troppo spesso ‘senza vergogna’ …


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C’è modo e modo di ‘sentire’ la vita : in contro-tendenza con gli immancabili e inarrestabili cazzeggi in cui la gente si trastulla inconsapevole e incosciente oppure … fare come loro !
Essendo utilizzatore del Web portiamo un esempio che lo riguarda :
paginate e paginate di commenti (di vario ‘posizionamento’ ma grosso modo tutti critici) inerenti una ‘cazzata’ sparata da un … (definitelo da voi) che, dice, di fare il ministro (che sia a sua ‘insaputa’ ? ).
Come ormai troppo spesso capita, chi non ha niente da dire (di nuovo e/o originale) si sente comunque nel ‘diritto’ di partecipare alla festa del ‘nulla’, per soddisfare la propria voglia di ‘protagonismo’, attore di un teatrino senza arte né parte.

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Certo è che, con questi atteggiamenti, non si va da nessuna parte … non si ‘cresce’ !!!
E’ inutile sottolineare che non sto parlando di crescita ‘economica’, cioè quella ‘idea’ malsana (ed alla lunga irrealizzabile) che è sulla bocca dei politici (e dei ‘maitre a penser’ loro ‘dipendenti’) ormai quotidianamente … credo lo abbiate capito        😉        

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Dunque vediamo di ‘crescere’ tutti insieme affrontando un argomento di non secondaria importanza, il “pudore” (come sinonimo di vergogna) che non ha ha che fare con la ‘paura’ del giudizio altrui, ma, piuttosto, come un fatto ‘intimo’, come una misura che ognuno si deve dare e che permetta innanzi tutto di sentirsi ‘in ordine’ con se stesso.

Un po’ quello che Friederich Nietzsche definiva così:
“Le persone vere hanno il pudore dei sentimenti”.

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Estrapoliamo  allora  dal  libro    SENZA VERGOGNA    di  Marco Belpoliti  lo  stralcio  del
capitolo: ATENE

“Nel dialogo platonico PROTAGORA, Socrate viene svegliato verso l’alba da un giovane, desideroso di farsi strada nella vita pubblica, che gli chiede di presentarlo al sofista Protagora.
Socrate lo accontenta e lo conduce da lui.
Il filosofo sofista, desideroso di mostrare la propria arte persuasiva, il suo sapere retorico, decide di ammaestrare il giovane alla presenza di Socrate e di altri due sofisti, Ippia e Prodico.
Ma subito Socrate pone un’obiezione: è davvero possibile ammaestrare qualcuno all’arte del governo?
Non sarà che le qualità politiche sono proprie degli individui, della loro stessa natura?

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In risposta Protagora narra allora un mito che ha come protagonisti Prometeo e suo fratello Epimeteo.
[…]
Protagora alla fine della storia, conclude dicendo che l’uomo ha avuto la sapienza necessaria al vivere, ma non la sapienza politica che resta presso Zeus, in un luogo dove a Prometeo non era concesso di entrare, mentre l’officina di Atena e Efesto gli era aperta.
Il risultato è che, per causa del fratello Epimeteo, il povero Prometeo viene condannato dagli dèi per furto.
[…]

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I termini con cui Platone nel suo dialogo indica i due doni degli dèi (quelli che vennero dati ai due fratelli ndr) sono:
aidos (pudore)
dike (giustizia).
Un filosofo, Andrea Tagliapietra, commentando questo mito narrato dal Sofista, fa notare che si tratta proprio di doni, ovvero che il pudore e la giustizia non appartengono al campo dell’abilità tecnico-strumentale che *caratterizza la dotazione naturale dell’essere umano*, ragione per cui i paleontologi hanno giustamente chiamato gli ominidi, i quali precedono l’uomo nella scala evolutiva, ‘homo abilis’.
Il pudore non è ottenuto mediante il furto di Prometeo, bensì come dono divino, alla stregua, suggerisce Tagliapietra, delle tuniche di pelle date ai Progenitori nel mito della creazione narrato nella Genesi.

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Insieme alla giustizia, il pudore, fratello di vergogna, deve servire a creare l’amicizia tra gli uomini (philia), quale base di pacifica convivenza tra gli uomini stessi.
Nelle ‘Leggi’ Platone ha specificato che la Giustizia è figlia del Pudore, e nel medesimo dialogo si parla di un’età dell’oro in cui i reggitori semidivini portano in dono la pace, la giustizia, il pudore e il buon governo, al fine di rendere gli esseri umani tranquilli e sereni;
Tagliapietra conclude che il pudore per Platone appartiene all’ambito etico-politico e va di pari passo con la giustizia, affinché gli uomini non si distruggano a vicenda.
In questa visione della ‘polis’ autoregolata i sentimenti del pudore e della vergogna vanno visti accoppiati, poiché l’uomo è sì un animale sociale, ma ben diverso dalle formiche o dalle api (ma … forse non delle pecore ??? ndr).

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L’uomo contiene dentro di sé, scrive Tagliapietra, prolungando il suo ragionamento da Platone a Kant, passando per Hobbes, due tendenze opposte e contrarie; il vivere da solo, in solitudine, e all’opposto, il bisogno di unirsi con gli altri in società: resiste agli altri fino all’ostilità, ma ambisce a stare con gli altri, in loro compagnia.
Il pudore, dono di Zeus, serve a ricomporre queste due tendenze opposte, in un’unica tendenza dell’animo umano, che è perciò insieme singolare e universale.
Grazie al pudore (ma possiamo aggiungere, anche grazie alla vergogna) l’individuo mantiene, pur nella dimensione sociale, la sua individualità, il suo necessario isolamento.”

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Ora potremmo domandarci:
si, vabbé, ma a cosa serve un testo del genere nell’economia della vita di tutti i giorni?
Un testo in cui poi si parla di episodi, personaggi e ‘déi’ che sappiamo essere frutto di fantasia umana …
Bella domanda… (si fa per dire eh)
forse perché quando si è messi di fronte a parole e/o fatti che sembrerebbero ‘impossibili solo da pensare, e che lasciano esterrefatti, anziché ‘reagire’ (magari anche un po’ istericamente) si sappia almeno (perché ci è stato lasciato detto) che riconoscere una persona incapace di fare ‘Politica’ (nel senso di produrre benessere per la comunità) è più facile di quanto comunemente si pensi.

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Quindi, per logica conseguenza è la nostra ‘ignoranza’ unita ad una certa ‘dose di ignavia’ che permette, ai sofisti, di assurgere a cariche sociali che non si potrebbero permettere, in nessun senso e per nessuna ragione.
Ma cosa è l’ignoranza?
La mancanza di ‘Cultura’
la mancanza di ‘Conoscenza’
Ecco il motivo per cui va a finire che…

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