia volare lontano e colpire con violenza, ma quel corpo ricade fiaccamente vicino a chi l’ha scagliato perché manca di una massa in grado di accogliere l’energia esterna, così accade alle idee belle e grandi, e agli stessi capolavori del genio quando ad accoglierli non vi sono che menti grette, deboli o contorte.
I saggi di ogni tempo hanno fatto coro nel lamentarlo.

Dice ad esempio Yeoshua ben Sira (Gesù figlio di Sirach ndr):
*Chi parla con uno stolto parla con uno che dorme.
Quando ha finito di parlare quello dice: ‘Ma che vuoi dire?’*

2498

E nell’Amleto di Shakespeare:
*A knavish speech sleep in a fool’s ear*
(Un discorso scaltro dorme nell’orecchio di uno stolto).”

§

Se accettassimo la ‘realtà’, quella ‘artefatta’ di oggi, come la miglior realtà possibile (e come no !!!), non occorrerebbero qualità divinatorie per comprendere che, se si sottoponesse questo testo alla massa di persone, la reazione più comune sarebbe: ‘ma chi si crede di essere questo … come si chiama… Scioppauer’ ?
Ecco, da questo ovvio risultato, cominciano tutti i grossi problemi di questa immensa Torre di Babele, che crollerà, non si sa quando, ma si sa come.
(cit)

Invece personalmente credo che sia un ‘passo’ bellissimo e di infinita semplicità oltre che di grande verità;
Esempi facilmente comprensibili e, soprattutto, condivisibili sul ruolo dell’invidia nei rapporti umani; e non solo l’invidia ma tutti i ‘difetti’ insiti nell’animo umano che sono correlati e conseguenti all’invidia (come l’omogeneità);
nel mondo di oggi l’essere umano manifesta qualche (raro) pregio e tanti, ma proprio tanti, difetti che ‘definiscono’ la ‘fotografia’ che tutti possiamo facilmente osservare, è sufficiente ‘aprire’ gli occhi;

“Al superficiale è omogeneo il superficiale …”
all’ignavo è omogeneo l’ignavo …

ogni riferimento ai cittadini ed alla politica attuale è puramente NON casuale !!!

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Covered Warrant


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2489

COVERED WARRANTS E COSI’ SIA

“Le banche sono in preda a un orgasmo da prodotti creativi per far tornare il budget.
Al cliente del loro budget non gliene può fregare di meno e vorrebbe che la loro creatività si esprimesse in buoni servizi a costi di mercato, quello europeo, non quello italiano.
Le banche che negano un finanziamento alle piccole imprese sono le stesse che prestano miliardi di €uro ai Tronchetti e ai Benetton.
Soldi nostri, dei correntisti, dei piccoli investitori.
Gli amministratori delegati delle banche rispondono da troppo tempo alle leggi della politica e delle relazioni dei ‘salotti buoni’ invece che alle leggi del mercato.

2490

Ricevo e pubblico questa lettera, tra le tante che ho ricevuto sul comportamento delle banche.
*Mi rivolgo a lei visto che è una delle poche voci (e come mai? ndr) che mette in guardia i risparmiatori sulle vessazione fatte dalle banche nei confronti dei dipendenti addetti alla consulenza finanziaria. (… se ancora la si può chiamare così).
L’ultima ‘invenzione’ della banca in cui lavoro, vista la recente tendenza al rialzo dei tassi di interessi, è stata quella di proporre ai clienti che già hanno acceso un mutuo casa a tasso variabile, una cosiddetta operazione ‘di protezione dal rischio tasso’, mediante la vendita di ‘covered warrant’ di varia durata, che darebbero al cliente che li sottoscrive un’entrata di denaro periodica qualora i tassi di mercato superassero una certa soglia prefissata.
Tali covered warrant, alla loro naturale scadenza (che andrebbero a coincidere all’incirca con quella del mutuo originario), andrebbero poi a zero di valore.
Fin qui non ci sarebbe molto di strano all’operazione, se non che tale vendita va anche accompagnata da un finanziamento al cliente dell’importo di covered warrant sottoscritti: in pratica prima il cliente ti da lauti interessi sulle rate del mutuo, poi si sobbarca l’acquisto di tali warrant che andranno a zero (…e che magari non gli daranno entrate se i tassi non dovessero salire molto) e inoltre ci paga anche gli interessi sul prestito per acquistarli.

