chi ricorda cos’è la ‘gratuità’ ???


§

Le conoscenze non sono ‘pareri’ più o meno interessati, sono dati storici, sociali, ricostruzioni precise di ‘realtà’ vissute nei loro tempi, non nel nostro.
L’uomo moderno ha la ‘spocchia’ di credere in una superiorità culturale e intellettuale rispetto ai nostri avi.
Sbagliato !

3155

E qui mi sovviene (anche se non ricordo ad opera di chi) una vecchia affermazione:
*Una massaia di Amburgo ha un numero di informazioni assolutamente superiore a un amanuense del Medioevo, ma ha un grado di conoscenza assolutamente inferiore*.
Di conseguenza, la conoscenza non corrisponde alla quantità di dati che hai immagazzinato (il nozionismo), ma dalla capacità di ‘processare’ gli stessi (tanti o pochi che siano), formando una costruzione culturale e umana che, in quasi tutte le circostanze, ti aiuta a dare o a darti risposte che derivano dalle consapevolezze che hai acquisito.
Il rischio, che in molti corrono, è quello di ‘abdicare’ a se stessi; sta a dire che pur avendo o potendo avere le risposte, gli atti che si compiono sono poi incoerenti e incongrui, vuoi per il ‘tengo famiglia’, vuoi per la paura dell’ignoto o di uscire dal gruppo, vuoi per il ‘sì … macchissenefrega’.
Il risultato è un mondo assolutamente schizofrenico, dove si ‘predica’ bene, e si razzola dal male al malissimo.
(citazione)

Questa premessa (condivisibile) ci porta a riflettere sul fatto che tutto questo ‘abdicare’ ha provocato enormi ‘errori di percorso’ e la perdita di tanti valori;
di certo un ‘fondamentale’ di cui si sono perse le tracce, travolto dall’egoismo imperante, è la ‘gratuità’.

2843

Leggete cosa pensa e scrive Bernard Maris nel suo ANTIMANUALE DI ECONOMIA

Capitolo:    ELOGIO DELLA GRATUITA’

“Abbiamo iniziato con la questione delle scarsità e della distribuzione, concludiamo con una nota di ottimismo relativa all’abbondanza: quella della cultura e della conoscenza.
E’ difficile parlare di abbondanza quando oltre un miliardo di persone non ha accesso diretto all’acqua!
La questione dell’acqua, per l’appunto, mostra che il problema economico è lontano da una soluzione.
Eppure arriverà un giorno in cui l’umanità si troverà a lottare per ciò che può avere in abbondanza (e quindi cesserà di lottare, giacché non si lotta per ciò che abbonda) e non più per quello che l’attività economica rende drammaticamente scarso.
Il capitalismo organizza la scarsità, i bisogni e la loro frustrazione.
Le generazioni passano, si arricchiscono (accumulano oggetti e rifiuti), ma sembra che la frustrazione e la paura del futuro e della privazione non diminuiscano.
Gli economisti raccontano che il funzionamento della società è naturale, che lo scambio di mercato è primordiale e naturale, che la concorrenza è anch’essa qualcosa di naturale, che non si può contraddire il mercato.
Se per mercato si intende ‘il girotondo dei potenti’ (analisti, esperti, multinazionali, banche d’affari, agenzie di rating, giornalisti finanziari, politici) è vero.
Ma non vi è nulla di meno naturale di un mercato creato, organizzato, istituzionalizzato a favore di interessi molto particolari, né vi è nulla di più inefficiente.
La storia, la genesi dei mercati, dei prodotti, delle invenzioni, la loro relazione con sociologia, l’antropologia, i costumi, la psicologia, la geografia, la politica … di tutto questo dovrebbe occuparsi una buona analisi economica, che privilegi la storia e i fatti.
Tutto il resto è solo ideologia o, nella migliore delle ipotesi, cattiva psicologia.
Lasciamo agli psicologi e ai filosofi le interminabili argute dispute sulla razionalità: sanno parlarne molto meglio degli economisti, invischiati nella loro misera analisi ‘costi-benefici’.

3152

Nulla aiuta a capire i fenomeni economici quanto immergersi in una disciplina come la storia, che non ha la pretesa di inventare leggi.
Per capire come mai la fecondità è crollata nei paesi occidentali, si può leggere il premio Nobel Gary Becker e i suoi deliri sul calcolo economico delle coppie che scelgono fra la qualità e la quantità dei figli (giuro che non sto inventando nulla), oppure il meraviglioso Philippe Aries (cfr, Essai sur l’histoire de la mort en Occident -1975 ) che ha avuto la pazienza di studiare la lenta evoluzione del controllo delle nascite in Francia.

