la ‘Crescita’ che impoverisce


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e non è un calembour  … (per nostra sfortuna)

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Andiamo a leggere, ancora una volta, alcune pagine de

L’ANTIMANUALE

perché contiene, in ogni pagina, spunti di riflessione arguti, critici, argomentati e storicamente ineccepibili.
Veramente una chicca !

Capitolo   DALLA PARTE DEI PAESI POVERI

“L’assenza di protezione delle industrie nascenti e, ancora, il famoso fenomeno dei rendimenti crescenti spiegano la catastrofe del Sud del mondo, incapace di formare una mano d’opera qualificata, costretto a specializzarsi nella vendita dei prodotti primari (materie prime o frutta o legumi), e preso dall’ingranaggio che l’economista Jadig Baghwati ha denominato *la crescita che impoverisce*: quanto più il mio tasso do crescita sale, tanto più mi impoverisco.

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Per esempio, supponiamo che io voglia a ogni costo favorire le industrie esportatrici del mio paese, per farvi affluire valuta estera con cui sviluppare il settore esportatore dell’economia, accresce ulteriormente i proventi in valuta e così via.
Provocando artificialmente la crescita di questo settore, che beneficia certamente di un vantaggio strategico sulla concorrenza estera (la Francia metropolitana non lotterà per andare a produrre, poniamo, banane in Costa d’Avorio), metto in difficoltà gli altro settori della mia economia, in quanto provoco un forte rialzo dei prezzi delle risorse interne che si ripercuote anche sugli altri settori nazionali (inflazione).
Così o prezzi della benzina, del pane, del lavoro s’impennano.
Gli altri settori (pensiamo all’industria tessile in India o all’artigianato del ferro in Africa) vanno in rovina ed eccomi obbligato a importare prodotti alimentari a basso prezzo, inferiore al costo di produzione dell’agricoltura locale.

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I contadini abbandonano i campi e per nutrire questa popolazione, che va a ingrossare le bidonville, devo indebitarmi.
Le esportazioni del mio famoso settore esportatore non bastano più a coprire gli interessi del debito, quindi devo contrarre altri debiti.
La splendida scelta di promuovere un’industria esportatrice ha rovinato il paese.
I super-profitti del settore esportatore nascondono la rovina di altri settori, della quale nessuno si accorge, perché il settore autarchico dell’economia non è rilevato dalla contabilità nazionale, mentre le esportazioni lo sono.
Fino al giorno in cui l’industria esportatrice si ferma a sua volta, per l’impossibilità di rimborsare i debiti.
La storia diviene ancor più assurda quando i banchieri dei paesi del Nord del mondo, dopo la triplicazione del prezzo del petrolio nel 1973 corteggiano i paesi del Sud e li incitano a indebitarsi dicendo: ‘Forza, ecco i prestiti! Viva la produttività!’
A volte le cose sono ancora più brutali.

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L’Inghilterra ha annientato l’industria tessile indiana.
Quando non imponeva di comprare prodotti tessili inglesi, vietava di produrne in India.
L’Inghilterra ha rovinato un continente per mettere le mani su un’industria, quella tessile, che gli ha restituito cent’anni dopo, quando non presentava più alcun interesse (però diede origine alla prima rivoluzione industriale europea ndr).
Perché l’Inghilterra ha agito in questo modo?
Perché obbediva alle decisioni della lobby tessile.
[…]
Oggi l’Europa e gli Stati Uniti parlano per conto delle loro lobby agricole, ingozzate di sovvenzioni, che stanno dando il colpo di grazia alle economie dell’Africa e di altre regioni.
Ma sempre in nome della ‘libertà di commercio’.
Non si può concludere questo breve ‘giro di pista’ del commercio internazionale senza parlare del Tour de France.
Il Tour offre una bella metafora della concorrenza.
Supponiamo che un corridore faccia ricorso al doping.
Che cosa fanno gli altri? Si dopano anch’essi, altrimenti la vera gerarchia dei valori risulterebbe alterata.
Che cosa si può fare per evitare che il Tour diventi la corsa dei dopati?
Ci vuole una legge per tutti, una protezione che garantisca l’assenza di doping, invece di lasciare il mercato libero di fornirlo.