2491

Non vi dico poi le pressioni quotidiane per vendere tali prodotti (…insieme ad altri, spesso scadenti, già a catalogo! ndr): mi domando fino a quale punto arriveremo in futuro. (*)
Purtroppo la clientela si fida di noi che dobbiamo avere la faccia tosta di rassicurarli sulla bontà dei prodotti e mentiamo loro dalla mattina alla sera; se poi non vendiamo tali prodotti veniamo emarginati all’interno della banca.
I budget sono ormai ‘mostruosi’ e se non riesci a raggiungerli ottiene pessime note di qualifica e niente premi incentivanti,
Io cerco di resistere a tali pressioni ma vi posso garantire che da alcuni anni ho i nervi a pezzi e soprattutto ho cominciato ad odiare un lavoro che mi piaceva: l’unica consolazione è quando si riesce a collocare i prodotti migliori e non si fa danno alla clientela, ma ciò accade sempre più raramente.
Vi ringrazio per aver potuto sfogare la mia rabbia*

09/05/2006 – Beppe Grillo

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(*) – Cambiato qualche cosa ?? Come no ! In peggio…
Queste parole hanno 10 anni, in questo periodo la ‘finanza’ ha ‘progettato’ altre mostruosità assurde.
Cosa sono stati capaci di ‘inventare’ e commercializzare ora lo sapete bene !!!

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il mutamento dei Valori morali


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2195

Dal libro CAPIRE IL POTERE di Noam Chomsky, oggi vi propongo un capitolo che parla e spiega, proprio la cultura, la sua diffusione e la qualità degli ‘attori’ che questa cultura la ‘donano’ per puro spirito di servizio, a differenza di quelli che, tutti incistati nelle pieghe del potere, la dispensano come se fosse una medicina, peraltro amarissima, oltre che inutile.

E riconoscere gli uni dagli altri è facile solo per un ‘occhio esperto’.

UN MUTAMENTO RIVOLUZIONARIO DEI VALORI MORALI

DOMANDA: Data una cultura intellettuale come quella che Lei descrive, è possibile trovare un intellettuale ‘onesto’ negli Stati Uniti?

CHOMSKY: Ci sono, ma in genere al di fuori delle istituzioni.
E d’altra parte non ci sono motivi per cui le istituzioni del potere e del dominio debbano tollerare o incoraggiare chi le mette in discussione.
Non sarebbe funzionale.
Per questo in genere si cerca di emarginare gli intellettuali seri e onesti, quelli che si rifanno ai valori dell’Illuminismo, i valori della verità, della libertà e della giustizia.
E il tentativo ha quasi sempre successo.

DOMANDA: Ma chi sono?
Lei dipinge una situazione desolata… ma chi sono secondo lei gli intellettuali che si comportano correttamente?

CHOMSKY: Spesso si tratta di persone che hanno determinato un cambiamento reale nel mondo.
Prendiamo per esempio gli attivisti dello SNCC (Student Nonviolent Coordinating Committee ndr): erano intellettuali seri che hanno prodotto un enorme cambiamento (a favore degli afro-americani rispetto al razzismo della società USA ndr).
O prendiamo coloro che negli anni sessanta hanno lavorato per tanti miglioramenti che abbiamo visto realizzarsi negli ultimi vent’anni.
E per ‘lavorare’ non intendo andare per le strade a sventolare bandiere, ma anche pensare, portare i problemi allo scoperto, parlare con la gente e convincerla.
A differenza di quello che spesso si sente dire, non facevano parte dell’élite intellettuale, e infatti la comunità intellettuale ‘liberal’ era fortemente avversa a chi protestava contro l’invasione americana dell’Indocina e non ha mai sostenuto i movimenti popolari.
Ma per me quelli erano gli intellettuali più seri.
Esiste una sorta di intellighenzia di sinistra ‘onesta’, intellettuali che non sono al servizio del potere come una sorta di ‘burocrazia rossa’ o come commissari dello stato capitalista, ma il più delle volte sono esterni alle istituzioni.
[…]
Ciò che viene generalmente etichettato come ‘di sinistra’ nella cultura corrente (USA eh ndr) finisce per essere talmente sgradevole che la gente lo rifiuta.
E così ecco i libri sugli intellettuali di sinistra francesi (au caviar ndr) che sono stati stalinisti e hanno fatto tante brutte cose.
Ma è proprio a questa ‘intellighenzia di sinistra’ che l’élite culturale dà maggior risalto.
Oppure si identifica la ‘sinistra’ con cose come la Lega Spartachista (Spartakisbund, gruppo rivoluzionario tedesco, di matrice socialista ndr), il Partito socialista dei lavoratori o simili gruppi settari, quel genere di gruppi che, come sa chiunque sia stato in un movimento, sono composti da persone che ti ronzano intorno nelle sedi e nei dibattiti nel tentativo di creare disgregazione,
Questa non è la sinistra, questi sono parassiti che indeboliscono la sinistra. […]
Se per ‘sinistra’ si intende la gente che si batte per la pace, la giustizia, la libertà, i diritti civili, i mutamenti sociali e l’eliminazione delle strutture autoritarie, e che lo fa sia nelle istituzione che nella vita privata … se questa è la gente di sinistra, oggi ce n’è più che in passato.
Molta di più.

