amore universale …
Day 29 ottobre 2016
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Insulti Insulsi … o … Verità Palesi
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crescita … unico obiettivo … sempre e solo crescita …
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la Forza
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premetto che tutti i filmati di questo psicoterapeuta andrebbero guardati e riflettuti … attentamente ,
cosa non difficile visto che ce ne sono molti i cui link si trovano alla vostra destra 😉
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“inconscio, consumismo, formazione” ve lo segnalo in particolar modo …
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carenza di felicità ?
la Teoria dei Giochi
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Nel 1944, veniva editato il libro THEORY OG GAMES AND ECONOMIC BEHAVIOR (Teoria dei giochi e comportamento economico) a cura di John von Neumann (matematico) e Oskar Morgenstern (economista).
Anticipavano di alcuni anni, i successivi studi di John Nash sui giochi non cooperativi.
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Lo stesso Nash ebbe a scrivere:
“Nelle pagine del PRINCIPE si ha l’impressione che Machiavelli cerchi di insegnare a dei mafiosi come operare in modo efficiente e spregiudicato. Fornisce consigli tattici a principi crudeli ed egoisti, e nella sua opera descrive effettivamente ‘giochi di corte’ che venivano praticati nelle stanze vaticane e nei palazzi fiorentini”.
(cit. Wiki)
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Orbene, la ‘teoria dei giochi’ che è una teoria matematica della probabilità di ‘vincere’ a un qualsiasi gioco (e la finanza così come declinata oggi è un gioco) è la linea guida del comportamento ‘cosiddetto’ economico, ciò ovviamente all’insaputa dei più.
Come non si è a conoscenza, per esempio, che i migliori laureati al MIT di Harvard, sono arruolati dal Wall Street e grandi banche, proprio per creare algoritmi che permettano, ai soliti noti, di essere sempre e comunque i ‘vincitori’.
Basta considerare che nei giochi delle borse, i suddetti, guadagnano sia che la borsa ‘salga’ sia che ‘scenda’.
Per queste considerazioni, la modernità obbliga a darsi una ‘attitudine’ logica-matematica, pena subire tutto senza capirci nulla.
Cosa che peraltro sta succedendo ai più.
(cit.)
Allora, per correre ai ripari, informandoci un po’, per aggiungere un tassello al già affrontato discorso su “finanza” ed “economia”, perché non rivolgerci a un divulgatore a noi conosciuto ?
Da:
IL COMPUTER DI DIO
di Piergiorgio Odifreddi
Capitolo:
PRIGIONIERI DEL CASINO’
Certo che parlare di “giochi” quando in ballo ci sono le vite di milioni di persone sembra un paradosso , però vediamo di che si tratta …
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“Si dice che, al tempo di Pietro il Grande, esistesse a San Pietroburgo un casinò che permetteva di giocare qualunque gioco d’azzardo, in cambio di un prezzo d’entrata.
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Il casinò era, per esempio, disposto a permettere a un giocatore di giocare a testa o croce con una moneta, e a raddoppiare la posta fino a quando fosse uscita testa per la prima volta: quanto avrebbe dovuto essere disposto a pagare un giocatore, per poter partecipare al gioco ?
Uno dei fondamentali dell’economia, già nel Settecento, era che una possibile misura dell’aspettativa di guadagno in una data situazione fosse il prodotto del guadagno ottenibile per la probabilità di ottenerlo; una misura dell’aspettativa di guadagno totale è, allora, la somma delle aspettative di guadagno per ogni possibile situazione.
Poiché, nel caso del casinò, a ogni tiro il guadagno si raddoppia ma la probabilità di arrivarci si dimezza, l’aspettativa di guadagno a ogni tiro è sempre la stessa: l’aspettativa di guadagno totale è dunque infinita.
Il giocatore dovrebbe, allora, essere disposto a giocarsi tutto ciò che ha per poter partecipare: il che contrasta con l’ovvia osservazione che quanto più egli paga per giocare, tanto meno ci si può aspettare che riesca a rifarsi.
Nel 1713 Nicolas Bernoulli risolse il paradosso notando che il valore del denaro non è assoluto, e dipende invece da quanto se ne ha: una stessa somma vale tanto per chi ne ha molto meno, e poco per chi ne ha molto di più.
Per calcolare l’aspettativa di guadagno si deve dunque moltiplicare la probabilità non per il guadagno effettivo, ma per quanto esso vale per il giocatore (la sua utilità): supponendo, per esempio, che l’utilità decresca in maniera logaritmica, il guadagno totale cessa di essere infinito per diventare molto piccolo, e il paradosso scompare.
La nozione di utilità è da allora entrata a far parte dell’economia, anche se spesso si censura la sua più ovvia conseguenza: che costa di più accontentare un ricco che molti poveri.
Mentre l’utilità ha risolto un paradosso, ne ha dunque introdotto un altro ancora peggiore: il fatto, cioè, che il progetto dell’economia capitalista che tende appunto a far arricchire i ricchi a scapito dei poveri, è semplicemente antieconomico!
Oltre al denaro nudo e crudo l’economia si interessa più in generale di politiche, nel senso di strategie e comportamenti.
In questo campo il paradosso più interessante è stato trovato nel 1950 da Albert Tucker, e va sotto il nome di ‘dilemma del prigioniero’ (o, più esattamente del detenuto nda). […]
Una situazione del dilemma del prigioniero si presenta in pratica ogni volta che un comportamento non vantaggioso per entrambi i contendenti viene preferito a un altro considerato più vantaggioso per entrambi, a causa di un eccesso di razionalità o di sfiducia reciproca: la continuazione delle guerre, il non disarmo, la corruzione generalizzata, e più in generale tutti i comportamenti sociali a cui si addice la recriminazione ‘se solo tutti smettessimo di fare così’.
Il dilemma del prigioniero è uno dei banchi di prova della moderna ‘teoria dei giochi’, che fornisce un fondamento matematico alle strategie economiche e politiche, e viene regolarmente usata dai pianificatori di strategie industriali e governative.
Dal punto di vista della teoria l’unico comportamento razionale nel dilemma è appunto la non cooperazione: il che mostra a sufficienza che gli sbeffeggiatori dell’economia come una non-scienza, fra i quali si annovera l’economista Sergio Ricossa autore di MALEDETTI ECONOMISTI – Le idiozie di una scienza inesistente -, non hanno tutti i torti a ridicolizzarne le pretese di razionalità.”
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