By Alfredo
stavo riflettendo sul fatto che gran parte dell’umanità aspetta i miglioramenti dalle notizie del TG: miglioramento del PIL, della fiducia dei ‘consumatori’ (perché ricordatevi, noi siamo consumatori), del tempo, dei mercati, dello spread, dei ‘tacci loro…
Nessuno, o comunque molto pochi, che, viceversa, si preoccupino del proprio miglioramento, ciò che produrrebbe un aumento delle persone pacificate con se stesse, consapevoli e quindi in grado di produrre ‘scelte’ capaci di toglierci dalle ‘mischie infami’ che, oggi, ci stanno avvelenando e con noi, il mondo che ci ospita.
Quindi, il capitolo di oggi, è un suggerimento della CAPRA CHE CANTA, leggetelo pls… :-)))
SCEGLIERE DI MIGLIORARSI
“Uno psicologo francese scrive che chi è triste non ha capito la vita.
Non intende offendere chi è triste, ma illuminare una via per uscire da questo stato mentale (Lelord, 2005).
Non capiamo la vita, che è perfetta se riusciamo a vederla in modo ‘indipendente’ da quel che noi ne pensiamo.
Se riesco a focalizzare la mia attenzione a questo livello non la sciupo, confrontandola continuamente con la dolorosa nostalgia per le mie preferenze.
L’idea stessa di volersi migliorare è allora da maneggiare con cautela: se osserviamo bene, implica un certo grado di non accettazione di sé, quindi una sensazione di sofferenza.
Possiamo scegliere di migliorare la nostra vita senza provare avversione, facendo riferimento alle nostre risorse fondamentali.
La cultura serve a gestire il nostro quotidiano, è una risorsa per vivere danneggiando il meno possibile gli altri e noi stessi.
Che cosa ha a che fare la cultura con il nostro tema?
Grazie ad essa assegniamo significati a ogni esperienza sulla base di assunzioni, credenze, significati che abbiamo dato a esperienze passate e che si sono rivelati utili per gestirle: tutto ciò che fa parte del nostro IO, di ciò che crediamo vero e giusto.
Tutto questo è radicato nella nostra tradizione culturale, e quanto più siamo connessi alla riflessione su di essa, tanto più abbiamo strumenti cognitivi e spazio mentale per poterci muovere liberamente in molte direzioni.
Caratteristica dell’essere umano è comportarsi nei riguardi di se stesso come lo scultore col materiale grezzo, ci ricordava Pico della Mirandola.
Qualsiasi cosa sia, l’essere umano deve per prima cosa impararlo, diventarlo.
In ogni cultura e in ogni epoca è presente il tema di migliorarsi, del coltivare se stessi.
Il concetto implica il nostro osservare noi stessi, oggettivandoci e valutandoci rispetto alle nostre preferenze.
Se siamo vivi cambiamo comunque ogni giorno.
Ogni informazione, ogni esperienza ci cambia un poco: aggiunge al nostro vissuto dati a cui facciamo riferimento per produrre confronti, giudizi e interpretazioni.
Metabolizziamo tutto quello che ci raggiunge attraverso i sensi, ogni notizia e ogni concetto, ogni frase ascoltata con attenzione.
Non si può non cambiare, come la rotta della nave, che, per essere diritta, è fatta di continue piccole curve.
Migliorarsi è voler controllare il nostro cambiamento, farlo nella direzione di ciò che interpretiamo sia ‘meglio’, alla ricerca del nostro bene.
Nel concetto è implicita una differenza tra prima e dopo, e l’idea di imparare per migliorarci.
Per cambiare procediamo a un confronto: tra l’idea-progetto di come vorremmo essere e ciò che percepiamo come un dato di fatto.
A partire da questo confronto giudichiamo insufficiente l’esistente.
Ci vogliamo migliorare sulla base di una sensazione di difetto: che cosa ci manca per assomigliare alla persona che vogliamo essere?
Di che cosa sentiamo il bisogno per rispondere a questa sfida che facciamo a noi stessi?