DOMANDA: C’è stato un profondo cambiamento culturale?

CHOMSKY: Sì.
Quasi tutto ciò che oggi tocca la vita di ognuno, la razza, il sesso, gli interventi militari, l’ambiente, negli anni cinquanta non esisteva, la gente non sapeva che c’erano questi problemi e viveva sottomessa.
Oggi non è più così.
Se guardo un’immagine dei primi anni sessanta, faccio fatica a credere che allora tutto fosse così disciplinato, che l’autorità fosse così profondamente radicata, anche nelle relazioni personali, nell’aspetto della gente, nel suo modo di parlare.
I più giovani possono non capirlo, ma oggi la vita è più facile che quarant’anni fa perché c’è stato un notevole cambiamento.
[…]
Oggi, certe cose sarebbero inconcepibili, perché ci sono stati cambiamenti importanti nel modo di pensare (di chi pensa eh ndr).
E questi cambiamenti sono stati determinati dai movimenti e dalle organizzazioni che hanno operato negli ultimi vent’anni e che erano composti da quelli che io chiamo ‘intellettuali onesti’.
Penso che tutta quella agitazione contro il ‘politicamente corretto’ che si nota adesso nelle élite culturali non sia che un atteggiamento stizzoso di fonte all’impossibilità di mettere a tacere la dissidenza e l’attivismo che negli ultimi trent’anni hanno coinvolto gran parte della popolazione.
Con questo non voglio dire che le accuse contro il ‘politicamente corretto’ siano tutte false, alcune sono vere.
Ma il vero problema è che l’enorme sforzo della destra per riprendere il controllo del sistema ideologico non ha funzionato, e poiché la mentalità degli uomini di destra è sostanzialmente totalitaria, la mancanza di un controllo totale è vista come una tragedia: il 98% non basta, ci vuole il 100%.
[…]
Ed è l’isteria che tutti ciò ha provocato tra le élite che ha generato la commedia del ‘politicamente corretto’.
[…]
Ma è normale che la ‘cultura ufficiale’ assuma questo punto di vista: la gente non deve capire che può cambiare le cose.
Se ci sono stati dei cambiamenti è solo perché ‘noi, che siamo l’élite, siamo stati tanto magnanimi da concederli’.
Quando devono cedere a qualche pressione, lo presentano come effetto della loro benevolenza: ‘Abbiamo abolito la schiavitù perché la nostra alta statura morale ci ha fatto decidere che la schiavitù non ci piace’, mentre la causa furono le rivolte degli schiavi e il movimento abolizionista.
Questo atteggiamento è lo stesso che abbiamo visto negli ultimi trent’anni riguarda agli anni sessanta (negli USA, remember ndr).
C’è stato tra la popolazione un cambiamento quasi rivoluzionario nei valori morali e nel livello culturale, ma poiché questi mutamenti sono avvenuto senza durevoli effetti sulle istituzioni, la cultura dominante ha potuto continuare a dire: ‘Non valete niente e non siete in grado di far nulla, perché non state zitti e non ve ne tornate a casa?’.
Questo è quanto ci ripeteranno sempre, dobbiamo ricordarlo.”

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We Shall Overcome


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2486

“Ma insomma, è vero che l’Italia assomiglia sempre di più agli USA?

