Opinione Pubblica – Opinione Personale


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Tratto da POLITICA PER UN FIGLIO
di Fernando Savater
dal capitolo
DIZIONARIO DEL CITTADINO CHE NON HA PAURA DI SAPERE
Opinione pubblica / Opinione personale

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“I mezzi di comunicazione sono un fattore indispensabile nell’esercizio della cittadinanza democratica.
Configurano lo spazio pubblico in cui i cittadini si incontrano virtualmente, ricevono (e danno) informazioni, captano chiacchiere e pettegolezzi, presenziano a polemiche e sono al corrente delle proposte dei leader politici.
Ciò che nella democrazia ateniese fu l’agorà, la pubblica piazza dove si andava per incontrare e ascoltare gli altri, oggi sono la carta stampata, le televisioni, la radio, i blog e tutto il variegato panorama di Internet.

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Non esistono mezzi di comunicazione perfettamente neutrali e obiettivi.
Può non essere impossibile informare sulla realtà, o commentarla, senza prendere posizione, ma è ovviamente impossibile farlo senza assumere un punto di vista fra i molti possibili.
Se varie persone riunite nelle stessa stanza devono raccontare agli altri ciò che vedono dalla finestra, è quasi sicuro che ognuna di esse darà risalto a degli eventi o dei tratti del paesaggio omettendone altri, secondo i propri interessi, i propri gusti o i propri valori morali.

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Per ‘renderne conto’ (agli altri) di ciò che accade o di ciò che si vede bisogna, innanzi tutto, ‘rendersi conto’ (individualmente) di come stanno le cose: e ci rendiamo conto soltanto di ciò che preferiamo, di ciò che è importante per noi secondo ciò che siamo e che cerchiamo.
Molte volte, quando informiamo gli altri di ciò che consideriamo importante, diamo più notizie di noi stessi che non della realtà.
Per non parlare della volontà di ingannare o di manipolare il prossimo (o anche di ‘orientarlo’ per il suo bene), quasi mai del tutto assente nei grandi media
(dovrebbe esserci una materia scolastica che insegnasse a leggere i giornali, guardare la televisione, ascoltare la radio e maneggiare le fonti delle informazioni del web) (Sì, vabbè, aspetta e spera … ndr).

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Non è mai sufficiente una sola agenzia stampa o una sola emittente audiovisiva, per quanto possa sembrare affidabile.
Dobbiamo imparare ad analizzare anche i motivi per cui accettiamo più facilmente e meno criticamente certi dati o punti di vista rispetto ad altri (è quasi inevitabile avere dei pregiudizi, ma non guasta farsi un esame di coscienza, di tanto in tanto).
L’obiettivo non è, e non deve essere, avere una ‘opinione pubblica’ solida, piuttosto una ‘opinione personale’ abbastanza fondata e informata.

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Hannah Arendt fece una distinzione netta fra le due cose: la cosiddetta ‘opinione pubblica’ ha sempre qualcosa di prevaricante, perfino di totalizzante (una volta decretata, i cittadini hanno paura di dissentire da essa e l’accettano come uno dei tanti automatismi della loro vita); invece la ‘opinione personale’ è il segno distintivo del cittadino maturo, vale a dire, di chi lotta contro l’ignoranza che limita la nostra libertà.
E’ evidente che l’opinione personale non deve per forza allontanarsi da quella generale, od opporsi necessariamente a essa [quelli che pensano sempre il contrario rispetto alla maggioranza (pensante però ndr) sono in errore quanto i conformisti (cioè i non pensanti ndr)]: ciò che conta è come le persone arrivano a formarsi un’opinione personale, non ‘l’originalità’ di quest’ultima.
In altre parole, è importante tentare di arrivare da soli alle informazioni per poter pensare meglio, e non accumulare saperi altrui, acriticamente accettati che ci dispensino dal compito di pensare con la nostra testa.”

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Ecco dimostrata l’importanza del pensiero critico;
Wikipedia ci dice che “Il pensiero critico è un tipo di pensiero caratterizzato dai processi mentali di discernimento, analisi, e valutazione; comprende processi di riflessione su aree tangibili ed intangilbili con l’intento di formare un giudizio solido che riconcilia l’evidenza empirica con il senso comune”.
Partendo da questa spiegazione, volgendo lo sguardo intorno a noi, alla televisione, ai giornali, alla politica ed anche, ultima ma non ultima, alla gente credete che siano in molti coloro che “discernono, analizzano e valutano” ?
Oppure pensate che la maggioranza segua acriticamente (e beotamente) l’onda ?

