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Agli inizi del secolo nuovo, un movimento su scala mondiale, assumeva il nome di NO GLOBAL e la giornalista canadese Naomi Klein editava un libro mettendoci al corrente dei ‘maneggi’ che il ‘grande capitale’ stava mettendo in atto per produrre quello che, oggi, abbiamo sotto gli occhi e che guardiamo con impotenza, perché la gente si trova senza capacità, coraggio e volontà di cambiare ‘senso’, partendo innanzi tutto da se stessi.
Durante una manifestazione tenutasi a Barcellona un giovane espose un cartello con scritto (in spagnolo) l’equivalente italiano di:
*il nostro conformismo è la loro forza*.
Più chiaro di così…
Bisogna cominciare a cambiare se stessi, nelle abitudini, negli atteggiamenti, nelle ‘voglie’, nella mistica, dove ancora esiste…
insomma, è molto semplice: cercare di migliorarsi come persone, non come personaggi, cercando di non correre dietro ai Totem che ci vengono presentati e proposti da chi non ha nessun interesse al nostro miglioramento, anzi, più coglioni siamo, e più loro vivono di ‘prepotenza’.
E’ come rubare le caramelle ai bambini…
(citazione rielaborata)
Quindi proviamo ad ampliare il discorso utilizzando ancora l’ANTIMANUALE di Maris :
GLOBALIZZAZIONE E COMMERCIO INTERNAZIONALE
“Secondo una concezione troppo diffusa, il progresso degli scambi internazionali conseguirebbe dallo sviluppo delle economie nazionali, che a sua volta nascerebbe dall’integrazione delle economie locali e dalla *propensione dell’uomo a barattare, scambiare, cedere una cosa in cambio di un’altra*
(cfr. Adam Smith)
Le cose non stanno così !
Se la divisione del lavoro favorisce gli scambi, questi si manifestano a livello internazionale.
Nella ‘Grande trasformazione’ (1974), Karl Polany (sociologo/economista e filosofo) mostra come l’istituzione del mercato, benché molto antica, e riservata ai rapporti internazionali, giochi un ruolo molto secondario nelle relazioni fra gli uomini.
L’economia non esiste in quanto sfera autonoma della vita sociale e i prodotti non vengono ripartiti secondo la logica del guadagno, bensì sulla base di moventi extra-economici fra i quali si trovano le relazioni politiche, di parentela o religiose.
Contrariamente alle asserzioni di Smith, la maggior parte delle civiltà pre-capitalistiche rivela avversione per lo scambio micro-economico motivato dall’interesse, preferendo i rapporti di reciprocità e la ridistribuzione dopo la centralizzazione delle ricchezze.
La costruzione dei mercati interni obbedisce anche al desiderio politico di spogliare i produttori (gli artigiani, le corporazioni … etc) dei loro diritti, a vantaggio dei ceti mercantili.
La dottrina ‘mercantilista’, per esempio, asseconda la volontà di favorire i mercati interni a scapito di quelli internazionali, *segnando una separazione sempre più netta fra il commercio locale e il commercio d’esportazione; fu questa la reazione urbana di fronte a una mobilità del capitale talmente forte da minacciare di disintegrare le istituzioni della città:*
(cfr. La grande trasformazione – Karl Polany)
LA GLOBALIZZAZIONE E’ UNA CREAZIONE POLITICA ?
La globalizzazione sembra essere una fase di diffusione eccezionalmente rapida del progresso tecnico.
Ma è veramente tale?
Il motore a scoppio è stato brevettato nel 1877.
E’ soltanto nel 1930, cinquant’anni dopo, che la metà degli americani possiede un’automobile.
La teoria del calcolatore è stata elaborata da John von Neumann nel 1945.
E’ soltanto nel 2000, cinquantacinque anni dopo, che la metà delle famiglie americane possiede un calcolatore.
La televisione si diffonde più o meno allo stesso ritmo, e così pure il telefono.
Si osservano delle ‘pulsazioni cinquantenarie’ sul tipo di quelle di Kondratieff, l’ideatore di cicli lunghi che portano il suo nome (Onde di Kondratieff ndr).
Cinquant’anni, ossia all’incirca due generazioni: una generazione incantata, pronta ad adottarla con entusiasmo (fase dell’espansione), e una generazione disincantata, sempre meno entusiasta (fase del riflusso).
E’ opportuno aggiungere che una parte cospicua del commercio internazionale – circa la metà – è costituita da scambi ‘intra-firm’, si volge cioè fra succursali, stabilimenti o filiali (o scatole cinesi ndr) di una stessa società multinazionale.
Si tratta davvero di commercio internazionale ?
Oppure di divisione internazionale del lavoro organizzata da una stessa impresa per eludere normative statali in materia sociale o fiscale ?
In pratica, si mira a lavorare là dove non esistono leggi sul lavoro e a far rientrare i profitti nei paesi in cui sono poco tassati, o a trattenerli nei paradisi fiscali quando questa soluzione è autorizzata, come prevede (al pari di altre) la legge americana.
Il grande impulso alla globalizzazione viene dalla decisione presa da Nixon nel 1969, di lasciar fluttuare il dollaro, poi dalla sua svalutazione, nel 1971, e infine dal riconoscimento (1976), da parte di tutti i paesi ricchi, dello sganciamento del dollaro dall’oro.
I mercati monetari liberalizzati hanno a loro volta liberalizzato i mercati del capitale e provocato in tutto il mondo la flessibilizzazione del lavoro.
La globalizzazione è, molto semplicemente. la disintegrazione dello Stato assistenziale nei paesi ricchi.
Non vi è mercato che non sia stato creato politicamente e la ‘globalizzazione’ non fa eccezione alla regola.
[…]
Nella dinamica Stato-mercato che scandisce la vita del capitalismo, ciò che noi chiamiamo ‘globalizzazione’ è un momento dell’affossamento dello Stato-nazione in quanto protettore dei più deboli, di chi vive soltanto del proprio lavoro.
E’ vero che lo Stato, pur essendo un’entità perenne, è anche l’espressione dei rapporti di forza prevalenti in un dato momento: lo Stato assistenziale è nato sotto la spinta di possenti movimenti dei lavoratori; la sua scomparsa segna il crollo del movimento operaio e delle lotte sociali.”
Il libro è del 2003… dovrebbe essere chiaro che Maris, non essendo un ‘preveggente’ si è solo limitato a considerare ‘l’ovvio’ con occhio critico, storico, sociale, antropologico, pervenendo alla ‘semplificazione’, nel senso di ‘sunto’, di un ‘tutto’ ormai condito con ogni salsa possibile e immaginabile.
I ‘fondamentali’ non si possono inventare.
Ci sono, e sono lì come ‘colonne’ del pensiero, senza le quali, tutta l’impalcatura cade su stessa.
Ad esempio: te la possono raccontare come vogliono, ma se la ‘politica’ non si decide ad eliminare i ‘paradisi fiscali’ (e potrebbe farlo in pochissime mosse) poi è inutile che faccia le ‘finte’ guerre puniche contro gli evasori.
Sono loro stessi i primi evasori, loro e i loro ‘amici’.
Cavolo!
Non ci vuole un QI abnorme per capirlo…
(le citazioni riportate sono da me in parte rielaborate)
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