Vediamo.
Nelle elezioni USA (ricordiamo che questo testo è datato 10 anni ndr), dopo anni oscuri, i progressisti battono i conservatori.
E proprio come in Italia, gli eletti progressisti sono a volte conservatori esattamente come i vecchi conservatori.
E ci sono dei pasticci nella procedura elettorale, e i computer non funzionano e Bush, gran rubacchiatore di voti, e Berlusconi gran compratore di consensi, si lamentano.
Ma Bush ammette la sconfitta, mentre Berlusconi ancora rosica.
Rumsfeld si dimette, Previti vuol tornare.
Gli americani hanno più paura del rincaro della benzina che della guerra in Iraq. Gli italiani preferiscono il ritiro dell’Ici al ritiro dall’Iraq.
Gli USA in Iraq combattono e muoiono, gli Italiani muoiono, ma non si sa cosa restano a fare.
Gli USA hanno i servizi segreti più potenti del mondo ma si fanno abbattere le Torri gemelle da venti terroristi che hanno imparato a volare negli aeroclub e sugli ottovolanti (ma oggi sappiamo che è peggio di così … ndr).
L’ItaGlia ha dei servizi segreti costosissimi, li chiama ‘intelligence’, ma ancora non hanno scoperto chi ha messo le bombe e Gelli li ha deviati e presi in giro per anni.
Gli USA cercano la verità sull’attacco al Pentagono, noi su Pio Pompa.
Gli americani adorano e comprano le pistole italiane, le giacche firmate e i nostri spaghetti.
Gli italiani adorano guardare i film americani dove gli italiani sono tutti mafiosi con pistole, spaghetti e giacche italiane.
Noi abbiamo Venezia vera che affonda, loro ne hanno costruita una finta a Las Vegas.
In ItaGlia metà dei negozi hanno scritte in inglese, a New York metà hanno le scritte in italiano.
Gli USA hanno Hillary Clinton e Schwarzenegger, noi la Melandri e Caldaroli.
Loro hanno decine di basi militari in ItaGlia, noi nessuna base in USA, solo trecentomila pizzerie.
Loro abbattono le nostre funivie con i loro aerei, noi non possimo attaccare Diseneyland con i nostri.
Quindi, facendo le somme, siamo pari: grandi similitudini e grandi differenze.
Forse in questo momento la vera differenza è questa:
Da noi cresce la speranza che la vittoria democratica americana migliori la situazione per tutti, mentre cala la speranza che la vittoria dei ‘democratici’ italiani diventi un miglioramento per qualcuno…
Ma per dirla in italiano, we shall overcome”.

09/11/2006 – Beppe Grillo

§
Ironicamente, fotografa impietosamente la realtà (di allora ma anche di oggi) che i ‘bla bla bla’ dei media e dei politici cercano vanamente di tenere nascosta.
Circa la speranza (forse ingenua?), è l’ultima a morire, nonostante, e gli ultimi anni che lo hanno dimostrato, che destra e sinistra ‘pari sono’ …

§

il Tempo è relativo


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2480

“Il tempo è relativo,
il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando”

Albert Einstein

§

2481

Questa è la vita, un tempo (che è più o meno lungo) tra due eventi certi, innegabili ed immancabili : la nascita e la morte terrena !
Sta anche a noi ‘riempire’ questo tempo di ‘valore’ e di ‘lunghezza’,
vivendola appieno e non subendola (come invece avviene sempre più spesso),
ed in questo senso mi ricollego anche a quanto vi ho postato qui

La situazione attuale mondiale, politica ed economica, la globalizzazione e l’iper capitalismo ci stanno obbligando a vivere sempre meno e ad essere vissuti sempre più, sempre meno liberi e sempre più ‘schiavi’ quindi …

ciascuno dovrebbe ribellarsi a questa situazione ed al contrario la massa si assuefa sempre più … invece possiamo ‘allungare’ la nostra vita e renderla quello che dovrebbe essere : ‘meravigliosa’ …

Occorre ‘vivere’ con tutte le nostre forze !!!
TORNARE a vivere !!!