E’ una forma concreta del prenderci cura di noi stessi.
Per migliorarci, in qualsiasi campo, possiamo fare riferimento a cinque passi: a) sapere/conoscere, b) volere, c) potere, d) individuare, e) confermarci.
Il sapere/conoscere: nel prefiggerci uno scopo osserviamo quale comportamento o interpretazione vogliamo adeguare al nostro desiderio di migliorare.
Attenzione: osserviamo la cosa senza nessuna avversione, accettando che questo è il punto di partenza per il miglioramento di cui abbiamo deciso di occuparci.
Se lo osserviamo con odio, antipatia, non-accettazione, sarà più difficile occuparcene: se il nostro stato mentale è dominato dall’avversione, facciamo ogni cosa malvolentieri.
Focalizziamoci piuttosto sulla sensazione positiva che progettiamo di sentire quando ce l’avremo fatta e osserviamo il punto di partenza con benevolenza, onorando la nostra volontà di migliorarci.
Non chiediamoci le nostre ragioni storiche, il ‘perché’ abbiamo quel difetto, superando il quale vogliamo migliorare: ci porterebbe a individuare le buone ragioni del comportamento che vogliamo superare, e quindi legarci ad esso.
Osserviamolo in modo descrittivo e distaccato, come se non fosse nostro.
Il passo b) il volere, è nella nostra decisione: la possiamo rinforzare ogni giorno con visualizzazioni dettagliate del nostro riuscirci, della sensazione di libertà conseguente. godendoci ‘in anticipo’, nell’immaginazione, lo stato di fatto di quando avremo raggiunto il miglioramento a cui puntiamo.
Confermiamo il nostro volere ridecidendo ogni giorno in che direzione andare. […]
Il passo c) il potere, il nostro sentire di essere in grado di occuparci del nostro miglioramento, osservando sia i nostri progressi, senza darli per scontati, sia i momenti di difficoltà, ricordandoci che fanno parte del processo e che possiamo sempre ricominciare, ogni volta, da adesso.
E quanto più ci sembra difficile, tanta più soddisfazione avremo nel farcela.
La differenza tra chi raggiunge il proprio scopo e chi non ci riesce è questa:
i secondi prima o poi rinunciano, si sono fermati.
Il passo d) è capire qual è il vantaggio nascosto del comportamento che vogliamo superare, e trovare il modo di conservarlo in un modo diverso.
Ci risulterebbe infatti inutilmente gravoso cercare di superare un comportamento dal quale in parte traiamo un vantaggio, per quanto nascosto o secondario: abbiamo bisogno di assicurazioni al proposito, di garanzie di poterlo mantenere in altra maniera, o una parte interna di noi stessi ci boicotterà.
il passo e) confermarci. Sia quando facciamo passi avanti sia quando siamo in una situazione di stallo o quando viviamo una ricaduta, possiamo riconoscere di essere sulla via del miglioramento,
Non possiamo aspettarci né tanto meno pretendere che siano gli altri a confermarci nei nostri tentativi: come possono sentire come ci sentiamo, i nostri sforzi, il nostro bisogno di riconoscimento?
L’importante, nel vivere la scelta di migliorarsi, è non farci del male, svalutandoci per quello ch siamo ora, non ancora migliori, rispetto a come vorremmo-essere: ora occupiamocene con dedizione e simpatia.
E un buon miglioramento può essere, per un po’, smettere di cercare di migliorarci, scegliere di fidarci di essere già ‘migliori abbastanza’ e di farcela senza occuparci costantemente di noi stessi”.
Non so quanti di voi siano andati o vadano tuttora in montagna.
Questo commento è molto simile a un ‘vademecum’ per diventare un buon scalatore. Occorrono le stesse ‘qualità’ per non rimanere a valle, o, peggio, per non precipitare.
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Perché, volenti o nolenti, l’università della vita è una strada in salita… :-)))
E, se ci fate caso, le spiagge sono sempre piene eheheheh
Alfredo