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Vi trascrivo alcuni brani tratti da “IL LINGUAGGIO DELLA VITA” di James Hillman
“Dadaista, sì, ma con molta più urgenza che negli anni Venti.
Il dadaismo è un buon esempio perché non era tragico, non era cristiano… Era caratterizzato da un eccessivo senso dell’umorismo.
E non aveva un programma, non si prendeva sul serio.
Niente idealismo, niente Meditazione Trascendentale, niente passaggio del Giordano e ingresso nella Terra Promessa. Nè promesse, né terra. Le fantasie sulla terra attirano i bulldozer, le fantasie di urbanizzazione utopistica: rifare tutto, da cima a fondo.
No, il dadaismo si tiene quello che ha, limitandosi a capovolgerlo, a rivoltarlo come un guanto. Attenzione alle nuove Gerusalemme, che portano nuovo fanatismo. Ma anche all’attraversare il fiume per tornare tra gli alberi, tornare alla natura, per rinverdire l’America. Meglio uscire di strada, come il dadaismo.
[…]
La psicologia del profondo, o meglio, qualunque psicologia, clinica, sperimentale. perfino sociale, non si preoccupa della relazione sensibile col mondo. L’estetica è completamente trascurata. Eppure noi siamo questo: animali dotati din sensibilità e immaginazione. Il primo atto della psiche è la creazione di immagni sensibili. Perché allora non immaginare una psicologia che cominci da lì, dalla natura estetica dell’essere umano e dalla natura estetica del mondo che si manifesta sotto forma di eventi sensibili, che si offre prima di tutto alla sensibilità, cosicché la nostra prima reazione è vivere le esperienze come immagini sensibili. Le cose hanno pelle, faccia, odore. Le cose ci parlano, e ed è questo, in primo luogo, che intendo come ‘estetica’: il parlare alla sensibilità e coltivare la sensibilità all’epidermide, alla superficie, delle cose. Ora, questa sarebbe una rivoluzione. Restituirebbe al mondo la sua anima e libererebbe l’anima dall’idea privata, personale e soggettiva che abbiamo di lei.
Allora cominceremmo ad amare il mondo, invece di averne terrore.
O di volerlo uccidere, o di cercare di farlo esplodere.
La psicoanalisi ci ha chiusi in un personalissimo soggettivo che ha ignorato i conque sensi che ci collegano alle cose, al ‘non me’.
La maggior parte della psicologia occidentale è stata psicologia astratta, di secondo livello, cocettuale ed esplicativa. Ma niente ci impedisce di rivolgerci al mondo degli odori e del linguaggio e dei colori e delle arti e dei canti e della natura e del cibo – il mondo che interessava al Rinascimento italiano -, e ricostruire la psicologia su basi estetiche. Nel Rinascimento questo mondo sensibile era immediatamente collegato col mondo mitico degli dèi e dei pianeti.
In altre parole, immagino una psicologia archetipica ‘sia’ mitica ‘sia’ sensibilmente raffinata ‘sia’ fantasiosa ‘sia’ animale – immediata -, tutto in una volta.
[…]
La creatività psicologica può essere ovunque, come tra noi qui e ora. Tra la gente, nelle conversazioni, nelle famiglie…
Perfino con le emozioni più stravaganti, se le sopportiamo, se le elaboriamo, se ci immaginiamo impegnati alla maniera degli artisti, se ci ispiriamo agli artisti invece che ai sobri insegnanti e aridi dottori e amministratori, possiamo fare del quotidiano disordine delle nostre esistenze la materia prima della creatività psicologica. E la terapia, almeno come io la intendo, non è altro che questo: aiutare una persona a vivere la vita immaginandosi artista, a essere più in contatto con il suo ‘dàimon’, col suo genio – più in armonia coi suoi sogni, con le sue psicosi in miniatura, il che non significa affatto che quella persona debba diventare un artista, o un genio, o ‘essere creativa’. Non deve dimostrare il cambiamento producendo qualcosa. E’ mia intenzione stare alla larga, molto alla larga, dalla creatività in senso romantico. Penso se mai all’esser grati per quello che si è ricevuto, perché è con questo che costruiamo la nostra vita, o per esprimersi diversamente: non è necessario ‘diventare’ creativi, perché la psiche è tale dal principio; è proprio nel suo disordine che si cela la creatività. La fantasia dell’artista su se stesso accetta il disordine, lo apprezza, ne ha bisogno. Sono le fantasie di noi stessi come manager e massaie ideali a non tollerare il disordine che è in ognuno di noi. Non siamo tenuti ad essere artisti, ma possiamo cambiare il modello, la fantasia a cui ci ispiriamo, in modo da non essere costretti a immaginarci come opachi e sobri e razionali e ipercritici; scegliere un modello, una fantasia, che dia spazio al ‘puer’***, con i relativi pericoli. E non sostengo che chiunque debba diventare un puer o sia un puer – penso che si debba lasciare entrare il puer in noi.