2482

Per tornare al pensiero di Albert con cui ho iniziato questo breve commento vi ricordo come lo spiegò :

“Nella teoria della relatività non esiste un unico tempo assoluto, ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo, che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo.
Quando un uomo per esempio siede vicino a una ragazza carina per un’ora, sembra che sia passato un minuto.
Ma fatelo sedere su una stufa accesa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora… “

§

Capire il Potere


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2470

conoscete il pensiero di Noam Chomsky sui perché degli status quo che siamo costretti ad accettare, perché così è stato deciso (come da chi? Ma dai ormai soliti noti)?
Il libro che lo riassume si intitola: CAPIRE IL POTERE (2002) e, nella sua presentazione, si legge a cura dell’editore:

“Ciò che contraddistingue il pensiero di Chomsky è la padronanza di un’immensa mole di informazioni e dati e l’abilità di smascherare in ogni contesto i meccanismi e gli inganni delle istituzioni.
Il suo metodo: la rinuncia a qualsiasi tipo di astrazione per insegnare a coltivare un proprio senso critico di fronte agli eventi della Storia e ai meccanismi de potere”.

Capitolo:   LA TRUFFA DELL’ECONOMIA MODERNA

DOMANDA: Lei ha accennato all’Irlanda che esportava cibo in Inghilterra durante la carestia per soddisfare le esigenze del libero mercato.
Ma come ha fatto questo tipo di pensiero economico del ‘libero mercato’ a trovare legittimità nelle università e nell’ideologia popolare?

2471

CHOMSKY: Malthus (economista e demografo inglese ndr), che non gode di buona stampa, è additato come colui che ha detto che chi non sa sostenersi da solo deve essere lasciato morire di fame, ma in realtà questa è in generale la linea guida dell’economia classica della quale Malthus è uno dei fondatori al pari di David Ricardo.
L’idea di Malthus era sostanzialmente questa: chi non ha una ricchezza propria e non può vendere il proprio lavoro per quanto basta a sopravvivere non ha diritto di stare qui: se ne va in prigione o da qualche altra parte.
All’epoca (quindi contestualizzando ndr) ‘da qualche altra parte’ significava nell’America del Nord o in Australia.
Malthus non diceva che era colpa di qualcuno se erano poveri e se dovevano andarsene: per lui si trattava di una legge di natura.
[…]

2472

Sia Malthus che Ricardo erano convinti che si danneggiano i poveri facendo creder loro che abbiano altri diritti oltre a quelli che possono conquistarsi sul mercato, per esempio il diritto di vivere, perché tali diritti interferiscono con il mercato, l’efficienza e la crescita.
Quindi se si cerca di affermare questi diritti alla fine la gente starà solo peggio.
E come si può sottolineare, queste idee sono in voga ancora oggi.
Non credo che l’ideologia del libero mercato che si insegna oggi nelle università sia molto diversa.
L’unica differenza è che adesso si usano più formule matematiche, per il resto è sempre la solita storia.

2473

DOMANDA: Ma come ha fatto ad affermarsi questo pensiero?

CHOMSKY: Come ha fatto?
Come un’arma della lotta di classe.
La sua storia è molto intrigante e, per quanto ne so, c’è solo un libro che ne parla, scritto da Rajani Kanth, un bravo storico dell’economia che come ringraziamento per il suo lavoro è stato buttato fuori dall’università dello Utah (stato mormone eh ndr).
Lui però è andato avanti e ha realizzato un ottimo studio.
Durante i primi periodi della rivoluzione industriale, quando l’Inghilterra stava uscendo da una società feudale per entrare in un sistema di capitalismo di Stato, la borghesia nascente aveva un problema.
In una società tradizionale come quella feudale, le persone avevano una collocazione e dei diritti certi, godevano di quello che allora veniva chiamato ‘diritto di vivere’.
Durante il feudalesimo forse come diritto non era un granché, ma in ogni caso si pensava che la gente avesse una sorta di diritto naturale alla sopravvivenza.