3153

Dare risalto i problemi economici ricorrendo all’antropologia o alla storia è sempre un metodo fruttuoso.
Per capire la situazione attuale della previdenza sociale, della disoccupazione o del lavoro, niente è più utile che studiare la storia della protezione sociale, della povertà e delle corporazioni.
Il filo conduttore di questo libro, sempre trasparente in filigrana, è il grande dibattito sul ‘mercato’ e sul ‘gratuito’.
L’uomo non è né egoista né generoso … è entrambe queste cose e molte altre ancora.
L’economia è riuscita ad appropriarsi di molti miti: la libertà (il libero mercato), l’uguaglianza (dei consumatori, degli azionisti, del lavoratore che si sceglie il padrone e del padrone che si sceglie il lavoratore), il benessere, forse persino la felicità.
Ma due miti le sono interdetti per sempre: la gratuità e la solidarietà.
Eppure alla fine di questo Antimanuale, dovrebbe essere chiaro che la gratuità e la solidarietà determinano la crescita, l’invenzione, la ricchezza, malgrado la concorrenza, sostanzialmente inefficiente.
L’economia mercantile si appropria di ciò a cui non ha diritto: lo spirito di gratuità della ricerca e la solidarietà, che spiegano la sinergia e i rendimenti crescenti.
Ne trae guadagni monetari e simbolici sui quali non può accampare alcuna pretesa.
Come certe tribù nomadi del deserto che utilizzano abusivamente il sottosuolo dei paesi dove sono per puro caso nate, così il capitalismo si appropria del sapere del passato, dello spirito d’inventiva e di ricerca, della propensione alla cooperazione, nonché della solidarietà nelle avversità e della pratica del dono.
*Il capitalismo ha potuto sopravvivere soltanto perché ha ereditato una serie di tipi antropologici che non ha creato e che non avrebbe potuto creare da se stesso: giudici incorruttibili, funzionari integri di stampo ‘weberiano’, educatori che si consacrano alla loro missione, operai dotati di una certa coscienza professionale e così via.
Questi tipi non nascono spontaneamente, ma sono stati creati in epoche storiche precedenti facendo riferimento a valori che allora erano consacrati e incontestabili: l’onestà, il servizio dello Stato, la trasmissione del sapere, lo zelo nel lavoro e così via.

3154

Oggi, nelle nostre società questi valori sono divenuti notoriamente risibili, le uniche cose che contano essendo la quantità di denaro che si è intascato, non importa come, e il numero di volte che si è apparsi in televisione* (cfr. Gli incroci del labirinto -1988. di Cornelius Catoriadis).
Il sistema di mercato sopravvive soltanto perché fagocita tutto quello che discende dalla gratuità e dalla solidarietà.
Si appropria dei beni pubblici e impone pedaggi per il loro uso.
Un servizio pubblico integerrimo è molto più efficiente di un servizio pubblico corrotto.
Senonché, dal punto di vista dei valori di mercato e del calcolo economico, e anche da quello della contabilità nazionale, è il funzionario corrotto o imbroglione che ha teoricamente ragione.
Virtù come l’onore, la fedeltà, il rispetto degli altri, la morale, non hanno alcun interesse per l’economista, a meno che si presentino sfigurate da qualche grottesca formulazione del tipo: ‘Quanto mi rende essere onesto?’
Dobbiamo smascherare instancabilmente i rapporti di potere che si celano sotto le ‘evidenze’ economiche, rifiutare spietatamente le leggi (‘i profitti di oggi sono i posti di lavoro di domani’, il ‘commercio arricchisce’, ‘la Borsa tira le crescita’) e tutte le false evidenze (‘gli Stati Uniti sono un paese liberale’: al contrario, sono nazionalisti, interventisti in campo economico e fanno un enorme ricorso, specie in materia di ricerca, ai fondi pubblici).
La gratuità e la solidarietà sono di buon auspicio per quella che potrebbe essere la società di domani, una volta scomparso il problema economico.
Può darsi che l’ideologia economica regni per sempre: Orwell e Huxley hanno raccontato la fine della storia e l’eternità dell’orrore economico.

3156

Ma facciamo un sogno: quando l’economia e gli economisti saranno scomparsi, o saranno stati quanto meno relegati in ‘secondo piano’, saranno scomparsi anche il lavoro senza senso, la servitù volontaria e lo sfruttamento degli esseri umani.
Allora sarà il regno dell’arte, del tempo oggetto di libera scelta, della libertà.
Chi sognava tutto questo?
John Maynard Keynes, il più grande degli ‘economisti’.”

§

Anche in questo testo si chiarisce il concetto di ‘antropologia culturale’ di cui, alcuni, credono di poter ancora riderci sopra.
Riflettete, perché NON siamo tutti uguali, piaccia o non piaccia.

§

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.