Questo è tutto, e, a volte, abbastanza.”
*** Etimologicamente ‘eterno bambino’, ma, in mitologia, anche ‘istinto’ incorrotto, tipico del bambino.
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su questa lettura vorrei fare un commento :
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ho gradito molto questa lettura di Hillman (tranne sul piccolissimo accenno al non voler attraversare il fiume per tornare tra gli alberi, tornare alla Natura;
su questo avrei qualcosa da ridire (non che la scelta alternativa, a suo sentire, del Dada non sia gradevole) ma mi piacerebbe capire (ma non glielo posso chiedere, purtroppo) il reale senso delle sue parole: tornare tra gli alberi per lui vorrà dire tornare ad uno stato di “preistoria” o cosa ?
Mi spiego meglio (ma partendo da una premessa):
– premessa : chi stabilisce che la vita moderna sia “quantificabile” come migliore di quella “antica e primitiva” (presente ancora oggi in piccole parti del mondo dove vivono dei cosiddetti piccoli nuclei di “selvaggi primitivi”) ???
Chi è il giudice che stabilisce ciò ???
Quale bilancia è onesta nel “pesare” da un lato l’assenza di stress e dall’altro la presenza di “agi” tipo lo smartphone ??? (solo per fare un esempio …) E da che lato penderebbe ???
Poi ci resterebbero da “pesare” ancora tutte le altre innumerevoli brutture della vita moderna …
Fatta la premessa, nell’attraversare il fiume si possono intendere due scenari differenti :
1) farlo con il mantenimento dell’attuale livello di conoscenze,
2) farlo tornando al livello primitivo (cosa che non credo possibile materialmente);
nessuno credo auspichi il ritorno alle condizioni di vita della preistoria (ma torniamo alla premessa e diciamo che sono poi così più brutte dell’alienante tipo di vita attuale ?) ma utilizzare le attuali conoscenze per vivere in una maniera diversa, in totale simbiosi con la Natura penso che sia, oltre che assolutamente possibile, del tutto fattibile; costruire case in un certo modo, ad esempio, per renderle autosufficienti dal punto di vista dell’energia e non impattanti sull’ecosistema è una conoscenza che già si possiede, occorre solo la volontà politica di metterla in atto !!!
Questo è il reale nodo cruciale di tutto il problema: la volontà !!!
E’ solo quella che manca per realizzare un tipo di vita su questo martoriato Pianeta che sia più rispettoso dello stesso (e di se stessi, in ultima anlisi);
un modo di vivere che sia più compatibile con la sostenibilità, cosa fondamentale altrimenti si corre verso il baratro della distruzione totale !!!
Troppi interessi, egoismi, poteri sono d’ostacolo e troppa ignavia ed ignoranza li alimentano !!!
per il resto tutto giusto, in special modo il finale:
io ho sempre creduto che nasciamo bambini ma che nel crescere resti dentro di noi comunque una parte del bambino che eravamo; di solito questa “parte” viene “murata in una stanza” nel nostro animo ma sarebbe invece positivo lasciare una porta ed ogni tanto aprirla …
Viva il Dada allora ???
… si certo … però senza dimenticare da dove “realmente” veniamo … 😉
Troppi “aspirapolvere” nella vita moderna che ci fanno dimenticare …
Pulvis es et in pulverem reverteris …
ciao 🙂
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La percezione estetica del mondo sensibile è fondamentale per lo sviluppo della creatività e dell’immaginazione. Difficile pensare che l’ida del mondo non passi attraverso i sensi e l’apparato neuronale preposto nell’uomo al compito di fondare il collegamento tra corpo, mondo, senso del bello e del possibile divenire. Le dee sono lontane, forse ancora ombre nella celebre caverna; ma qui ed ora c’è l’uomo con la sua pelle, con le sue zone cerebrali e biochimiche pronte a riconoscere i sintomi dell’estetico non tanto nel ritorno alla natura, ma nel ritorno alla classicità, all’essenza. Dobbiamo ancora convenire che il corpo “è la porta dello spirito”, dell’immateriale, delle idee e dell’irraggiungibile bellezza. Grazie, per gli interessanti brani, che con qualche distinguo, mi trovano d’accordo.
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