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Secondo l’archeologo Henri Frankfort, il pensiero primitivo «non conosce il tempo come durata uniforme o come successione di momenti qualitativamente indifferenti».
L’esistenza, fuori dal tempo, è un’esistenza calata in un continuo presente, hanno spiegato Gunnel ed Eliade: un presente libero dal passato e non soffocato dall’ossessione del futuro; un presente vissuto nell’immediatezza dei sensi, nell’attenzione dell’esserci costantemente e completamente; un presente ampio e illimitato capace di cogliere il fatto che ogni istante è prezioso e irripetibile. I primitivi, lo ha affermato splendidamente Withrow, non vivono nel tempo: «i primitivi vivono nell’adesso, come tutti noi quando ci divertiamo».
Per frantumare questa partecipazione diretta a una vita goduta nell’adesso, occorreva asservire la coscienza a una pretesa di temporalità; e per imporre una tale pretesa si doveva predisporre uno strumento che visualizzasse l’idea di un tempo seriale, replicabile, capace di tornare meccanicamente su se stesso:
occorreva il calendario.
Enrico Manicardi – Liberi dalla civiltà
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Immagine e testo tratti da Mosca Bianca
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