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Trattato Onu contro le armi nucleari, la NATO proibisce ai 29 Stati Membri di aderire (e nessuno si indigna)


 

A parte Manlio Dinucci su il Manifesto, qualcuno lo scriverà in questo Paese dove vige (almeno dicono) la libertà d’informazione?

Sorgente:     Trattato Onu contro le armi nucleari, la NATO proibisce ai 29 Stati Membri di aderire (e nessuno si indigna) – World Affairs – L’Antidiplomatico

Vuoto (parte seconda)


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Proseguiamo il nostro ‘viaggio’ nel pensiero dell’autore sull’universo dei giovani, in cui ci rappresenta una descrizione (amara) di una parte di loro;
Io lo leggo come una denuncia e non come una semplice constatazione, uno sprone a ricercare delle soluzioni e dei cambiamenti che migliorino l’attuale situazione.
Ovviamente ciò sarebbe fattibile solo nell’ambito di una operazione (e non basterebbe un restyling) che riguardi l’Uomo nella sua interezza e non solo in una parte della sua vita.

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Da I VIZI CAPITALI E I NUOVI VIZI
di Umberto Galimberti
eccovi la seconda parte del capitolo
VUOTO
(la prima parte la trovate qui)

“L’OTTIMISMO EGOCENTRICO
Quando l’indifferenza emotiva si coniuga col fatalismo connesso al concetto di destino (sono fatto così), il vuoto si esprime in quell’ottimismo egocentrico di cui parla il sociologo Falko Blask, nel suo ‘Q come caos’ (1996).
*Meglio esagitati ma attivi, che sprofondati in un mare di tristezza meditativa, perché se la vita è uno stupido scherzo, dovremmo almeno poterci ridere sopra*.
Portando alle estreme conseguenze il principio di non dover mai chiedere il permesso a nessuno, gli ottimisti egocentrici non chiedono più nulla nemmeno a se stessi, e si dedicano totalmente al compito di inventare nuove regole del gioco laddove grava la routine.

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Inscenano in questo modo tutta la loro vita come un esperimento sociale dall’esito incerto e vanno su di giri al semplice e esaltante pensiero che ciascuno nella propria vita va in diretta ventiquattro ore su ventiquattro.
Il loro modo di relazionarsi alla vita prevede infatti che si agisca come virtuosi dell’irresponsabilità, sena nessun riguardo per la propria storia personale, senza rispettare impegni e senza temere le eventuali conseguenze del proprio agire, dal momento che tutte le scelte sono disponibili e quelle effettuate tutte revocabili.
Dalla perdita di identità, che si costruisce solo con la consequenzialità delle nostre azioni e con l’irrevocabilità delle scelte, nasce quel frazionamento psichico, dove l’identità vive nel gesto misurato non sulla scala del bene e del male, di cui non si distingue più il confine, ma sulla scala della noia e dell’eccitazione, della ripetizione e della novità.
Nell’esperienza ormai assaporata da questi giovani circa la loro non incidenza, neppur minima, nel cambiare le regole di una società tecnologicamente ed economicamente, ma non politicamente o moralmente ordinata, ognuno va alla ricerca della nicchia adeguata dove poter mettere in scena la propria disarticolata avventura, che appare naturalmente come un’esplorazione delle sconosciute possibilità dell’esistenza.
[…]

