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Nono capitolo

Navigatio vitae

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Di ogni bambino, se vive abbastanza a lungo, si sa che nella sua navigatio vitae sarà esposto a ignote peripezie lungo rotte non tracciate.
Tra la partenza e l’arrivo del viaggio della vita si interpongono simbolicamente tempeste, scogli, secche, bonacce, procellosi capi da doppiare, possibili naufragi.
Bisogna saper affrontare i pericoli e abituarsi alla navigazione, perché, direbbe Pascal, ormai vous êtes embarqués!
Infatti, “noi voghiamo in un vasto mare, sospinti da un estremo all’altro, sempre incerti e fluttuanti.
Ogni termine al quale pensiamo di ormeggiarci e di fissarci vacilla e ci lascia; e se lo seguiamo, ci si sottrae, scorre via e fugge in un’eterna fuga.
Nulla si ferma per noi.
È questo lo stato che ci è più naturale e che, tuttavia, è più contrario alle nostre inclinazioni.
Noi bruciamo dal desiderio di trovare un assetto stabile e un’ultima base sicura per edificarci una torre che s’innalzi all’infinito; ma ogni nostro fondamento scricchiola, e la terra si apre sino agli abissi”.
Per gli uomini, emigranti nel tempo, l’insicurezza e le minacce di questa traversata sono sempre esistite, ma la percezione e la consapevolezza dei pericoli sono oggi enormemente acuite.

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In un mondo sempre più globalizzato (le cui parti sono maggiormente interconnesse, ma la cui comprensione è diventata più opaca), malgrado l’avanzamento delle scienze e delle tecniche di previsione, i rischi non sono sufficientemente calcolabili: si vive in un tempo accelerato, attraversato da flussi di eventi che hanno acquistato una loro relativa autonomia e da miriadi di interazioni tra agenti umani (e non più in un tempo relativamente lento e sostanzialmente continuo quale era quello premoderno, interrotto certo da guerre, carestie e pestilenze, ma in grado poi di riprendere il suo ritmo calmo e in molti casi relativamente prevedibile).
Nei paesi occidentali, rispetto agli ultimi decenni, la percezione dell’insicurezza è giunta a un punto tale che studiosi seri sostengono che, da quando l’umanità è divenuta capace di auto-sopprimersi o con le armi di distruzione di massa o alterando le condizioni necessarie alla sua sopravvivenza – clima, riproducibilità delle risorse, inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo – bisogna lucidamente prepararsi ad affrontare i disastri già avvenuti grazie a una teoria definita “catastrofismo illuminato”.
Questa grave situazione getta individui, comunità e popoli in preda di paure in parte diverse, ma certamente non peggiori di quelle che hanno attanagliato gli animi in tutta la storia passata e, parlando di epoche più vicine a noi, nella prima metà del Novecento.
Per fortuna, nella navigatio vitae non siamo soli in mare aperto.
Ci sorreggono istituzioni, tradizioni, idee, affetti che mutano, ma che conservano, per la maggior parte degli individui, elementi costanti: il sostegno della famiglia, degli amici, dello Stato, l’esperienza e la saggezza di culture distillate attraverso generazioni, la speranza laica o religiosa nell’affrontare il futuro, il coraggio nel sostenere il peso delle scelte e la capacità di sopportare le sconfitte e di ricominciare da capo.

(segue)

Remo Bodei

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Incipit


Bugiesumiopadre

Decisi di andare via, tra le urla disperate dei miei figli. Era l’ennesimo litigio per futili motivi, scatenato dalla malsopportazione.

Io non ero quello che lei voleva, lei non la sopportavo più. I ragazzi di tutto questo non se ne fregavano nulla, volevano papà e mamma. Ci eravamo ritagliati ognuno uno spazio di genitore anche se lei tendeva ad invadere qualsiasi campo.

Avevo imparato col tempo a far finta di nulla, a soprassedere agli insulti, alle violenze verbali e ad attenuare qualsiasi tentativo di provocazione.

Ma non vivevo la mia vita e col tempo mi rendevo conto che stavo dando anche ai miei ragazzi una immagine distorta di me.

Non so se vi è capitato mai di buttarvi da uno scoglio alto. L’altezza, le vertigini, il senso di vuoto bloccano il salto. Arriva un momento però in cui il coraggio ti spinge a saltare. Sai che prima o poi ti…

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Bruxelles … oggi


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Bomba Bruxelles di Benoit Vrins-2

Stamane è successo un fatto a Bruxelles e mentre facevo colazione ascoltavo la TV;
alcune riflessioni allora mi son venute spontanee sia dovute al fatto in se sia alle “parole” che ho udito, ai riferimenti all’11/9, alle considerazioni tratte;

la prima è “cui prodest” perchè troppo semplicistiche sono le argomentazioni dei media a cui è sempre sfuggita una “coppia di paroline” che sembra che dicano poco mentre invece sono stravolgenti ogni discorso ed ogni interpretazione : FALSE FLAG !!!

la seconda è che (come da tempo immemore) in TV gli ospiti politici son sempre gli stessi ed i concetti che esprimono anche, ormai ripetuti fino alla nausea;

la terza è che non si riesce mai a sentir parlare dei fatti del passato (più o meno recente) in base alla verità reale ma solo in base alle “verità ufficiali” (ormai desolatamente mai corrispondenti alla realtà) fornite dagli apparati burocratici : una vera e propria negazione dell’evidenza;

la quarta è solo di riflesso collegata al fatto in se ma è una riflessione di carattere generale;
ci si domanda spesso (a proposito delle solite facce che si vedono) perché in TV non si sentono che discorsi melensi, vacui, precostituiti, falsi, devianti, i soliti bla bla bla senza costrutto e senza dimostrazione di intelligenza e che non offrono mai risposte o soluzioni;
mai che si senta una voce “fuori dal coro” che dica le cose come in realtà stanno;
beh penso di averlo capito (e non era certo difficile, almeno per la gran parte di trasmissione del genere): se sei così e non ti conoscono forse una volte ti possono anche chiamare ma non lo rifaranno perché vogliono andare sul sicuro, quindi filosofi, sociologi, politologi e giornalisti son scelti con cura … devono essere funzionali alla loro ricostruzione della verità virtuale che regge questo mondo ormai al collasso, basato sulla menzogna, sull’egoismo, sulla malapolitica, sulla tirannia della finanza, sull’adorazione del dio denaro …

Claudio