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Sul piano della concorrenza internazionale la ricerca di costi bassi, di manodopera a buon mercato, le ragazzine che in Cina lavorano 70 o più ore alla settimana sono l’equivalente del Tour dei dopati.
Si potrebbe immaginare una competizione leale. dove le leggi sul lavoro sono uguali per tutti, dove i fanciulli sono protetti, dove la qualificazione del lavoro e non soltanto il suo sfruttamento, generi crescita.
Va in questo senso il commercio ‘equo’, dove si scambiano soltanto beni prodotti in modo da riflettere un minimo accettabile di diritti sociali e di rispetto dell’ambiente.
Il commercio internazionale ha arricchito il pianeta?
Il mondo è diventato più ricco?
Ecco una bella domanda da esame di filosofia!
Gli economisti da parte loro non esitano a rispondere di sì, il mondo, l’umanità si sono arricchiti dal tempo della grotta di Lescaux, risalente a circa 150.000 anni fa. I nomadi cacciatori- raccoglitori, che vivevano come parassiti di branchi di bisonti e di cavalli selvatici, si sono sedentarizzati.
Hanno creato la religione, lo Stato, la moneta e poi il capitalismo.
La popolazione del mondo è aumentata di molto, proprio come la sua speranza di vita.
Non so se l’ora passata da Ulisse a contemplare un tramonto a Itaca valesse più o meno dell’ora del turista obeso che scende dal suo pullman per scattare fotografie.

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E forse il piacere provato da Blaise Pascal nel cercare di risolvere un problema di gioco d’azzardo posti dal suo amico De Méré, grande giocatore, non è diverso da quello del ricercatore del CNRS (Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica) che si sforza di scoprire una nuova molecola.
Ma so di sicuro che in Francia gli uomini vivono più a lungo, in condizioni di vita (per quanto concerne l’accesso all’acqua, per esempio o ai farmaci) migliore di quelle dei non lontani antenati del XVIII secolo.
Sono anche più felici?
Questo è un altro paio di maniche.
Un economista direbbe di sì, poiché lui misura il benessere per mezzo della quantità: un individuo che ha due automobili, secondo l’economista, è necessariamente più felice di un individuo che ne ha una sola.
Può darsi che il nostro proprietario di vetture non provi alcun piacere nel contemplare un cielo stellato o un roseto in fiore, nell’annusare un profumo che non sia quello della benzina, ma si tratta di ‘effetti esterni negativi’, di danni collaterali, di prodotti congiunti qualitativi inseparabili dal prodotto principale, l’automobile, fattori non misurabili (mentre l’automobile dà una felicità misurata dal suo prezzo) quindi fuori dall’economia.
L’economia vi dirà:
‘Guardate la Cina! Che tasso di crescita! Che aumento del reddito pro capite!
Il miracolo del capitalismo si sta compiendo!’

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Ma forse il benessere non è la felicità e il nostro economista, divenuto improvvisamente pensoso, vi proporrà la favola del ciabattino e del banchiere di La Fontaine, con una riflessione sulla grande felicità che, secondo lui, alberga nel cuore del ‘primitivo’, dell’aborigeno, dell’indiano, dell’africano che ha potuto conoscere grazie alla sua agenzia di viaggi e turismo.
‘Eh sì, lui sì che sa vivere, sa che un tramonto vale più di un conto in banca’ mormora l’economista aprendo il frigorifero.
Ma ecco come stanno le cose: oggi, per molti paesi del Sud, non soltanto il tramonto è fuori questione, in quanto le bidonville e l’inquinamento impediscono di vedere qualsiasi cosa, ma la speranza di vita non cresce più, dato che le epidemie devastano le popolazioni.
E all’orizzonte si profilano nuove minacce, come gli ostacoli all’accesso all’acqua.
Si può pensare, senza ridere, che un giorno tutta la popolazione del mondo potrà fare questa scelta incredibile: aprire un rubinetto e utilizzare l’acqua che esce per… berla?”

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Ricordiamo che la pubblicazione è del 2003, quindi quattordici anni fa,
si può valutare come le ‘situazioni’ si sono andate evolvendo o involvendo.
Circa il rubinetto e l’acqua, una testimonianza di Exodus che aveva persone impegnate in una bidonville a Nairobi, riportava la notizia che un litro di Coca Cola, costava meno che procurarsi un litro d’acqua.
Da non credere ma era così (speriamo non lo sia più, ma sussistono seri e motivati dubbi) !
Pertanto, il consiglio è, al primo cosiddetto ‘politico’ che spara la solita cavolata/slogan ‘aiutiamoli a casa loro’, di mandarlo serenamente a quel paese (sappiamo come li ‘hanno aiutati’ fino ad oggi).

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E, per quanto riguarda il ‘mortadella’ (riesumato in video ed audio nei giorni scorsi) sapete che, attualmente, è incaricato dall’ONU per ‘risolvere’ (come? as usual !) alcuni problemi dell’Africa sub-sahariana e del Sael ?
Una farsa !
La ‘solita’ farsa !
Perché, piaccia o non piaccia, stiamo vivendo in un mondo-farsa, in attesa della tragedia finale …
Auguri neh…           😉
(citazione)

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E di mio cosa posso aggiungere ?
E’ stato già detto tutto, ora occorrerebbe passare alle azioni ma, considerando quelle che sono state intraprese fino ad ora, non si capisce se questa è una ‘speranza’ oppure una ‘previsione funesta’ …                   😦

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