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L’INERZIA CONFORMISTA
Tra le forme del vuoto, è la più diffusa.
Essa è caratterizzata da quella ‘rassegnazione contenuta’ così ben descritta da una ricerca dell’Eurisko, là dove si parla della ‘tipologia degli abbastanza’ con riferimento a quei giovani che vanno abbastanza d’accordo con i loro genitori, i quali concedono loro abbastanza libertà.
Hanno abbastanza voglia di diventare adulti, ma non troppo in fretta.
Nessun progetto per il futuro anche perché non ci sono abbastanza opportunità, nessun ideale da realizzare anche perché non ce ne sono di abbastanza coinvolgenti.
Sono giovani che si riconoscono per il loro basso livello di auto-considerazione, per loro sensibilità gracile, introversa, indolente, per la loro inerzia provocata da un’eccessiva esposizione agli influssi della televisione e di Internet.
Un’unica preoccupazione: procurarsi un’incredibile quantità di tempo libero per assaporare fino in fondo l’assoluta insignificanza del proprio peso epocale.
[…]
Il tutto condito con un acritico consumismo, reso possibile da un’inedita disponibilità economica che, per disinteresse o per snobismo. questo giovani neppure utilizzano, perché le cose sono a disposizione prima ancora di averle desiderate.
E così, a questo tipo di giovani viene attribuita una valenza di ‘mercato’ prima ancora che di identità.
Su di essa si buttano le nuove aree di profitto che hanno fatto (cinicamente ndr) proprie le istanze stilistiche, comportamentali ed espressive tipiche della loro condizione psichica che la pubblicità, la produzione dell’abbigliamento, le agenzie di viaggio e l’industria del divertimento hanno decodificato molto meglio di quanto non abbiano fatto le statistiche sociologiche, le analisi psicologiche del profondo, la cultura devitalizzata della scuola, dove molti insegnanti non avvertono alcuna corrispondenza tra quanto si apprende in classe e quanto si intravede dalla finestra.
E che c’è fuori da quella finestra?
[…]

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*Al di là dei vetri c’è l’America, la cui scoperta è questione di mesi per qualsiasi ragazzino del pianeta.
Il tempo di essere svezzato, di appropriarsi delle categorie del discernimento e l’America diventa uno stato mentale*.
(cfr: GLI SPRECATI – I turbamenti della nuova gioventù – 1995 – di Stefano Pistolini)
A questo punto incomincia quell’emigrazione verso il modello americano da parte di legioni di adolescenti e ventenni che porta a quelle ‘omologazione planetaria’ che Pier Paolo Pasolini (rimasto inascoltato, ndr) denunciava come il rischio maggiore
per le generazioni future le quali, deprivate dalle specificità locali ormai umiliate, sarebbero rapidamente entrate in crisi di identità.
[…]
In questo modo tra i quindici e i venticinque anni, quando massima è la forza biologica, emotiva e intellettuale, molti giovani vivono parcheggiati in quella terra di nessuno dove la famiglia non svolge più alcuna funzione e la società nessun richiamo, dove il tempo è vuoto, l’identità non trova alcun riscontro, il senso di sé si smarrisce, l’autostima deperisce.
Ma che ne è di una società che fa a meno dei suoi giovani?
E’ solo una faccenda di spreco di energie o il primo sintomo della sua dissoluzione?
Forse l’Occidente non sparirà per l’inarrestabilità dei processi migratori, contro cui tutti urlano, ma per non aver dato senso e identità, e quindi aver sprecato le proprie giovani generazioni.”

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la Povertà moderna


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Lo Stato non dedica più le sue attenzioni alla povertà con lo scopo primario e fondamentale di tenere in buone condizioni i poveri, ma con quello di sorvegliarli e di evitare che facciano danni o che creino problemi, controllandoli, osservandoli e disciplinandoli.

Zygmunt Bauman

(il dipinto è opera di James Campbell)

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immagine e testo tratti da  INFORMAZIONE LIBERA

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è sempre una questione di CoeRenzi


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… e fosse solo un problema di coerenza (quella ormai nella politica italiana è morta e sepolta da tempo) …

vorrei dare un suggerimento ai truffati dalle banche :
lasciate ogni speranza, o voi che entrate
in contatto con le banche dal PD salvate …

Certo è che cose come questa oltre (solo apparentemente inspiegabili) fanno cadere le braccia (per non dire peggio).

😦

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immagini reperite sul Web

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Ingranaggio Uomo


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“Nel capitalismo l’attività economica, il successo, i guadagni materiali diventano fini in se stessi.
Diventa destino dell’uomo contribuire allo sviluppo del sistema economico, accumulare il capitale non per la propria felicità o salvezza, ma come fine in sé.
L’uomo diventa un semplice ingranaggio dell’immensa macchina economica.”

(Erich Fromm – Fuga dalla libertà)

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testo ed immagine tratti da
Realtà, inganno e manipolazione

 

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