2474

Ma col sorgere di quello che chiamiamo capitalismo, questo diritto doveva essere annullato: la gente doveva togliersi dalla testa di avere qualche automatico ‘diritto di vivere’ oltre a quello che poteva garantirsi sul mercato del lavoro.
E questa è la base dell’economia classica.
Consideriamo il contesto in cui è avvenuto tutto ciò: l’economia classica si è sviluppata dopo un periodo in cui la popolazione inglese era stata allontanata con forza dalle terre che aveva coltivato per secoli (tra il 1750 e il 1860 diverse leggi del parlamento sancirono la chiusura dei terreni comuni – gli open fields e le enclosures, ne ho già parlato in passato ndr).
E’ una delle ragioni per le quali la rivoluzione industriale ha attecchito in Inghilterra prima che altrove è che lì era stata usata molta più violenza per staccare la gente dalla terra.
In Francia, per esempio, molta gente riuscì a rimanere nelle campagne, e quindi resistette a lungo all’industrializzazione.
Ma anche dopo che la nascente borghesia inglese era riuscita ad allontanare dalla terra milioni di persone, ci fu un periodo in cui il ‘diritto di vivere’ della popolazione era ancora sancito da quello che oggi chiamiamo ‘welfare’: un insieme di leggi, le ‘Poor Laws’, le leggi sull’assistenza ai poveri (codificate per la prima volta nel 1609 nda) che garantiva un livello minimo di sussistenza a chi non poteva sopravvivere altrimenti.

2475

In più c’erano le ‘Corn LAws’ (leggi sui cereali in vigore già dal XII secolo) che concedevano ai proprietari terrieri ulteriori vantaggi oltre a quelli che potevano ricavare dal mercato.
Queste leggi erano considerate tra i maggiori impedimenti alla crescita della classe industriale inglese e dovevano essere eliminate.
Ma per togliere dalla testa della gente l’idea del ‘diritto di vivere’, c’era bisogno di un’ideologia.
Ed ecco allora arrivare in soccorso l’economia classica, che diceva: nessuno ha il diritto di vivere, si ha diritto solo quando si è in grado di guadagnare sul mercato del lavoro.
I fondatori dell’economia classica asseriva di aver sviluppato una ‘teoria scientifica’ che aveva ‘la stessa certezza della legge di gravità’.
[…]
Vedete, questa ‘scienza’ è piuttosto flessibile: la potete modificare a seconda delle vostre esigenze.

2476

Verso la metà del XIX secolo (ridotta la Poor Laws e abolita la Corn Laws ndr), la ‘scienza’ cambiò, decretando che il ‘laissez faire’ (lode a che l’economia funzioni meglio senza interferenze legislative nda) non era buona cosa e gettando le basi intellettuali per il cosiddetto ‘Welfare state’.
E in effetti, durante il secolo che seguì, ‘laissez faire’ divenne quasi una parolaccia.
Ciò che invece la ‘scienza’ andava dicendo era che è meglio fornire alla popolazione qualche forma di sopravvivenza prima che scoppino rivolte che nettano a rischio il potere dominante.
Puoi togliere alla gente in diritto di vivere, ma la gente cercherà di toglierti il diritto di governare, e questo non va bene, bisogna provvedere… (magari con 80 €uro… eheheheh ndr).

2477

Negli ultimi tempi (ricordiamolo, siamo negli anni 90 ndr), l’ideologia del ‘laissez faire’ è stata rispolverata ed è di nuovo un’arma della lotta di classe.
I principi dell’economia classica sono ancora in voga: non credo infatti che siano molto diversi da quello che oggi si insegna nel dipartimento di economia dell’università di Chicago, ovvero la teoria denominata ‘neoliberismo’ (fondata sui tagli ai servizi sociali, la stabilità della moneta e il paraggio di bilancio pubblico – cfr. Milton Friedman & Co. ndr).
Il neoliberismo di oggi non ha maggior valore di quello del primo
Ottocento, semmai ne ha meno.
Le idee di Ricardo e Malthus avevano infatti qualche attinenza alla realtà di allora; oggi invece quelle idee non ne hanno nessuna.
Il presupposto alla base dell’economia classica era che il lavoro fosse mobile e il capitale relativamente immobile.
Potevano dire: *se non riesci a procurarti da vivere sul mercato del lavoro, vai da qualche altra parte* perché si poteva davvero andare da qualche altra parte; dopo che erano state sterminate e espulse le popolazioni indigene degli Stati Uniti, dell’Australia e della Tasmania, gli europei poveri avevano qualche ‘altra parte’ in cui andare.
Quindi il lavoro agli inizi del XIX secolo era mobile e il capitale immobile.
In primo luogo perché il capitale significava principalmente terreni, e i terreni non si possono spostare, e poi perché gli investimenti erano necessariamente locali, data la mancanza di un sistema di comunicazioni che permettesse il trasferimento rapido del denaro da una parte all’altra del mondo come quello che abbiamo adesso.
[…]

2478

Oggi il lavoro è immobile, mentre il capitale è diventato mobilissimo, grazie soprattutto alle innovazioni tecnologiche.
Ma nonostante tutto, quelle teorie vengono insegnate ora come allora, anche se la realtà attuale è esattamente l’opposto di quella del primo Ottocento.
Se infatti il capitale è mobile e il lavoro immobile, non c’è ragione che il capitale mobile non possa andare in cerca di un vantaggio assoluto mettendo in competizione la forza lavoro di diversi paesi, andando dove il costo è più basso e di conseguenza abbassando il livello di vita di tutti.

2479

E questo è esattamente quanto fanno il NAFTA (Accordo di libero scambio nordamericano) e tutte le altre convenzioni per il commercio internazionale, Nessuno di questi modelli economici astratti funziona nel mondo reale.
E’ l’ideologia di base che non ha più rapporti con la realtà, e in ultima analisi non ne ha mai avuti”.

Che dire?
Semplicemente lapalissiano …

E queste ‘considerazioni’ sono solo ‘preliminari’ pur se importanti, perché riportano ai principi di causalità utili per comprendere la complessità del tema che oggi ci si ostina a chiamare ‘economia’.
In realtà è solo e soltanto ‘finanza’ e per sdoganarla, così com’è, hanno cercato di inculcarla, nell’immaginario collettivo, come ‘creativa’.
E come no … creativissima !!!

§

E’ l’economia bellezza …


§

Police officers investigate wrecked luxury cars at the site of a traffic accident on the Chugoku Expressway in Shimonoseki

L’ECONOMIA DELLA MORTE

“E’ matematico: quando si costruisce una strada si inaugura una nuova contabilità dei morti che saranno in seguito ricordati con mazzi di fiori, cippi, lapidi, fotografie, le cui testimonianze sono ovunque.
Piccoli cimiteri on the road.
Circa settemila persone ogni anno muoiono sulle nostre strade, quasi venti al giorno.
E un numero spaventoso, vicino a settantamila, è quello dei feriti, molti con lesioni permanenti.
I giornali di provincia aprono sempre con la cronaca mortuaria del motociclista che si schianta contro un palo o lo scontro frontale sulla statale.
Negli ultimi trent’anni, facendo due conti, dovrebbero essere morte più di duecentomila persone.
Nessuno dice niente.
Le società automobilistiche fanno le loro pubblicità con macchine sempre più potenti, che ti invitano a violare i limiti di velocità.
L’eccesso di velocità è una delle cause principali degli incidenti.
Ci rompiamo tanto i c….ni per un paio di spinelli e non regoliamo una pubblicità antisociale e omicida.
Non imponiamo ai costruttori un limite di velocità.
I media riportano le notizie con una rituale indifferenza.

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Le istituzioni invece di promuovere il decentramento e il telelavoro sviluppano la concentrazione e la mobilità.
E’ l’economia bellezza.
L’economia delle auto, della benzina con le accise statali.
E’ l’economia dei finanziamenti per l’acquisto delle auto.
Dei morti economici che valgono molto meno dei morti in guerra.
Se ne parla poco, sono morti banali, un po’ superficiali. un po’ se la sono cercata.
La quantità contro la qualità.
Uccidono più le pubblicità delle auto delle mine antiuomo.
E allora voglio la par condicio.

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Voglio anch’io dire la mia sulle reti nazionali (le NOSTRE reti nazionali) con uno spot che faccia capire che la velocità è violenza, che è un mito del passato, di persone vecchie, finite, che si gratificano con la marmitta invece che con la… ‘pa…ra‘. ( vedi foto   😉   )
Sì, voglio tornare in televisione per 30 secondi, subito dopo una pubblicità mortuaria, per ricordare soprattutto ai giovani, che la vita è altro, è altrove.
Non nei pneumatici, nelle ruote motrici, nei 220 all’ora, nelle SUV.
I velocimani sono dei poveretti, ma il vero problema è che non sanno di esserlo.”

30/06/2006 – Beppe Grillo

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Mi sembra un discorso di buon senso, ed infatti nessuna legge che vada in quella direzione viene neanche pensata;
auto sempre più potenti, sempre più numerose, vengono immesse sulle strade dove viaggiano (causa traffico) sempre più lentamente …
che conta è costruirle e venderle …
E’ l’economia bellezza …

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